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16/06/2015 06:20:00

Flop degli incentivi del Jobs Act in Sicilia. Ecco il perchè

 “I dati Inps sull’occupazione parlano chiaro: in Sicilia gli incentivi del Jobs Act non possono funzionare da soli, perché la carenza delle infrastrutture, la continua chiusura di strade per frane, il crollo dei viadotti autostradali, le piogge che allagano zone industriali, sono alcuni dei tanti elementi che impediscono di produrre, di prendere commesse e, quindi, di assumere ulteriore personale. Per questo le imprese chiedono che gli sgravi contributivi del Jobs Act in Sicilia siano destinati alle infrastrutture e alla manutenzione del territorio e che il taglio del costo del lavoro avvenga solo tramite interventi strutturali sulle retribuzioni per favorire nuove assunzioni”. Lo dichiara Vincenzo Barbaro, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Palermo, anticipando uno dei temi del “Festival del lavoro” che il Consiglio dell’Ordine nazionale dei consulenti del lavoro terrà a Palermo dal 25 al 27 giugno prossimi.

I consulenti del lavoro chiedono ai governi nazionale e regionale e alle parti sociali di aprire una discussione per una riduzione strutturale del costo del lavoro in Sicilia anche con interventi della contrattazione sulla parte retributiva facendo uso di una contrattazione collettiva territoriale per un determinato periodo. Purché a fianco del taglio delle buste paga si creino le condizioni per un aumento dell’occupazione e del reddito complessivo nei territori, attraverso investimenti sulle infrastrutture e sulla competitività che consentano alle aziende di produrre di più favorendo l’incremento del personale e un recupero di redditività nel tempo. In caso contrario, ridurre le retribuzioni senza sviluppo non farebbe che aggravare la povertà dei territori.

Nel periodo gennaio-aprile 2015 la Sicilia – cioè la regione con la più alta disoccupazione d’Italia – è quella che, dopo Basilicata e Calabria, ha fatto meno nuove assunzioni a tempo indeterminato rispetto allo stesso periodo del 2014 (+3.719), sia perché ha meno contratti precari da convertire sia perché le condizioni strutturali non consentono di aumentare gli organici a lungo periodo. Come se non bastasse, la crisi delle imprese è legata anche alla chiusura della Palermo-Catania: molte imprese medio-grandi della Sicilia orientale hanno dovuto rinunciare a commesse per clienti della Sicilia occidentale a causa della chiusura del viadotto Himera che ha allungato i tempi di percorrenza rendendo obbligatorio il doppio autista sul mezzo e un insostenibile raddoppio dei costi di consegna.

POLETTI.  «Abbiamo rispettato tutti gli impegni che ci eravamo presi: in un anno abbiamo fatto la legge delega e in sei mesi abbiamo poi approvato tutti e otto i decreti attuativi». Lo afferma alla Stampa il ministro del lavoro Giuliano Poletti, sottolineando che col Jobs Act i contratti stabili sono quasi raddoppiati. «Noi cerchiamo solo di regolare il sistema in maniera adeguata al mondo d’oggi: non è nelle nostre intenzioni nè colpire il lavoratore, nè penalizzare le imprese – spiega -. Ma dobbiamo sapere che siccome anche queste regole entrano tra i parametri che possono far decidere o meno un’azienda di investire nel nostro Paese, la nostra regolazione del lavoro non può che essere equiparabile a quella europea. Se vogliamo che un investitore, italiano o straniero, scelga l’Italia dobbiamo dargli un contesto di questo tipo». Il ministro dice di non essere meravigliato che la Cgil sia ancora contraria al Jobs act: «Camusso ha espresso sistematicamente dissenso dall’inizio di questa vicenda. Io invece continuo a pensare che l’impianto che abbiamo costruito sia molto equilibrato perchè affronta in maniera radicale vent’anni di precarizzazione del mercato del lavoro che si è concretizzata in tante forme contrattuali e col fatto che queste tipologie più flessibili avevano un costo più  basso». «Abbiamo drasticamente ridotto quello spazio grigio che era in qualche modo infilato dentro al lavoro parasubordinato e le collaborazioni, le forme contrattuali più facilmente aggirabili o utilizzabili in maniera scorretta. Ma soprattutto abbiamo rideterminato in maniera molto precisa il concetto di lavoro subordinato in maniera tale da evitare abusi e distorsioni». «Il dato certo è il cambiamento qualitativo che credo sia irreversibile: ormai da 4 mesi i contratti a tempo indeterminato aumentano in maniera significativa. Prima su 100 avviamenti 85 erano precari, oggi siamo arrivati al 25-27% di contratti stabili. In pratica abbiamo quasi raddoppiato».