La zona del trapanese è nota per diversi tipi di coltivazioni agricole. E' da qui che regolarmente vengono effettuate spedizioni in tutto il mondo dei prodotti più pregiati. Non è insolito vedere bottiglie di vino e di olio prodotte nell'intera provincia ed inserite nelle più vaste reti di distribuzione commerciale. Piccole cantine vengono apprezzate dagli addetti ai lavori e le olive rappresentano ancora un carburante eccellente per la ripresa economica del territorio. In questa escalation di consensi tuttavia è rimasta nell'ombra la parte più delicata della filiera produttiva, quella che sta più in basso. La manodopera non specializzata ha mantenuto una posizione parecchio oscura. Una parte inesplorata dei grandi mercati che continua a produrre scenari da caporalato. Ovviamente uva ed olive sono soltanto le principali colture della zona, che si arricchisce di numerosi altri prodotti d'eccellenza come il pomodoro pizzutello, l'aglio rosso di Nubia, i meloni gialli di Paceco, la cipolla di Partanna, i capperi di Pantelleria e le ricercate olive Nocellare della valle del Belìce. E' in questo contesto che si inserisce una raccolta al dettaglio sfrenata. Un mercato basato su un criterio al ribasso infinito. Paghe misere che in alcune occasioni sfiorano l'euro e cinquanta all'ora, ma questa è soltanto la punta dell'iceberg. Nel luglio scorso Carabinieri ed Ispettorato del lavoro hanno trovato 18 lavoratori in nero fra Mazara del Vallo, Petrosino e Marsala mentre a fine agosto ne hanno trovati altri 10 tra Calatafimi e Petrosino.
Nella geopolitica del "magico mondo del caporalato" la Sicilia è uno dei territori nevralgici, ma al suo interno c'è un ulteriore settorializzazione che divide l'intera regione in comparti che a loro volta nascondono pratiche e metodologie peculiari. E' della Sicilia orientale, ad esempio, il fenomeno della vita da «serra». Casermoni fatti di acciaio e teloni di nylon all'interno dei quali vivono e lavorano donne provenienti dall'Est europa. A raccontare questo dramma è lo spettacolo teatrale “Seră biserică” diretto da Giacomo Guarneri. A recitare sul palco c'è il castelvetranese Fabrizio Ferracane, la trapanese Simona Malato, Chiara Muscato e Marcella Vaccarino e una scenografia «very low budget». Lo spettacolo è una rara traccia di teatro civile ed è andato in scena venerdì scorso a Palermo. Tutto ruota attorno allo Zio (Ferracane). E' lo Zio a fissare i turni ed è lui a fissare le paghe trasudando attegiamenti facilmente riconducibili ai fenomeni criminali. Una narrazione dettagliata e profonda che restituisce uno spaccato del «magico mondo del caporalato» che in salse diverse – ad ogni stagione estiva – si materializza in provincia di Trapani.
Quì i due comparti agroalimentari principali vedono Alcamo e Marsala coinvolte nella raccolta delle uve; Campobello di Mazara e Castelvetrano per le olive. Le differenti tipologie di uve garantiscono una raccolta che va da metà agosto e fine ottobre. Quasi tre mesi di lavorazione in grado di attirare migranti da tutta Italia. Nelle mattinate di settembre sul corso principale di Alcamo si siedono tutti sul marciapiedi in attesa del furgoncino con il caporale. Molti hanno appuntamenti fittizi, spesso concretizzati; altri attendono inutilmente fino a sole alto. A fronte di una paga che dovrebbe essere di 57 euro, quando va bene ne prendono 35-40. In pratica guadagnano quasi 5 euro all’ora, di cui una parte va al caporale che li sceglie nella piazza del paese. «Io non so dirti la zona in cui andiamo a raccogliere – dice Ahmed, originario del nord Africa – spesso sul camion dormiamo per la stanchezza». Fino ad un paio d'estati fa dormivano in piazza, ma lo scorso anno il Comune ha predisposto un «accoglienza» riservata in grado di garantirgli un posto sicuro per la notte. In molti però sono ancora dei richiedenti asilo, alcuni sono addirittura clandestini, e continuano a dormire in piazza tanto che lo scorso anno – dopo diverse richieste inascoltate dall'amministrazione - dei consiglieri comunali di una lista civica (Alcamo Bene Comune) hanno costruito dei bagni pubblici con i soldi sottratti dai loro emolumenti.
Quest'anno lo scenario si riproporrà così come a Campobello di Mazara. Lì - in contrada Erbe Bianche – due anni fa è morto un ragazzo. Si chiamava Oussmanne, aveva 20 anni ed era originario del Senegal. Anche lui dormiva in questa tendopoli spontanea, che con il finire di agosto inizia a sorgere tra le campagne incolte di Campobello. Si radunano lentamente. Chi viene dalla Puglia, chi da Milano. Si organizzano in mini isolati, creano dei punti cucina, stando attenti a lasciare liberi le vie di uscita. Lo scorso anno la Prefettura ha messo a disposizione una struttura confiscata ad uno dei prestanome di Matteo Messina Denaro e quest'anno l'iniziativa si ripeterà ed il campo si chiamerà "Ciao Ousmanne". Accenni per un percorso di legalità spesso inascoltati. Alcune aziende stanno iniziando ad utilizzare i voucher (corrispondenti a 10 euro lorde all'ora, di cui 7 al lavoratore e il resto di contributi Inps), ma con il medesimo attegiamento ogni 3 ore di lavoro ne viene erogato uno. Proprio a Campobello di Mazara, lo scorso 1 maggio, la Cgil locale ha deciso di radunarsi per riaffermare che «il fenomeno del caporalato va combattuto stabilendo le regole della legalità e scardinando un sistema in cui imprenditori senza scrupoli sfruttano i lavoratori realizzando guadagni impropri a scapito del settore».
Proprio nel tentativo di riaffermare la legalità dal 2013 l'associazione Saman - creata come comunità per il recupero dei tossicodipendenti dal giornalista e sociologo Mauro Rostagno ucciso dalla mafia – promuove un sistema di coltivazione e raccolta su alcuni terreni confiscati alla mafia. «Principalmente ci occupiamo del ciclo dell'olio, dalle olive al prodotto in tavola – afferma Gianni Di Malta – e negli anni siamo riusciti ad inserirci in una fetta di mercato equo e solidale che ci permette la sopravvivenza. Quest'anno abbiamo azzardato una raccolta del pomodoro che ci è rimasto invenduto. Il mercato della grande distribuzione era saturo ed un iniziativa finalizzata al prodotto in tavolta ci avrebbe messo economicamente in difficoltà a causa del costo del conferimento in fabbrica, l'imbottigliamento e l'etichettamento. In questi giorni abbiamo iniziato la raccolta dell'uva e tra poco inizieremo la nostra terza raccolta delle olive». Spunti di resistenza nel «magico mondo del caporalato» targato Trapani.
Marco Bova