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08/05/2015 06:57:00

"Ecco perchè il 5 Maggio io, insegnante, ho partecipato allo sciopero della scuola"

 Sono un’insegnante che ama il suo lavoro, che crede nella scuola, nella sua funzione fondamentale per la società. Non mi sento, in questo preciso momento, rappresentata da alcun partito, né sono iscritta ad alcun sindacato, anzi da tempo non scioperavo, ritenendo lo sciopero un’ arma di protesta non efficace, in quanto non arreca disagio ad alcuno, anzi costituisce un risparmio per le casse dello Stato e una manna per gli alunni, che lo interpretano come un giorno di vacanza.

Ebbene, oggi ho incrociato le braccia e l’ho fatto non perché me lo abbia imposto una sigla , ma perché la misura è colma ed ho voglia di urlare al mondo la mia indignazione e la mia rabbia per il degrado e le storture che nel quotidiano sono costretta a toccare con mano e perché vedo in questa riforma una deriva che inevitabilmente porterà la scuola verso il completo sfacelo .

Paola Mastrocola, docente e scrittrice sostiene che “ oggi insegnanti scarsi sfornano studenti analfabeti”

E’ vero, ed è intollerabile che un docente sia “scarso”!

Io sono profondamente indignata perché frequentemente mi è capitato di leggere documenti pubblicati , circolari, programmazioni, tracce per le verifiche, istanze, relazioni, verbali, scritti in una lingua che di certo non è la lingua italiana, carenti e discutibili anche nei contenuti: tuttavia si scrive, si parla, non si ha, il più delle volte, nemmeno coscienza dei propri limiti; mi capita sempre più spesso di scontrarmi con chi non sa, non conosce, ma non ammette di poter sbagliare, non sente il bisogno di documentarsi e non ha il coraggio e l’umiltà di rivedere le proprie posizioni; e, quando si tratta anche di colleghi di lettere, allora mi rendo conto che abbiamo veramente toccato il fondo.

Ma perché siamo arrivati a questo punto?

I sindacati hanno le loro colpe, ha colpe una politica che , di destra o di sinistra , ha comunque pensato alla scuola solo nell’ottica del risparmio e dei tagli e mirato ad ottenere cittadini ignoranti e incapaci quindi di avere coscienza dei propri diritti, ha colpa, a mio avviso, una pedagogia che ha creduto di sostituire la formazione di base, quella che mira alla creazione delle strutture linguistiche, logiche, critiche, con una alfabetizzazione informatica , ha colpa una errata o utilitaristica politica della equità interpretata come livellamento piuttosto che come pari opportunità e meritocrazia.

Ha colpa una riforma che , eliminando il latino dalla scuola media, ha fatto sì che si conosca sempre meno la lingua italiana , perché inesistente ormai la riflessione sulla stessa, necessaria per tradurre.

Sono personalmente convinta che chi non ha padronanza dello strumento linguistico non possa averla dei contenuti: non esiste infatti un contenuto senza forma e la forma è il veicolo unico del contenuto.

I docenti intanto, quelli preparati e professionali, al pari di quelli “scarsi”, posti tutti però nello stesso calderone, devono districarsi tra mille difficoltà in classi numerose, lavorano in casa il triplo di quanto lavorino a scuola, devono combattere battaglie impari con genitori che “saggiamente” insegnano ai figli che bisogna copiare, imbrogliare, uscire prima o entrare dopo se non si è preparati, darsi da fare in tutti i modi per essere promossi. Si dice che i docenti lavorano mezza giornata e hanno tre mesi di vacanza .

Ebbene io sono costretta a correggere tra italiano e latino non meno di 850 elaborati in un anno scolastico: se pensate che servono almeno 15 minuti per correggere e valutare un compito, vuol dire che lavoro 8500 minuti, 141 ore l’anno a casa; i compiti bisogna prepararli e ci vogliono ore per preparare un saggio, un’analisi del testo, i temi. E bisogna preparare le programmazioni per competenze e il documento del 15 Maggio, le relazioni , i programmi consuntivi, le prove d’ingresso, le simulazioni della terza prova e correggere le tesine per gli esami , cercare i materiali, ed aggiornarsi.

Le vacanze? Io, fra esami di Stato, che terminano a metà luglio, e verifiche ( esami) del saldo dei debiti nella ultima settimana di agosto, non solo arrivo a stento ai comuni 36 giorni , ma devo fruirne solo in quel periodo obbligato e non quando effettivamente potrei averne bisogno.

Fare l’insegnante significa tutto questo, significa anche avere a che fare con persone, doverle conoscere per raggiungerle, non permettersi spazi di riposo, essere attenti e presenti, sempre. Fare il docente significa dovere spesso subire le ingiustizie ed i “capricci” di dirigenti sempre meno competenti, resi però tracotanti dal loro potere, significa dover conoscere le norme per impedire che questi dirigenti, che le ignorano o le travalicano, compiano degli abusi e conducano le scuole sempre più alla deriva.

Significa anche vedere che i colleghi “scarsi” o leggeri e poco professionali , ma supini al volere del dirigente, facciano parte del suo staff o si assicurino progetti e titolarità di funzioni strumentali e siano comunque pubblicamente elogiati per la loro “dedizione”.

Dinanzi a questo quadro di degrado il rimedio è davvero nel dare più potere ai presidi, nel fare scegliere da questi i docenti da incentivare ? Basta assumere qualche precario? Potenziare le scuole private?

 

Io credo che, se davvero si vuole una scuola di qualità, bisogna iniziare da un progetto pedagogico che studi cosa è necessario veramente alla formazione degli alunni, credo che si debba investire nella formazione dei docenti, che i presidi debbano tornare ad occuparsi, piuttosto che di management, di problemi didattici e pedagogici della fascia di età di riferimento e della tipologia di scuola che ad essa si rivolge, perché la scuola non è, né può essere considerata un’azienda.

Ma quello che nessuno ha il coraggio di dire è che la qualità della scuola passa attraverso la restituzione della dignità al ruolo dei docenti : finché un docente sarà mal pagato e mortificato, nessun allievo brillante sceglierà l’insegnamento, preferendolo alla libera professione o ad altra carriera più remunerativa sul piano materiale e più gratificante su quello morale. Sempre più e solo i più carenti si dedicheranno all’insegnamento e la scuola sarà allora irrimediabilmente distrutta!

Ho scioperato per libera scelta , per testimoniare la mia indignazione ed il disgusto verso un governo sordo alle istanze di chi vive nella scuola, un governo che tratta i docenti, che per mostrare il loro dissenso pagano, come dei burattini manovrati dai sindacati, un governo che sottovaluta le loro proteste, che non conosce la realtà della scuola e si mostra arrogante e tracotante.

Ho scioperato perché non voglio che la scuola sia affidata all’arbitrio dei presidi, più o meno competenti , perché la scuola è e deve essere plurale , perché rifiuto per principio la dittatura e l’autocrazia in ogni sua forma.

Ho scioperato perché io mi sento diversa da quei colleghi incompetenti e scarsi e voglio che sia riconosciuta la mia diversità, attraverso criteri oggettivi.

Ho scioperato perché esigo che mi sia restituita la dignità di essere docente, di non essere inferiore a nessun altro laureato, di essere, solo diversa e più coraggiosa per aver scelto un percorso di studi pesante, pur sapendo che avrei affrontato mille difficoltà, anche quelle economiche e di averlo scelto per amore ed inclinazione.

Ho scioperato perché voglio una scuola libera, una scuola di qualità che non si pieghi alle logiche del mercato.

Ho scioperato perché voglio una scuola pubblica buona e non mi interessa una scuola privata di qualità per chi ha soldi .

Ho scioperato perché il mio contratto non è rinnovato da oltre sei anni, perché mi è stata negata l’unica progressione di carriera possibile, con gli scatti di anzianità.

Ho scioperato perché voglio una scuola capace di schiudere le menti dei nostri allievi , una scuola che sappia educare coscienze critiche, non addormentarle.

Ho scioperato perché un intervento di cambiamento vero va in tutt’altra direzione.

Ho scioperato perché mi sia riconosciuto tutto il lavoro che attualmente e da una vita faccio gratuitamente.

Ho scioperato perché voglio poter disporre della mia vita, laddove l’errore di una tal Fornero mi costringerà a lavorare fino a 44 anni di servizio.

Ho scioperato perché ho osservato pienamente il contratto che ho sottoscritto con uno Stato, che però già da tempo lo ha eluso.

Ho scioperato perché amo la cultura, la libertà e, nonostante tutto , il mio Paese.

 

Angela Guercio



Native | 2024-07-16 09:00:00
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