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06/05/2015 16:56:00

Marsala, e certa nostalgia del Pci del dopoguerra...

di Leonardo Agate -    Gaspare Li Causi, in un articolo pubblicato su Il Vomere del 22 aprile, ricorda con nostalgia una riunione del comitato direttivo del Pci marsalese del 23 febbraio 1945. In quella data, e secondo il verbale, Salvatore Lampasona, Giuseppe Di Gregorio, Cecè Azzaretti, Marchetti, Liborio Salvo e Ciccio Figuccia, in previsione delle elezioni amministrative, che si sarebbero svolte un anno dopo, impostavano la loro politica con l'intenzione di conoscere i problemi che più interessavano i lavoratori della città e della campagna. Di contro, l'articolista fa riferimento ai tempi attuali che vedrebbero la politica decaduta alla cura di interessi particolari poco edificanti.
In linea teorica, e avulso ogni riferimento al contesto di quei tempi, non si può dare torto a Li causi. Solo che non si possono estrapolare certi fatti dal contesto in cui sono avvenuti, se si vuole dare un giudizio obbiettivo. Tanto per essere chiari, il Pci di allora, a Marsala come nel resto d'Italia, faceva riunioni e politica con lo scopo di arrivare al potere. Cosa del tutto legittima. La stessa cosa facevano i partiti ricostituiti dopo la caduta del fascismo. Ma non tutti i partiti aspiravano allo stesso futuro. Tutti volevano un paese nuovo e diverso: i comunisti, i democristiani, gli azionisti, i liberali, i repubblicani. Ma ogni partito aveva il suo diverso programma. I comunisti in particolare erano legati mani e piedi a Mosca. La direttiva di Stalin a Palmiro Togliatti, che rientrava a Napoli dopo un'assenza quasi ventennale dall'Italia, era di prendere il potere democraticamente, attraverso accordi con gli altri partiti, ed in libere elezioni. Stalin sapeva che un'insurrezione armata non sarebbe stata accettata dagli alleati, e sarebbe stata repressa pure nel sangue. L'Italia faceva parte della zona d'influenza occidentale, secondo gli accordi di Yalta. Allora, secondo Stalin ed il suo portavoce italiano, bisognava giocare d'astuzia: rinviare il problema della permanenza della monarchia, collaborare coi governi dell'immediato dopoguerra, raggiungere tramite libere elezioni la stanza dei bottoni...poi, i comunisti arrivati democraticamente al governo avrebbero potuto, piano piano, comunistizzare il paese.
L'astuzia sovietica si scontrò con l'altra astuzia democristiana, e ci lasciò le penne. De Gasperi estromise i comunisti dal governo, cui avevano precedentemente partecipato, e vinse le elezioni. Con i comunisti all'opposizione, aderì alla Patto Atlantico, ed a questo punto l'illusione comunista, di poter istaurare in Italia un regime di tipo sovietico, andò a farsi benedire.
In conclusione, la serietà delle decisioni del comitato direttivo del Pci marsalese del 23 febbraio 1945, nel contesto della storia, perde valore, e fu nostra fortuna che i comunisti non riuscirono a prendere il potere. Basti pensare a quel che avvenne in tutti i paesi d'Europa governati dai comunisti. Fecero tutti fallimento, e crollarono sotto le macerie del muro di Berlino.
Gaspare Li Causi ha il diritto di avere nostalgia di quel che si trattò nella riunione del comitato direttivo del Pci marsalese. Può raccontare favole, se vuole. Io ho il diritto di commentare. E posso farlo perché per fortuna non siamo in un paese comunista. Anche se, ad onor del vero, bisogna dire che la maggior parte dei regimi comunisti del mondo é finita a carte quarantotto.


leonardoagate1@gmail.com