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24/02/2015 22:12:00

Scoperto traffico di reperti archeologici dalla Sicilia al Nord Italia. E alcuni falsi...

 Un vasto traffico di reperti archeologici tra la Sicilia ed il Nord Italia, messo in piedi da un’organizzazione criminale che aveva la sua base in provincia di Caltanissetta e che si sarebbe anche occupata di realizzare alcuni falsi per venderli come opere autentiche, è stato scoperto dai carabinieri. Sedici le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta ribattezzata “Demetra”, accusate a vario titolo di associazione a delinquere e ricettazione.

I componenti dell’organizzazione si occupavano di trafugare i reperti archeologici effettuando scavi clandestini tra le province di Caltanissetta ed Agrigento. Gli oggetti antichi di produzione greca e romana, risalenti soprattutto al IV-V secolo avanti Cristo, erano destinati ad essere venduti ad affermati collezionisti del Nord Italia che pur di avere un pezzo antico nelle loro bacheche segrete non fanno domande da dove esso provenga. Persone facoltose che avevano la possibilità di spendere cifre cospicue per assicurarsi oggetti di valore come anfore, statuette, vasi, monete e lucerne. Gli acquirenti sarebbero stati consapevoli della provenienza illecita dei beni.

Oltre mille i reperti archeologici che i Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Palermo ed i colleghi del Nucleo investigativo di Caltanissetta hanno sequestrato nel corso di perquisizioni effettuate tra Sicilia, Piemonte, Liguria e Veneto. «Parliamo di beni dal valore inestimabile - ha spiegato il procuratore Sergio Lari nel corso di una conferenza stampa - basti pensare che soltanto una delle ottocento monete ritrovate, su cui è impressa la figura dell’aquila di Akragas, potrebbe avere un valore di circa un milione di euro».

Secondo gli inquirenti, il personaggio centrale dell’inchiesta sarebbe Francesco Lucerna, 70 anni, di Riesi, piccolo centro della provincia di Caltanissetta. Oltre ad essere uno dei presunti “tombaroli” Lucerna sarebbe riuscito a mettere insieme una rete di persone che agivano nel Nord Italia le quali, a loro volta, prendevano contatti con i collezionisti interessati all’acquisto dei reperti. Quando i trafficanti non riuscivano a soddisfare pienamente le richieste dei committenti - ad esempio nei casi in cui veniva chiesto un certo numero di monete - avrebbero realizzato dei falsi per accontentarli, naturalmente spacciandoli per autentici.



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