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31/03/2015 06:30:00

La tragedia dell’Airbus A320 Germanwings, tra analogie e il ricordo di Montagna Longa

Due aerei passeggeri, la montagna, le traiettorie anomale e incomprensibili tenute dai piloti, i minuti di silenzio prima dello schianto e la tragica fine delle tante vite umane. Sono queste le analogie che accomunano la tragedia dell’Airbus A320 della Germanwing che, martedì scorso si è schiantato sul massiccio montuoso del Trois-Eveches delle Alpi francesi, causando la morte di 150 persone, e quella avvenuta a Montagna Longa, nei pressi dell’aeroporto di Punta Raisi, il 5 maggio 1972, che costò la vita a 115 persone.

  

 

Per l’Airbus A320 caduto in Francia, i silenzi registrati dal cockpit recorder, e soprattutto le parole del comandante dell’aereo che chiede di rientrare all’interno della cabina di pilotaggio, e un rumore metallico, - come se stesse cercando di aprire in tutti i modi la porta -,  hanno  dissipato quasi del tutto i dubbi sulla responsabilità concreta del co-pilota Andreas Lubitz, che ha deliberatamente fatto arrivare al suolo l’aereo causando la sua fine e quella delle altre 149 persone a bordo del volo della Germanwings che da Barcellona era diretto a Dusseldorf.

 

Per la tragedia di Montagna Longa, invece, non c’è, a 43 anni di distanza, ancora nessuna verità, ma solo una tesi confermata dal Tribunale di Catania, che accusava i piloti di essere i responsabili di un errore di valutazione. In realtà, sin dall’inizio si è sempre cercato di dare subito la colpa ai piloti, dicendo che erano ubriachi, ma le analisi fatte sui resti dei loro corpi dimostrarono che non era vero.

 

Ma torniamo alla vicenda dell’Airbus A320.

La  ricostruzione di quanto accaduto.  Decollato alle 10,00 del 24 marzo da Barcellona e diretto in Germania, a Dusseldorf, con 144 passeggeri e sei membri dell'equipaggio.  Sono le 10,31 quando l'Airbus 320 della Germanwings comincia ad abbassare progressivamente quota.  In quel momento il co-pilota dell'A320 della Germanwings, Andrea Lubitz, è solo nella cabina di pilotaggio. Ha aspettato che il comandante si allontanasse per  programmare la manovra di discesa per scendere gradualmente dalla quota di crociera di 38.000 piedi. L'aereo comincia la discesa quando sorvola la costa nella zona di Marsiglia. Quando il comandante cerca di rientrare nella cabina di pilotaggio, Lubitz non apre. Quindi, sulla stessa tastiera, il comandante digita il codice di emergenza di quattro cifre che permette di sbloccare la porta per un periodo compreso fra 5 e 30 secondi. Ma Lubitz sposta nella posizione 'locked' l'interruttore che controlla la porta. Entrare nella cabina di pilotaggio diventa impossibile.

Qualcosa dai contorni poco chiari è accaduto anche per la tragedia dell’aereo della Germanwings.  Una volta trovata la prima scatola nera (molto danneggiata), gli inquirenti dissero che ci sarebbero volute settimane se non mesi per avere i dettagli. Ma, stranamente, nel giro di 24 ore i vertici della Lufthansa (proprietaria di Germanwings) si sono affrettati ad indire una conferenza stampa dove si spiegava che l’incidente era in realtà un atto volontario deciso da Lubitz che ha voluto suicidarsi. Sarà così, ma fa comunque pensare, il fatto che tanti voli della stessa compagnia  il giorno dopo non sono partiti per una sorta di sciopero dei piloti che si sono rifiutati per problemi di sicurezza, e che il giorno prima lo stesso Airbus era stato costretto a trascorrere tante ore a terra per un problema tecnico al carrello.

 

Le indagini nel frattempo hanno dimostrato che il co-pilota tedesco, 28 anni, aveva sicuramente dei problemi fisici, dei problemi alla vista che lo potevano portare alla perdita del lavoro e uno stato depressivo che riusciva a nascondere  ai colleghi e alla compagnia aerea, stracciando perfino i certificati medici che lo rendevano inabile al volo, come doveva essere quel tragico martedì. Indiscrezioni ci riportano le dichiarazioni della sua ex fidanzata che lo dipinge come personalità difficile e instabile, e una sua frase molto significativa: "Un giorno farò qualcosa che cambierà l'intero sistema, e poi tutti sapranno il mio nome e lo ricorderanno". Adesso gli investigatori attendono il ritrovamento della seconda scatola nera, la Fdr (Flight Data Recorder),  con la quale  avranno a disposizione un grandissimo numero di dati. Il chip della Fdr dell’A320 è in grado di registrare circa mille parametri, dai quali è possibile ricostruire l’intera gestione della situazione nella cabina di pilotaggio. Si potrà sapere, per esempio, quali avvisi si sono attivati, le spie che si sono accese. Se la prima scatola nera ha permesso di stabilire che il copilota era vivo perchè ne ha registrato il respiro, la Fdr permetterà di ricostruire tutte le sue azioni. Una cosa è certa, c’è una qualche co-responsabilità da parte di chi, nella compagnia aerea o altro ente preposto, doveva controllare sullo stato di salute dei piloti e non lo ha fatto come avrebbe dovuto.

 

Mentre per il terribile disastro della scorsa settimana c’è una tragica verità, per Montagna Longa, come dicevamo, non si sa ancora nulla. Fu davvero un errore dei due piloti,  un incidente causato dalla mancata comunicazione del radiofaro, una incredibile serie di coincidenze sommate all’inefficienza delle apparecchiature tecniche dell’aeroporto di Palermo o  un attentato terroristico tramite una bomba a bordo? A processo a Catania finirono il direttore dell’aeroporto e i tecnici civili ai quali veniva contestato: il malfunzionamento del faro di aerodromo, la mancanza del radar, l’inaffidabilità del radiogoniometro, che serviva ad integrare il radiofaro. Il procedimento  giudiziario si chiuse con l’assoluzione di tutti gli imputati.  La situazione precaria di Punta Raisi, insomma, c’entrava o no con l’incidente?

 

Il tragitto dell’Aereo diretto a Palermo

Dc 8 classe 43 Antonio Pigafetta, impegnato sul volo AZ 112, con 108 passeggeri più 7 uomini di equipaggio da Roma a Palermo, il 5 maggio del ‘72 decollava da Fiumicino diretto a Punta Raisi. Quel volo, vedeva il comandante Roberto Bartoli ai collegamenti radio, ed il 1° Ufficiale, Bruno Dini, ai comandi dell’aereo, mentre il tecnico di volo (cioè l’ ingegnere di volo) Gino Di Fiore era addetto al controllo e gestione di tutti gli impianti di bordo. Alle 21,10 il volo AZ112 dichiarò a Palermo Torre di Controllo di essere a 64 miglia da Punta Raisi e fu autorizzato a scendere a quota 5000 piedi, mentre entrava nel campo d’azione del radiofaro dell’aeroporto. Dopo poco, Bartoli – era sua, la voce - dichiarava che si trovava sulla verticale della pista. Seguiva ancora una comunicazione. Ma era indecifrabile. Era l’ultima: alle 22.23 AZ112, con 115 persone a bordo, andava a schiantarsi su un costone di Montagna Longa, esattamente dove non avrebbe mai dovuto essere: un luogo del tutto a est dell’atterraggio. Come e perchè è finito lì? Per il DC8 dell’Alitalia, a differenza dell’Airbus A320 della Germanwings, il voice recorder, si disse, era guasto, perché il nastro si era spezzato già sei ore prima dell'incidente e gli equipaggi  non potevano accorgersi del mancato funzionamento in quanto il nastro, seppur a vuoto, continuava a girare. Nessuna voce, nessuna richiesta d’aiuto a chiarire l’evento, ai quali si aggiunge anche la mancata acquisizione del tracciato radar che sicuramente avrebbe potuto spiegare meglio ogni considerazione fatta sulla traiettoria dell’aeromobile, fatto che per anni occupò periti e magistrati che mai giunsero a risultati sicuri. Poi c’è, come dicevamo, una pista mai fino in fondo approfondita che è legata al terrorismo nero e alla mafia.

Su quell’aereo tra i passeggeri c’era Angela Fais, giovane cronista de “L’Ora” di Palermo che si occupava assieme al collega Giovanni Spampinato di inchieste su malavita e neofascismo in Sicilia. Il giornalista Spampinato fu ucciso ad ottobre dello stesso anno da Roberto Campria, esponente della destra eversiva siciliana.  Altro passeggero era Ignazio Alcamo, consigliere di Corte d’Appello, Presidente della sezione speciale misure preventive. Proprio in qualità di presidente di questa sezione, il giudice Alcamo aveva fatto partire qualche giorno prima la richiesta di soggiorno obbligato per il costruttore edile Francesco Vassallo e Antonietta Bagarella, sorella di Leoluca e moglie di Totò Riina. Nella lista dei passeggeri e quindi tra le vittime c’è un certo Stefano Alberto Volo, ma solo sulla carta, perchè a suo dire all’ultimo momento decise di non partire per Palermo e restare a Roma, in seguito riferì di essere stato consigliato di non prendere quell’aereo. Stefano Alberto Volo è un’esponente di estrema  destra coinvolto anche nella strage di Bologna. Alcuni anni fa ad Eleonora Fais, sorella di Angela, disse che Stefano Delle Chiaie esponente di Avanguardia Nazionale e vicino ai servizi segreti sapeva tutto di Montagna Longa.

 

I tanti quesiti di Montagna Longa a cui non è stata mai data risposta. Perchè i corpi erano tutti privi di scarpe? Perchè Franco Indovina, regista, è stato trovato disintegrato, di lui sono state trovate solo la protesi dentaria ed un documento di identità, mentre altri corpi sono stati trovati quasi integri? Perchè l’autopsia è stata fatta solo sui corpi dei due piloti? Perchè una borsa risultava dilaniata dall’interno, da cosa? Perchè il nastro della scatola nera è risultato strappato? Chi era la vittima il cui corpo non è mai stato identificato? La signora Fais nel 1992 chiese all’allora procuratore della Repubblica di Marsala Paolo Borsellino di cercare il rapporto fatto dal commissario Giuseppe Peri, capo della squadra mobile di Trapani. L'ipotesi dell'attentato infatti è confermata dal poliziotto con questo documento firmato in data 22 agosto 1977 con il quale denuncia 32 persone, capeggiate dal fascista Pierluigi Concutelli, che in combutta con la mafia avevano organizzato 4 sequestri di persona verificatisi fra gennaio e settembre 1975. Il 15 novembre del 1976 segnalò alle Procure di Trapani e Marsala e altre sette Procure d’Italia e con rapporto preliminare alla questura di Trapani che i sequestri di Luigi Corleo, Nicola Campisi, Luigi Mariani ed Eugenio Egidio Perfetti, erano stati realizzati "per fini eversivi di autofinanziamento della criminalità politica di area neofascista con la collaborazione della delinquenza comune". Per questi rapimenti e per altre azioni criminose, Peri indicava quali responsabili materiali i fascisti romani legati a Concutelli ed i mafiosi di Salemi che facevano parte della famiglia di Salvatore Zizzo. Il commissario Peri inseriva il disastro aereo nella strategia della tensione in atto in quegli anni in Italia e che avrebbe in seguito portato anche ai tentativi di colpo di stato. Il capitolo più inquietante è dedicato alla sciagura di Montagna Longa. Un sabotaggio, ipotizza Peri, una strage voluta da quelle stesse forze terroristico-eversive che, in quegli stessi anni, stringevano il loro patto d'alleanza con la mafia trapanese. Con quella strage, l'eversione nera avrebbe ottenuto un duplice scopo: aggiungere un altro anello alla strategia della tensione (sono gli anni di piazza Fontana, dell'Italicus e di piazza della Loggia) ed eliminare un magistrato palermitano scomodo, il giudice Ignazio Alcamo. Il rapporto Peri non fu mai preso in considerazione. Il Procuratore di Trapani Lumia liquidò la faccenda ritenendo la ricostruzione del vicequestore, non solo fantasiosa ma anche generica e priva di concreti elementi di prova. Dopo la presentazione di quel rapporto Peri chiese una scorta, ma invece dell'auto blindata gli arrivò un telex del ministero che lo destinava con effetto immediato ad un incarico di burocrazia nella questura di Palermo, dove l'ex vicequestore di Trapani sarebbe morto un paio di anni più tardi: giusto in tempo per vedere definitivamente archiviato il suo rapporto. E così quello di Montagna Longa, per molti versi, resta ancora un mistero irrisolto.
Nessuno ha mai dato una spiegazione concreta sul perché, quella sera di maggio, quell’aereo abbia superato la pista di atterraggio dell'aeroporto di Palermo e si sia diretto verso la montagna, senza tentare alcuna manovra correttiva.

 

 



Native | 2024-07-16 09:00:00
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