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27/03/2015 02:25:00

Dalla promozione del Marsala a Calciopoli. Due sentenze così diverse...

 Nell’arco di poco più di una settimana abbiamo preso atto di due sentenze assai diverse in ambiti anch’essi estremamente lontani. Ciò non toglie che possiamo parlarne in contemporanea.
La prima ci riguarda da vicino ed è quella che, sul campo palermitano di Partanna Mondello, due domeniche addietro, ha consacrato il successo nel Girone A del campionato di Eccellenza siciliana del Marsala e la sua promozione in Serie D divenuta matematicamente certa con tre turni di anticipo rispetto alla fine del campionato. Poi c’è stata la festa, contro la squadra-cuscinetto del Monreale ed i tifosi in delirio. Il più è fatto, hanno detto in molti. E invece niente di più sbagliato. Il difficile comincia adesso. E chiama in causa i vertici della società.
Il traguardo della promozione è stato raggiunto con l’avvento di Luigi Vinci – chiamato da Matteo Gerardi -, con la delega da parte di Vinci allo stesso Gerardi della gestione tecnica della società e con la chiamata di Rosario Pergolizzi sulla panchina della squadra. Tutti e tre, nel ruolo specificio, hanno dato il massimo. Vinci contagiando l’ambiente col suo entusiasmo e assicurando le risorse economiche per far giocare la squadra nella massima serenità; Gerardi tenendo i contatti diretti fra la società, il tecnico e la squadra, Pergolizzi dando ad una formazione già forte quella concretezza e quella convinzione indispensabili per mettere in atto una marcia che dal suo arrivo non ha conosciuto sconfitta. Un Marsala imbattuto così a lungo non si vedeva da tempi immemorabili (sono passati venti anni da quel ‘94/95 in cui il Marsala era rimasto imbattuto per 26 gare consecutive, nel Campionato Nazionale Dilettanti, ottenendo la promozione in Serie C2).
Ora comincia il difficile. Perché riconfermarsi in qualsiasi sport e sempre più difficile che raggiungere un obbiettivo. Ed ora il Marsala –se vuol centrare gli obbiettivi che Luigi Vinci si è prefisso quando si è assunto l’onere di guidare la società – deve mantenere la rotta e le promesse della vigilia.
Per riuscirci è necessario che il terzetto non si rompa. I momenti difficili ci sono stati, è inutile negarlo. Ma finora sono stati superati col buon senso. Ora però i motivi di attrito vanno rimossi. Non basta più oleare gli ingraggi che cigolano: se c’è un po’ di ruggine va eliminata. La famosa questione del passaggio delle quote va risolta con buon senso e senza rancori né ripocche. La serie D non è più un gioco, è un torneo serio, importante, difficile. Vinci si deve rendere conto che l’esperienza di Matteo Gerardi è fondamentale; Matteo Gerardi sa benissimo che senza le risorse di Vinci la barca rischia di andare a fondo. E tutti e due si devono rendere conto che la professionalità di Pergolizzi va assecondata, così come Pergolizzi, conquistato dalla piazza, si deve render conto – ma penso che lo sappia già, che non l’ha mai meswso in dubbio – che a Marsala non c’è il petrolio, anche se ci sono risorse che possono assicurare un torneo d’avanguardia. Deve metterci lui che tocco in più che rende vincente la squadra. Bisogna mettere in piedi un progetto ambizioso ma consapevole. Che consenta di puntare in alto senza staccare mai i piedi da terra.
L’altra sentenza è quella che ha pronunciato lunedì sera la cassazione, dichiarando prescritti i reati di Moggi, Giraudo, Mazzini e Pairetto, condannando De Santis, ed assolvendo infine Bertini e Dattilo. Lascia perplessi il fatto che <l’associazione per delinquere> sussista fra Moggi e Giraudo (che facevano parte entrambi della Juventus), Mazzini (vicepresidente della Figc) ed i soli Pairetto e De Santis (con cui la Juventus collezionò una serie di risultati negativi) mentre non coinvolga nessuno degli arbitri in attività (Bertini e Dattilo sono stati assolti perché il fatto non sussiste). Non dimentichiamo che pur essendo stata sgradevole la storia delle <sim estere>, non è stato provato che alcuna partita della Juventus sia stata soggetta a manipolazione. Ed allora quale scopo ha raggiunto questa associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva visto che nessun risultato è risultato aggiustato e nessun arbitro è stato provato che abbia influito su partite da lui dirette?
Leggeremo presto le motivazioni della sentenza, ma questo verdetto sembra provenire più da una interpretazione del <sentimento popolare> che non dalla presenza di prove provate di manipolazione di qualche risultato. E che offre ad Andrea Agnelli, nella sua corsa alla restituzione degli scudetti revocati e al risarcimento da parte della FIGC, qualche appiglio non insignificante.

Salvatore Lo Presti