Il 15 aprile 1944 Giovanni Gentile fu ucciso da un commando gappista davanti al cancello della sua villa a Firenze. Mentre il suo autista era sceso dalla macchina per aprire il cancello, due giovani si sono avvicinati nascondendo le pistole sotto libri. Il filosofo, credendoli allievi, abbassò il vetro dello sportello, e fu ucciso. Era disarmato e non aveva scorta.
Era nato a Castelvetrano il 29 maggio del 1865, ottavo di dieci figli. Suo padre, farmacista, avrebbe voluto farne un farmacista, ma lui non era portato a quella professione. Era attratto dagli studi letterari, storici e filosofici. Dopo avere insegnato nelle scuole superiori, ebbe incarichi universitari in diversi atenei prima di approdare alla Scuola Normale di Pisa, dove era stato studente modello. Suo maestro di materie filosofiche era stato Donato Jaia, che insieme a Silvio Spaventa era il prosecutore dell'idealismo in Italia.
Quando era studente alla Normale, Gentile assieme ad altri si fermava alla biblioteca fino a notte inoltrata per studiare ed approfondire, cosicché gli studenti meno volenterosi che passavano sotto l'edificio alzavano la voce per sfotterli: "Sgobboni!" Quando nel 1923, da ministro della Pubblica Istruzione nel governo di Mussolini, varò la riforma scolastica che porta il suo nome, realizzò un sistema di studi che privilegiava il merito, e inaugurò, per i corsi più severi, il paradigma della cultura umanistica vivificata dall'idealismo filosofico. Quella riforma durò quasi quarant'anni, cominciando ad essere modificata negli anni Sessanta. In seguito alle modifiche repubblicane, l'accesso indiscriminato di tutti i diplomati alle facoltà universitarie ha prodotto una classe di laureati in parte di scarso livello.
Come direttore, dal 1932, della Scuola Normale di Pisa ne promosse il nuovo statuto, e ne ingrandì gli edifici e la potenzialità di insegnamento. Nonostante ciò, quando una decina di anni fa si trattò di intitolargli un'aula, ci fu l'opposizione dura degli insegnanti di sinistra, in quella regione, la Toscana, tra le più rosse. Eppure fu lui a dare lustro alla Scuola Normale di Pisa, ed ebbe con colleghi e studenti un ottimo, umanissimo rapporto.
Organizzatore di attività culturali, oltre che pensatore, diresse dal 1925 l'Enciclopedia Treccani, che resta un monumento cartaceo della cultura italiana.
La sua filosofia, onorata nel ventennio fascista, dopo la sua uccisione é stata trascurata. Nell'Italia repubblicana per alcuni decenni non si parlò più di lui, perché compromesso con il fascismo. Ma non risulta che abbia partecipato alle decisioni quando il regime approvò le leggi razziali, o quando sottoscrisse il Patto d'acciaio, o quando dichiarò la guerra.
Gentile fu persona integrata nel regime fascista, ma non fra coloro che ne utilizzarono i benefici per poi passare all'opposizione quando fu chiaro che la guerra sarebbe stata persa. Non ebbe la cattiveria dei fascisti violenti e guerrafondai. La sua adesione al fascismo riguardò l'aspirazione alla progresso nell'ordine e nelle tradizioni italiche. Tutte le volte che poté usare il suo potere, si adoperò per salvare le vittime delle leggi razziali. Questo gli é stato riconosciuto anche da colleghi che facevano la fronda sotto il regime.
La voce "Fascismo" dell'Enciclopedia Treccani, firmata da Mussolini, fu scritta da lui. Scrisse anche, nel 1925, il Manifesto degli intellettuali fascisti, cui Benedetto Croce rispose con il Manifesto degli intellettuali antifascisti. Il 24 giugno del '43, anno cruciale per le sorti della guerra, pronunciò nel Campidoglio a Roma un discorso sulla necessità di sostenere la patria. Dopo meno di un anno, la violenza antifascista, simile alla violenza fascista, lo uccise mentre rientrava a casa dal lavoro. Il CLN toscano disapprovò l'assassinio, con la sola esclusione del Partito comunista.
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