Dunque, alla fine, è proprio vero: a Marsala si vota. E finisce la campagna elettorale più lunga che la storia della nostra città abbia mai conosciuto. Il totosindaco era scattato già il minuto dopo le dimissioni di Giulia Adamo. Un’estate fa, sembra un secolo. Ed è stato, da allora un susseguirsi di domani e poi domani e poi domani: il tempo striscia, un giorno dopo l’altro, a passetti, fino all’estrema sillaba del discorso assegnato.
Dunque si vota. E io mi sento come quella farfalla di una superba vignetta di Altan. C’è questa farfalla, appunto, che dice, se ricordo bene: noi farfalle si vive un giorno solo, ma quando sono le sei di sera si han già le palle piene. Delicato eufemismo, il mio, per dire che sono un po’ stanchino. Non fosse altro che per il fatto che sono tutti a caccia di voti, lo saranno fino all’estrema sillaba. Ma mentre la domanda che il marsalese cordialissimo fa all’amico - parente - conoscente quando lo saluta come mai ha fatto prima è: ppi cu voti? ci voti ppi mmia? A me capita la triste sorte di non aver nessuno che mi chiede il voto (i candidati mi temono, l’ho scoperto da tempo) ma di subire invece da tutti, parenti, amici, conoscenti, ascoltatori, lettori, due interlocuzioni che si ripetono ossessivamente. La prima è ovviamente la domanda: “PECCIO’, CU VINCE? ”. Chi vince? mi chiedono. Perchè io dovrei essere una specie di Bernacca dell’urna. La seconda frase è ancora più terribile: il conoscente - amico - lettore compagnone mette la mano a mulinello, fa un’aria sorniona e dice con gli occhi gaudenti: “STAI SCIALANNO!”. Si prefigura, immagino, che io dovrei divertirmi con tutte queste interviste, retroscena, sputazzelle del cortile politico nostrano. Ecco, “Cu vince?” e “Stai scialanno”” sono state le due frasi che mi hanno perseguitato almeno negli ultimi tre mesi. E per evitare supplizi ulteriori, do qui le risposte.
Chi vince. Non lo so. Sensazione del momento? Alberto Di Girolamo aveva vinto. Poi gli è mancato il quid per fare qualcosa di diverso dalla solita coalizione al sapore di minestra riscaldata. Ha perso un po’ terreno. Lo vedo avanti, comunque. Massimo Grillo è partito tardi, era indietro, di giorno in giorno mi sembra che si avvicini. Di certo, sa fare campagna elettorale. Armato è un’incognita, potrebbe essere una piccola sorpresa o un bluff. Vedo bene Angileri - bravo, preparato - il pentastellato, prenderà tanti voti. Se ne prende tanti tanti farà si che Di Girolamo e Grillo andranno al ballottaggio. Se ne prende tanti tanti tanti al ballottaggio andrà lui.
Lo scialo. Ma quale scialo, qui è una sofferenza continua, raccontare una campagna elettorale. La nostra redazione ha ancora una volta prodotto uno sforzo senza uguali per raccontare, in radio e sul web, tutto quello che avveniva, con imparzialità, occhio critico, voglia di capire. Nessuno ci ringrazia, fa parte del mestiere, per carità. Anzi qui tutti ti tirano per la giacchetta. Abbiamo preso insulti, siamo stati accusati di essere venduti a schieramenti alterni un giorno si e un giorno no, personalmente ho dovuto affrontare saluti negati, giudizi sprezzanti e gratuiti, volgarità.
A proposito. I leoni da tastiera, li conosciamo: campioni di sagaci commenti su Facebook, e di genuina indignazione on line, scompaiono al momento dei fatti, quando c'è da mettere la faccia nelle cose. I leoni da campagna elettorale, invece, sono una sottospecie che abbiamo apprezzato in questi giorni. Mi chiedo: dov'erano tutti questi giovani pieni di idee, donne mature dispensatrici di saggezza, uomini al servizio disinteressato della città, intellettuali dalla fine oratoria, alfieri della società civile, firmatari di appelli mondiali, dov'erano negli ultimi due, cinque, sette anni? Sono, tutti loro, quelli che in questo periodo sono stati più critici e feroci nei nostri confronti. Ma come possono giudicare, loro , la qualità di un modo di fare informazione, quando di quella stessa informazione, delle denunce fatte, delle inchieste scritte negli ultimi anni - subendone, chi le ha scritte, tutte le conseguenze, di ogni tipo - se ne sono altamente fregati? Il loro concetto di cittadinanza è racchiuso nello spazio di una parentesi. Dentro quella parentesi c'è una campagna elettorale, un comitato da presidiare come un fortino, un "cardillo" da fare salire. E basta. Fanno sempre così, come i babbaluci quando piove. Tirano fuori le corna solo in caso di diluvio elettorale. Dopo il voto torneranno a cercare riparo sotto qualche pietra, nel buio di qualche umido anfratto, sotto terra. In quelli in buona fede è una questione di tifo: esiste solo il verbo del candidato e nulla più. Lui è Gesù, forse è anche meglio. In quelli in mala fede, invece, è sempre la domanda ancestrale che sottintende ad ogni loro modo sprezzante di attaccare, umiliare quello che è diverso, libero, incontrollabile e quindi pericoloso: soccu c'è ppi mia? La domanda eterna della politica in Sicilia, domani, e poi domani, e poi domani.
Ma per fortuna, dunque, si vota. E per me è una liberazione. Che ha anche un sapore particolare, un che di malinconico. Vado come vada, vinca il più votato, è questa, dopo dieci anni, la mia ultima campagna elettorale che seguo come direttore di Rmc 101 e di Tp24.it. Decisione presa da tempo, già comunicata all’editore, che sarà effettiva dal prossimo 22 Giugno. Ci sarà modoper parlarne, caro lettore, non è nulla di traumatico, è tutto nelle umane cose. Ci tengo ad annunciarlo, ora, lo spiegherò con calma, dopo.
Non stappate lo spumante: non scappo, nè scompaio. Ho bisogno di Marsala, e Marsala ha bisogno di me. Non fosse altro che per fare lo spettatore. E il riferimento qui non è alla politica, al suo teatro, ma al teatro quello bello, e in quanto tale abusivo, di Massimo Pastore. I suoi ragazzi porteranno in scena il 5 e il 6 Giugno, a Marsala, il Macbeth di Shakespeare. Mai scelta fu più azzeccata, perchè si tratta di un dramma- mai rappresentato a Marsala - che non è altro che una grande metafora della tragicità paranoica del potere. E in una città, come la nostra, dilaniata da una lotta per il potere fine a se stessa, il Macbeth capita a fagiolo, per interrogarsi, contorcersi, stare male, porsi delle domande. Che è un compito del teatro, come del giornalismo. Il Sindaco che verrà, se uscirà vincente già domani, ha il compito di andarlo a vedere, sto Macbeth. Oppure, i due sfidanti, se si va al ballottaggio. E’ gratis. Serve per due cose. Primo, per capire che in città non è ancora tutto morto se ci sono realtà come quella del “teatro abusivo” di Pastore. Se dobbiamo ricostruire qualcosa, un'identità, una comunità, io comincerei da lì. Secondo, per il Macbeth in se. Nella mia città ideale, la visione del Macbeth sarebbe obbligatoria per tutti coloro che aspirano ad una carica pubblica.
Dunque si vota, finalmente. Ed io quello che avevo da dire l’ho detto. Nulla di che. Ho approfittato del silenzio elettorale, perché per mettere insieme le cose che avevo in mente avevo bisogno innanzitutto di calma. Che poi, di calma, ne ha bisogno soprattutto la nostra comunità. Questo auguro al Sindaco che verrà, di essere forte, e tranquillo. Domani, e poi domani, e poi domani.
Giacomo Di Girolamo