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05/03/2015 06:55:00

Sicilia, terra dei nuovi schiavi: quanti braccianti in condizioni di povertà. Ecco i dati

 Sono sempre di più i braccianti che vivono in condizioni di povertà. Negli ultimi anni il numero degli stessi è aumentato ed oggi i lavoratori e le lavoratrici esposte al lavoro nero o grigio in agricoltura sono circa 400.000, di cui circa 100.000 sottoposti a condizioni di sfruttamento e di caporalato, nella fattispecie inteso come variante odierna di un fenomeno criminale già noto in passato.
Ad affrontare l’argomento è la rivista “A Sud’Europa” del 23 febbraio scorso, rivista diretta del Centro Studi Pio La Torre.
L’identikit del lavoratore disposto a prestare i propri servizi in nero a condizioni ben al di sotto dei requisiti minimi corrisponde a quello dell’immigrato straniero, prevalentemente di origine africana o proveniente dall’Est Europa. Tuttavia, non può sottacersi che, soprattutto con l’incalzare della crisi economica attuale, sono aumentati anche i cittadini italiani, spesso operai o impiegati che hanno perso il lavoro, che si vedono costretti ad accettare condizioni che non rispettano nessun tipo di standard.
I settori maggiormente influenzati dalla presenza del cosiddetto “lavoro sommerso” sono l’agricoltura, il settore delle costruzioni, i servizi domestici.
Ricordando scene di un passato quanto mai vicino, i lavoratori in cerca di un’occupazione giornaliera si ritrovano in spazi pubblici, in attesa che qualcuno (un nuovo caporale) li scelga come manodopera nei campi.
Di essi c’è chi guadagna 20 euro per 12 ore di lavoro sotto il sole, l’equivalente di 1,60 € l’ora; altri, invece, ne guadagnano 1,90€ l’ora per lavorare di notte.
La difficoltà di trovare un impiego dopo un licenziamento o a causa di mancanza di qualifiche oppure l’impossibilità di svolgere altri lavori in assenza dei permessi necessari per un soggiorno regolare costringono sia cittadini italiani che immigrati stranieri a vivere in condizioni che rasentano la schiavitù in quanto alienanti e offensive nei confronti di un diritto soltanto teoricamente inalienabile.
In media, infatti, un lavoratore che si trova ad operare in uno stato del genere guadagna meno del 50% di quanto dovrebbe essere garantito per legge. Impossibile per vivere in maniera dignitosa, il minimo per poter tirare avanti.
Il lavoro sommerso segue pertanto i cicli dell’agricoltura: in base alla stagione sarà richiesto un certo tipo di manodopera e le mansioni varieranno di conseguenza. Si tratta, dunque, anche di un lavoro stagionale che rischia di creare un circolo vizioso di subalternità e illegalità da cui diventa impossibile uscire.
Lo sfruttamento di manodopera è ovviamente reato. In presenza di prove, chi lo pone in essere rischia una pena che va dai 5 agli 8 anni, oltre che il pagamento di una somma pari a 2.000 € per ogni lavoratore in nero impiegato.
Per questo, diverse sono state le strade percorse per arginare un problema in continuo dilagare: dalla possibilità di ottenere il permesso di soggiorno per chi denuncia un datore di lavoro che sfrutta i propri dipendenti attraverso l’uso di intimidazioni o violenze, fino alla possibile creazione di etichette ad hoc che certifichino quali aziende non siano implicate in attività illecite del genere.
Va ricordato, , che il settore agricolo (proprio quello in cui vi è la maggior presenza di lavoratori in nero) risulta essere uno di quelli che garantiscono maggiori introiti alle mafie. Nessun comparto agricolo può esserne immune. Le agromafie, così come si suole denominarle, controllano un business che frutta milioni di euro. Fino al 2012 si raggiungevano i 12,5 milioni di Euro, cifre che negli ultimi tempi hanno raggiunto i quasi 14 milioni di Euro. Un mercato redditizio da non lasciarsi scappare.
In provincia di Trapani, nelle 146 ispezioni effettuate durante il 2014 presso le varie aziende del territorio (27 delle quali agricole) sono stati trovati 115 lavoratori in nero, di cui 80 nell’agricoltura (29 erano extracomunitari).
I numeri, piuttosto indicativi, testimoniano una ramificazione della presenza del lavoro sommerso che non risparmia nessun settore ma che è maggiormente concentrata, come detto, nel comparto agricolo (tra cui spicca la viticoltura).
A tal proposito, Giacometta Giacalone, segretario Flai Cgil della provincia di Trapani, scrive: “E’ assolutamente necessario un rafforzamento dell’attività degli Ispettorati del lavoro presenti sul territorio, mediante l’ abbandono di un approccio formalistico e generalizzato, ma piuttosto una concentrazione di interventi che ponga l’attenzione sulle violazioni sostanziali delle norme contrattuali, della sicurezza sul lavoro, delle disposizioni di legge , anche attraverso controlli incrociati con l’Inps e l’Inail, e una maggiore mobilità degli ispettori, rendendoli capaci di essere sempre più presenti soprattutto nei luoghi dove si consuma il dramma di persone sfruttate perché deboli ed impotenti”.

Giovanni Marco Maggio