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12/04/2015 17:43:00

Meditazione della pastora valdese: Pace a voi!

Pace a voi! (Gv 20,19-29)

Care sorelle, cari fratelli ci troviamo in un singolare momento storico, in un difficile momento storico. Il mondo, pur nella sua vastità, si è improvvisamente rimpicciolito; i mezzi di comunicazione ci aggiornano in tempo reale di ciò che accade in luoghi di cui prima ignoravamo l’esistenza. Tutto sembra a portata di mano e tutto sembra vicinissimo a noi.

 Il risultato di quella che comunemente viene chiamata globalizzazione dovrebbe farci sentire cittadini dell’universo, dovrebbe ampliare la nostra visuale, dovrebbe aiutarci a spingerci oltre il nostro orizzonte limitato di italiani, siciliani, marsalesi. E invece accade, come per uno strano paradosso, proprio il contrario.

Noi avvertiamo forte la chiusura della politica nei confronti del piccolo, isolato cittadino comune. Gli incontri tra politici coinvolgono le nazioni, gli incontri tra politici si svolgono in summit internazionali, le decisioni vengono prese a livello globale. E noi, noi dove siamo in questo processo di governo della cosa pubblica che passa sopra le nostre teste senza sfioraci, senza coinvolgerci?

 Ci rendiamo conto che non siamo più gli interlocutori della classe politica che si rivolge unicamente alle multinazionali o a enti sovranazionali come il Fondo monetario internazionale la banca centrale europea e così via. Tutto si svolge e accade a un livello più alto del nostro, un livello che ci esclude.

 Noi, i cittadini, veniamo ripescati solo in occasione delle elezioni, allora e solo allora qualcuno si ricorda che esistiamo e ci viene nuovamente rivolta la parola e viene chiesto il nostro parere.

La sensazione, in questa situazione di isolamento dalla gestione della vita pubblica, è quella di chiusura. Una sensazione di angustia degli spazi nei quali veniamo relegati e dai quali non abbiamo la possibilità di lanciare uno sguardo a ciò che c’è al di fuori. Il mondo globalizzato si riduce allo spazio di una stanza.

Spazio di una stanza così come quello in cui si sono rinchiusi i discepoli dopo la crocefissione di Gesù. Si sono rinchiusi, i discepoli, perché hanno paura del mondo che li circonda. Dopo aver girato per la Palestina al seguito di Gesù, liberi in un mondo che sembrava appartenergli, improvvisamente, tramontate le loro speranze, si ritrovano ridotti ad uno spazio angusto, chiusi, stretti fra quattro mura che non gli permettono il contatto con l’esterno.

 Sono isolati, così come ci sentiamo isolati noi nel nostro pur vasto mondo apparentemente così disponibile al nostro sguardo. E’una brutta sensazione quella che trasmette l’isolamento, perché il presente diventa soffocante e non c’è la possibilità, l’apertura necessaria per poter intravedere il futuro. E’ una situazione di angoscia, di stress emotivo, di crollo della fiducia nella vita e di scardinamento della speranza.

“Pace a voi” annuncia però il Risorto alla condizione umana bloccata, rinchiusa nell’angustia che la Storia le riserva.

“Pace a voi” e le barriere della costrizione angosciante, create dal nostro subire un destino imposto, si aprono lasciando entrare la luce della comunione possibile con Dio. La pace che Gesù Cristo porta nello spazio soffocante della paura e dell’ansia è, innanzitutto, la pace con noi stessi, e la pace con noi stessi ci permette di  riguadagnare quella serenità che ci rende finalmente capaci di gettare lo sguardo al di là del muro che vuole ostacolarci la vista.

Non siamo noi ad avere la forza interiore per spalancare una finestra sul domani, quando il mondo ci rinchiude in una stanza, ma è la potenza luminosa del Risorto che viene, che irrompe a fare breccia nel chiuso del nostro isolamento.

La pace che Cristo risorto porta con sé, come dono per noi, è la fiducia riconquistata, fiducia nella bellezza della vita, è la consapevolezza che, nella comunione con Dio, la serenità dell’esistenza si può esprimere in tutta la sua potenza creatrice e progettuale.

 Nella pace che Dio ci dona, attraverso il Cristo risorto, troviamo il coraggio di poter vivere nonostante le paure che ci paralizzano, che ci impediscono di uscire da quello spazio angusto dell’ansia.

Non siamo soli, qualcuno è venuto a liberarci dal carcere delle nostre paure. Qualcuno irrompe nella nostra chiusura per darci il coraggio di riappropriarci con fiducia del mondo.

Sì, care sorelle, cari fratelli per vivere ci vuole coraggio, ci vuole coraggio per uscire dai limiti stretti in cui la Storia ci chiude, per essere uomini e donne liberi ci vuole coraggio. Il coraggio non è quello che viene da noi, ma è il coraggio generato dalla serenità di sapere che Cristo è risorto, é risorto per noi, è risorto per liberarci. Amen

 

past. Eleonora Natoli - 12 aprile 2015