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17/12/2014 06:35:00

In Sicilia un bimbo su quattro è povero. Ecco il rapporto di "Save the children"

 Le immagini che la parola povertà evoca, i suoi effetti sulle persone e le sue conseguenze sui bambini che la vivono in prima persona ci sembrano concetti talmente astratti ed avulsi dal nostro vissuto che inconsciamente li colleghiamo ad una realtà esterna, remota e lontana. Per molti di noi, risulta difficile rendersi conto che si tratta di realtà tangibili e quanto mai vicine alla nostra esperienza. E pensare che oggi in Sicilia quasi un bambino su quattro viva in condizioni di povertà ci sembra impossibile.

Invece, è l’ “Atlante dell’infanzia(a rischio)” pubblicato da “Save the Children” a porre l’attenzione su tematiche come questa, in molti casi sottovalutate e dimenticate.
Secondo le loro stime, sarebbero 229.000 i bambini che quotidianamente vivono sulla propria pelle l’impossibilità, da parte della loro famiglia, di accedere a quei beni e servizi considerati fondamentali per uno standard di vita accettabile: la soddisfazione del fabbisogno alimentare, le spese per l’affitto, la luce e il riscaldamento, il vestiario essenziale, i trasporti pubblici, il possesso e l’utilizzo del telefono o ancora altre spese residuali per l’igiene personale e il tempo libero.

Si è abituati, risultato fisiologico di una società improntata sui principi del successo e del guadagno, a non pensare ai più deboli. Deboli perché maggiormente assoggettati ad un ambiente esterno che esercita un’influenza determinante su di loro. Deboli perché avrebbero tutto il diritto di giocare, scoprire il mondo esterno, imparare ad usare la propria capacità immaginativa invece devono fare i conti con una realtà che ha dimenticato che, al di là di sentimentalismi e perbenismi, sono loro la base del futuro di qualsiasi società.

 

I problemi della Sicilia
In Sicilia il contesto è reso più grave da ritardi molto seri in materia di educazione e formazione. Le carenze strutturali del sistema educativo italiano si aggiungono alla presenza di strutture fatiscenti e sovente inagibili, alla totale assenza di spazi per praticare sport, di materiale di supporto e aule adeguate per incontri o assemblee. Come conseguenza di ciò, siamo i primi, su scala nazionale, per percentuale di alunni che lasciano anticipatamente la scuola: quasi il 26% degli studenti, infatti, non termina il proprio ciclo di studi. Una percentuale altissima se paragonata a quella degli altri paesi. Risulta chiaro, tuttavia, che ciò non dipenda esclusivamente da fattori esterni ma anche e soprattutto da elementi quali la situazione economica della famiglia, oltre che la predisposizione individuale allo studio ed il ruolo dei genitori nel processo formativo del bambino. A riprova di ciò, basti pensare che il 66,1% dei ragazzi siciliani in età scolastica non ha letto neppure un libro nel corso dell’ultimo anno, il 78,5% non ha visitato siti archeologici o monumenti e l’87,8% non ha assistito ad un concerto.

Sono numeri preoccupanti, che fanno riflettere su un contesto sociale che non stimola anzi reprime la naturale propensione dei bambini verso tutto ciò che è sconosciuto, ignoto, diverso. E’ ovvio che la crisi economica abbia giocato un ruolo fondamentale, ma non si tratta dell’unico elemento determinante.
Spesso, gli spazi della città si trasformano in luoghi senza via d’uscita, senza possibilità di aggregazione, periferici rispetto al centro e conseguentemente alienanti. Veri e propri circuiti chiusi in cui si vedono sempre le stesse persone, si impara a pensare in un certo modo, a vivere in un certo modo.
Mancano gli spazi per poter stare all’aperto: soltanto il 12 % dei bambini ha la possibilità di accedere a parchi e campi da gioco, mentre il resto di essi deve accontentarsi del proprio appartamento.
La scarsità di luoghi di gioco è il risultato di uno sviluppo urbanistico che ha inevitabilmente seguito il ritmo della crescita economica della città stessa, preoccupandosi poco del resto.
Il termine segregazione abitativa può sembrare forte ma è esemplificativo di una regione in cui soltanto il 32,5% dei bambini afferma di praticare sport regolarmente mentre quasi il 40% non lo pratica affatto.
Inoltre, le stime affermano che circa il 77% dei bambini non viaggia con la propria famiglia. I bambini, pertanto, non hanno mai visto un luogo diverso dal proprio quartiere, al massimo della propria città. E’ il periodo di crisi economica ad implicare il taglio ad alcune spese ritenute superflue, tra cui i viaggi e gli svaghi appunto. Ed è altresì inevitabile che la somma di questi fattori influenzi negativamente sullo sviluppo psicofisico di un bambino.

 

Il fenomeno dei minori extracomunitari
In un contesto già così composto, un altro aspetto da tenere in considerazione e su cui concentrarsi con l’obiettivo di trovare una soluzione è quello dell’immigrazione, anche dei minori.

Nell’ultimo anno, in base ai dati del report, sono sbarcati sulle coste siciliane circa 6.700 bambini e ragazzi stranieri accompagnati dai genitori, in buona parte provenienti da un paese quale la Siria, martoriato da una guerra che va avanti da diversi anni. Contestualmente sono giunti circa altri 8.000 adolescenti in viaggio da soli, prevalentemente dall’Egitto e dell’Eritrea. In relazione a ciò, il problema sostanziale consiste nell’ assenza di strutture adibite alla prima accoglienza dei minori stranieri in arrivo. La loro situazione è ancora più delicata rispetto a chiunque altro.
 

Le conclusioni

Le conclusioni del rapporto sintetizzano quanto detto: “la scarsa istruzione, la mancanza di risorse culturali, la disconnessione rispetto al mondo circostante rappresentano forse le evidenze più gravi, componendo quella che Save the Children ha chiamato ‘povertà educativa’. Si allarga il divario di opportunità e di futuro tra i bambini in Italia, e un muro quasi insormontabile sovrasta i sogni e le aspettative di crescita di quelli che vivono nelle famiglie e nei contesti più svantaggiati. La crisi ci costringe a riconsiderare problemi che credevamo ormai alle nostre spalle, come la povertà alimentare, davanti alla quale, ancora adesso, molti

manifestano un misto di stupore e di incredulità, perché davvero non sembra possibile che un bambino possa soffrire di un grave deficit alimentare non a chilometri di distanza ma qui, in Italia, sotto i nostri occhi



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