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29/04/2015 06:50:00

Difesa e parti civili si danno battaglia nel processo all’avvocato Corrado Di Girolamo

 Difesa e parti civili si danno battaglia nel processo all’avvocato Corrado Di Girolamo, accusato di concussione, per il quale è stata invocata una condanna a 4 anni e 4 mesi di carcere.

Difesa e parte civile si sono dati battaglia, davanti al giudice Annalisa Amato, nel processo con rito abbreviato all’avvocato Corrado Di Girolamo, 60 anni, accusato di concussione, per il quale la Procura ha invocato una condanna a 4 anni e 4 mesi di carcere. A tentare di smontare il castello accusatorio, argomentando a lungo, è stato l’avvocato difensore Paolo Paladino, secondo il quale “il fatto non sussiste, le somme chieste da Di Girolamo erano dovute e non vi sarebbe stato ingiusto vantaggio economico”. Per questo motivo, il legale ha chiesto l’assoluzione. Ha, invece, ricalcato la requisitoria del pm il legale di parte civile, l’avvocato Roberta Tranchida, del foro di Trapani. Quest’ultima ha anche tratteggiato la personalità sia dell’imputato che dei due accusatori, definiti “persone modeste e umili” e pertanto non in grado di architettare complicate macchinazioni. L’avvocato Tranchida si è poi, soffermata anche sulla giornata in cui l’avvocato Di Girolamo avrebbe improvvisamente e drasticamente ridotto le sue pretese economiche. Da 15 a 7 mila euro. Forse, perché aveva saputo di essere indagato. Il gup Amato ha, poi, rinviato il processo al 26 maggio, quando, dopo le “repliche”, potrebbe essere emessa la sentenza. La vicenda: secondo l’accusa, Corrado Di Girolamo avrebbe chiesto una ingente somma, a solo titolo di spese, agli aggiudicatari di beni messi all’asta dal Tribunale e alla cui vendita era stato delegato dal giudice dell’esecuzione. Nella prima udienza preliminare, l’avvocato difensore Paolo Paladino ha prodotto una “memoria” allo scopo di dimostrare la “congruità” delle pretese economiche del Di Girolamo. Una “memoria” alla cui ammissione si erano, però, opposti sia il pubblico ministero che il legale di parte civile, l’avvocato castellammarese Roberta Tranchida, sostenendo che la memoria è, in realtà, una perizia. Nel corso della requisitoria, però, il pm Giulia D’Alessandro ha presentato il prospetto con cui il giudice dell’esecuzione (Vaccaro) ha liquidato a Di Girolamo circa 4 mila euro. Meno di un quarto, dunque, rispetto alla prima richiesta (secondo l’accusa, 17 mila euro) che il legale finito sotto processo avrebbe avanzato agli aggiudicatari dei beni venduti con esecuzione immobiliare. L’indagine, svolta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, è scaturita dalla denuncia degli aggiudicatari dei beni messi all’asta (Leonardo Salvatore Lombardo, di 35 anni, e la sorella Giusy Marianna Lombardo, di 29, figli degli ex proprietari dei beni). Questi i fatti contestati: i due fratelli Lombardo, il 2 ottobre 2013, per circa 24 mila euro si sono aggiudicati all’asta tre piccoli immobili. L’asta si è tenuta nello studio dell’avvocato Corrado Di Girolamo. Dopo qualche giorno, i Lombardo si recano presso lo studio del legale per definire modalità e importo delle ulteriori somme da versare a titolo di saldo e di spese e l’avvocato Di Girolamo chiede loro, secondo l’ipotesi d’accusa, ben 17 mila euro a solo titolo di spese. Una cifra pari a circa il 70 % del valore dei beni aggiudicati. Dopo qualche giorno, su richiesta dei Lombardo, ai quali la richiesta appariva troppo esosa, l’avvocato Di Girolamo faceva uno sconto di 2 mila euro, chiedendo 15 mila euro. I fratelli Lombardo chiedevano, naturalmente, al noto legale di rivedere le sue pretese, che, anche a dire di altri professionisti del settore, erano senz’altro esorbitanti. Sempre secondo l’accusa, nel frattempo, Di Girolamo avrebbe lasciato intendere ai Lombardo che se non avessero provveduto a versare le somme richieste a titolo di “spese varie”, non avrebbe stipulato il decreto di trasferimento degli immobili. E il tempo non lavorava in favore dei Lombardo, perché il deposito delle somme doveva avvenire entro i 60 giorni dall’aggiudicazione provvisoria, pena l’applicazione di interessi legali e poi la decadenza dall’aggiudicazione dopo 90 giorni, con notevole danno economico (oltre che affettivo) per la perdita dell’acconto versato. Fino al 2 dicembre 2013, l’avvocato Di Girolamo sarebbe stato irremovibile. Proprio il 2 dicembre 2013, però, cambiò idea. Chiedendo, in maniera pare più gentile e garbata, il versamento di 7 mila euro. Meno della metà rispetto a quanto preteso fino a poco prima. Non si sa perché questo improvviso cambio di rotta. Forse, aveva avuto sentore che la sezione di pg della Guardia di Finanza della Procura stava indagando su di lui. Una “marcia indietro” che, però, non è stata sufficiente per evitare l’accusa di concussione. Per questi fatti, Corrado Di Girolamo (noto anche per i diversi incarichi professionali conferitigli dal Comune di Marsala quando era sindaco Giulia Adamo) è stato anche deferito al locale Consiglio dell’Ordine degli avvocati (presieduto da Gianfranco Zarzana), che ha trasmesso la comunicazione relativa al procedimento penale a Palermo, al Consiglio distrettuale di disciplina. Da quest’anno, infatti, non sono più i Consigli locali a deliberare gli eventuali provvedimenti disciplinari, ma quelli distrettuali. Per evitare soprattutto momenti di imbarazzo tra colleghi che operano nello stesso tribunale. Già nel 2000, la Procura di Marsala aveva aperto un fascicolo, sempre per concussione, nei confronti dell’avvocato Di Girolamo, in quanto accusato dall’imprenditore marsalese Ignazio Buffa, all’epoca presidente della cooperativa Impex. Buffa, nel luglio 2000, dichiarò alle Fiamme Gialle della Procura che per acquistare un complesso immobiliare, divenuto poi sede della sua azienda, avrebbe dovuto consegnare al commissario liquidatore della società proprietaria di quell’immobile, l’avvocato Di Girolamo, una consistente somma: 50 milioni di lire. Poi, non si sa perché, Buffa ritrattò le accuse mosse al legale, subendo quindi una condanna a 10 mesi di reclusione per calunnia.



Giudiziaria | 2024-07-23 17:32:00
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