E’ un classico. Come ogni anno a conclusione dei festeggiamenti di “San Giuseppe”, a Salemi i commenti e i giudizi si sprecano. Tutti esperti di tradizioni, turismo e marketing, si sentono autorizzati ad esprimere il proprio parere, a testimoniare che la Festa ormai fa parte della Città. Dopo i deludenti catastrofici risultati delle ultime edizioni, l’Amministrazione comunale, guidata da Domenico Venuti, (da ieri nominato nella segreteria regionale del PD) e con la regia dell’Assessore alla Cultura e al Turismo, Giuseppe Maiorana, ha puntato su un nuovo rilancio della manifestazione, investendo risorse economiche e umane. Una scommessa, diciamolo subito a chiare lettere, in gran parte vinta, sia pure con luci ed ombre. La riconquista delle stelle perdute è opera sempre più difficile. Appare quindi più meritorio qualsiasi tentativo intrapreso per riportare la barca sulla giusta rotta. Quando parliamo della Festa del Patrono dei lavoratori ( lo diciamo ai non salemitani) non ci riferiamo affatto al valore religioso che un tempo era la vera essenza della ricorrenza. Le uniche motivazioni che spingevano molta gente all’allestimento delle Cene, alla confezione dei Pani, alla preparazione delle fatidiche numerose pietanze erano solo ed esclusivamente devozionali. Chi aveva deciso di onorare il Santo, per grazia ricevuta o invocata, si metteva all’opera subito dopo le festività natalizie. Il lavoro era tanto e il denaro occorrente anche. Chi si sobbarcava nell’impresa, spesso tra il ceto meno abbiente, non ne possedeva. Si rendeva necessario quindi la richiesta di aiuto finanziario. Ma anche quello manuale. Si girava di casa in casa nel quartiere per chiedere l’elemosina. Un atto “umiliante” simbolico che dava più pregnanza evangelica alla ritualità. Si era protagonisti assoluti di un rito, è vero. Ma esso veniva celebrato in comunione con l’altro e con l’intero vicinato. Trasformandosi, così, da atto individuale in una manifestazione corale di ringraziamento direttamente alla divinità senza l’intermediazione del clero. Da quando, nei lontani anni settanta, la Pro Loco, diretta dal mitico dottor Ciccio Bivona, si adoperò per rendere le “Cene di San Giuseppe” un evento utile anche per attirare turisti in città, tutto è cambiato. Solo chi non ha occhi per non vedere, non se ne accorge. I pochi Altari eretti per grazia ricevuta o invocata, ad esempio, non sono stati nemmeno inseriti nell’itinerario allestito dall’assessorato, per volontà espressa dai diretti interessati. Questo atteggiamento la dice lunga sullo snaturamento subito dall’annuale ricorrenza. Ogni tentativo di revisione che ci è sembrata posta in essere ci sembra francamente ormai tardiva. L’aspetto turistico-culturale ha preso, con il trascorre degli anni, il sopravvento. Da festività religiosa qual era sempre stata nel lontano passato, essa si è trasformata in un’opportunità per fare conoscere la Città nel mondo. Se ne facciano una ragione quanti rimpiangono i vecchi tempi. E in effetti occorre riconoscere che l’operazione di Bivona, con fasi alterne, si dimostrò vincente. I “Pani” hanno fatto il giro del mondo. Alcuni esemplari si trovano in alcuni tra i musei di Parigi, Londra, Tokio. Il nome di Salemi cominciò ad essere conosciuto in Italia e all’estero. Non è affatto vero, come sosteneva Vittorio Sgarbi, che la cittadina prima di lui era solo un paese anonimo e sperduto. E’ indubbio del resto che Salemi ha tutte le carte in regole per essere un sito appetibile ad una larga fetta di viaggiatori in cerca di emozioni, di conoscenze e di sana ristorazione. Paesaggio, clima, panorami mozzafiato, patrimonio monumentale di un certo pregio, un maestoso Castello ristrutturato, un Polo museale di tutto rispetto, una Biblioteca tra le più ricche della Sicilia, una Cineteca unica nel meridione d’Italia, cibo e vini di qualità, tradizioni, una rete soddisfacente di B&B, locali gastronomici di buon livello: sono solo alcuni aspetti di un lungo elenco di doti di cui questa cittadina può vantarsi di possedere ed offrire. Lo diciamo convinti di non esagerare e di non essere spinti da ridicoli campanilismi. Ce lo hanno confermato i tanti forestieri che hanno avuta la ventura di salire su questo ameno colle. Su questo argomento tutti i sindaci avvicendatisi negli ultimi trenta anni, hanno sempre posto nei loro programmi la questione del rilancio turistico della città, vedendo nella ricorrenza di San Giuseppe una sorta di volano in grado di avviare un serio e produttivo processo più complessivo. Cosa, fino a questo momento, rimasta solo una splendida aspirazione ma mai realizzata. E’ chiaro infatti che una città a vocazione turistica non può assolutamente contare solo su una settimana dedicata ad una ricorrenza e rimanere inerte per i rimanenti 360 giorni dell’anno. Come anche, per una buona riuscita delle “Cene”, non può affidarsi all’improvvisazione. Ad eccezione dei primi anni infatti, negli ultimi tempi è venuta a mancare la continuità di programmazione. Lo spontaneismo non ha contribuito al consolidamento della manifestazione. L’ edizione odierna ci sembra invece di volere segnare una inversione di tendenza. Sbaglieremo, ma ci è parso d’intravedere una sorta di filo rosso come legante delle diverse iniziative poste in essere. E forse, paradossalmente, è stato proprio questo il suo limite. Quando si passa rapidamente da un stadio culturale anoressico ad una specie di bulimia si può morire soffocati. E’ quanto ci pare di avere avvertito. Ci riferiamo al pauroso vuoto di presenze di ascoltatori o spettatori a tutti gli eventi allestiti. E’ inammissibile, ad esempio, che ad un concerto dei “Matrimia”, una band di alto prestigio e conosciutissima in Europa, vi assistano un gruppo sparuto di giovani. Il che la dice lunga sul conformismo soffocante di gran parte di certa nuova generazione. Stessa cosa per il convegno sul tema “Pane e ritualità nel mediterraneo” curato del Centro internazionale di Etnostoria di Palermo. Eppure, come tutte le altre manifestazioni, hanno avuto un costo. Qualcuno ha trovato l’occasione per fare improponibili paragoni con gli “affollati” incontri organizzati ai tempi di Sgarbi. Nulla di più mistificatorio. La gran parte dei partecipanti andava solo per assistere alle performace del personaggio televisivo. Ma anche perché gli ordini di scuderia erano tassativi. L’amore per la cultura era obbligatoria. Oggi, il quesito che si dovrebbe porre sul tappeto è come garantire una continuità alla “Festa di San Giuseppe”. Dando vita ad un Comitato permanente? Un organismo autonomo nelle scelte di gestione, ma sotto il controllo della Giunta e del Consiglio Comunale. Come a volere rimarcare che i politici, come i monaci, vanno e vengono, ma il Convento, l’Istituzione rimane. Come a volere ribadire che essa non appartiene alla politica del momento, ma all’intera Città. Quella appena conclusasi, ci sembra l’occasione per avviare una seria riflessione avulsa da sterili trionfalismi. Se di una svolta e di un rilancio si deve parlare, che per certi versi c’è stata, occorre anche valutare gli errori commessi. L’allestimento di tante iniziative ha fatto dimenticare forse che occorreva anche pubblicizzarle adeguatamente. Spesso ci siamo sentiti dire dalla gente da noi interrogata di esserne all’oscuro. Eppure per la pubblicità il Comune si era affidata alla società “Feedback” di Palermo a cui avrebbe dovuto provvedere attraverso comunicati stampa e social network per un importo di 2.440 euro. Evidentemente qualcosa non ha funzionato per il verso giusto. Evidentemente non tutti frequentano Facebook e Twitter. Si racconta anche di manifesti non affissi e rimasti negli scaffali. Le solite malelingue di turno?
Ci sembra doveroso, infine, ricordare che rimarrà aperta fino al 3 aprile, la mostra d’arte contemporanea “Ritualità, tradizione e contemporaneità del pane” al Castello Normanno Svevo con opere di Mario Schifano, Pietro Consagra e Gianbecchina (aperta tutti i giorni eccetto lunedì, (ore 10-13 e 16-19). Si potrà ammirare, tra le altre, “Il campo di pane” di Mario Schifano, dedicata al ciclo della vita; Passaggio oscuro di Krzysztof Bednarski che racconta il pane come elemento di tutto il popolo del Mediterraneo; La Pisata di Gianbecchina, proveniente dall’archivio Gianbecchina di Sambuca di Sicilia; Albarello, due vasi con elementi che richiamano il pane di Pietro Consagra; le fotografie di Mimmo Jodice, provenienti dalla collezione della Biblioteca comunale di Salemi, e una selezione di scatti di Leonardo Timpone relativi alla festività di San Giuseppe a Salemi. Il tutto curato dall’Associazione Artemisia.
Avevamo chiesto all’assessore Giuseppe Maiorana di illustraci un consuntivo finale della manifestazione, come è normale che si faccia e si è sempre fatto in tutte le latitudini. Dopo averci manifestato la sua disponibilità, dopo qualche ora ci è stato detto che avremmo ricevuto un comunicato stampa ufficiale. Siamo ancora in attesa.
Ciro Franco Lo Re