Quantcast
×
 
 
03/09/2015 06:10:00

Leucemia diagnosticata in ritardo, perizia dubbia. Nuova denuncia su malasanità a Marsala

AGGIORNAMENTO del 28 Giugno 2023: Il 10 Febbraio 2017 il procedimento a carico di Ivana Porcelli è stato archiviato.

***

Una nuova vicenda di presunta malasanità agita Marsala e non solo. Sfortunato protagonista è il 32enne archeologo marsalese Antonino Bertolino, che in una denuncia presentata in Procura accusa un medico del Pronto soccorso dell’ospedale “Borsellino” di Marsala di non avergli diagnosticato in tempo, nonostante una serie di sintomi, la leucemia mieloide acuta. La vicenda ha avuto inizio il 25 aprile 2012, quando Bertolino arrivò al Pronto soccorso accusando forti dolori al fianco sinistro, al torace, vomito, diarrea, febbre alta e tumefazioni ai piedi, sintomi tipici della leucemia, ma, secondo il suo racconto, il dottor Angelo Tumbarello (comunque non  iscritto nel registro degli indagati) lo dimise senza disporre un esame ritenuto di “routine”, quello del sangue, che secondo l’accusa avrebbe consentito di scoprire immediatamente che si trattava di leucemia acuta. Tumbarello, invece, diagnosticò una colica addominale e diarrea, prescrivendo una visita urologica. Visita che l’indomani, il giovane, dopo diverse ore di attesa in ospedale, non potè effettuare perché non c’era l’urologo. Quattro giorni dopo, aggravatesi le sue condizioni (febbre alta, difficoltà respiratorie e forte tosse), Bertolino si ripresentò al Pronto soccorso. Stavolta, un altro medico, Vincenzo Maniscalco, analizzando i sintomi e disponendo l’esame del sangue, diagnosticò una “sospetta leucemia acuta”, ordinando l’immediato ricovero all’ospedale “Cervello” di Palermo, dove la diagnosi fu confermata. Da allora, il giovane archeologo è stato sottoposto a diversi cicli di chemioterapia, trasfusioni di sangue e trapianto di midollo. Cure non ancora concluse. All’ospedale palermitano, subito dopo il suo ricovero, gli veniva detto che a causa del ritardo nella diagnosi sarebbe stato sottoposto a più cicli di chemioterapia, con varie conseguenze, tra le quali anche la sterilità riproduttiva. Ad assistere legalmente il giovane archeologo è l’avvocato Vincenzo Forti, ormai specializzatosi in casi di “malasanità”. Ma Bertolino non ha denunciato solo il dottor Tumbarello (che è uno dei nove indagati, tra medici e infermieri, per la morte, avvenuta lo scorso 10 agosto, del 65enne Nicolò Giacalone dopo ore di attesa al Pronto Soccorso di Marsala), ma anche il medico legale dell’Asp 6 di Palermo Ivana Porcelli, di 50 anni, specialista in oncologia, nominata consulente tecnico d’ufficio dal giudice del Tribunale di Marsala Pasquale Russolillo nella causa civile intentata dall’archeologo contro l’Asp per l’errata diagnosi che ha rischiato di condurlo alla morte. La dottoressa Porcelli, iscritta dalla Procura nel registro degli indagati per “falsa perizia”, è accusata da Bertolino di avere cambiato diametralmente opinione, nella perizia consegnata al magistrato, rispetto a quanto avrebbe affermato, dopo averlo visitato, alla presenza del padre e del medico di parte. Antonino Bertolino afferma che in quell’occasione (settembre 2014) la dottoressa Porcelli manifestò il proprio “stupore” per il mancato esame del sangue la prima volta che si recò al Pronto soccorso di Marsala (esame di “routine” che avrebbe consentito di scoprire subito che il giovane, come accertato successivamente, era ammalato di “leucemia mieloide acuta”), giudicando riprovevole il ritardo nella diagnosi. Ritardo che ha aumentato il rischio di morte. Nella perizia depositata alcuni mesi fa, però, il medico legale Porcelli addebita l’errata diagnosi al Bertolino, che avrebbe “descritto male” la sua sintomatologia, nonché al suo medico di famiglia che avrebbe dovuto accorgersi della grave malattia “almeno un mese prima”. A questo punto, il Bertolino ha deciso di procedere anche penalmente. Avendo tra l’altro poi saputo che tra i nove indagati per la morte di Nicolò Giacalone c’era anche il medico (Angelo Tumbarello) che al Pronto soccorso non gli diagnosticò la sua vera patologia. “Questa denuncia – commenta il giovane archeologo – rappresenta la mia ultima speranza che ci sia ancora qualcosa di buono nell’essere umano”.