Primi effetti dello "Sblocca Italia". Il ministero dello Sviluppo economico ha rilasciato il primo via libera a una concessione di coltivazione di idrocarburi, della durata di 20 anni nel Canale di Sicilia.
E' il progetto denominato "Off shore ibleo" di Eni e Edison. Al largo della coste delle province di Caltanissetta, Agrigento e Ragusa, tra Ragusa, Gela e Licata, per un'area di oltre 145 chilometri quadrati, via libera alla ricerca di giacimenti di gas.
Entro un anno potrebbero iniziare i lavori del progetto "Off shore ibleo" che prevedono otto pozzi, di cui due esplorativì(Centauro 1 e Gemini 1) una piattaforma e vari gasdotti.
Il sì al progetto Off shore ibleo è giunto senza considerare il parere contrario degli ambientalisti con Greanpeace in testa e dei Comuni interessati che hanno presentato ricorso al Tar del Lazio due mesi fa.
"Questa autorizzazione è un chiaro segnale che il ministero dello Sviluppo non intende prendere in alcuna considerazione la volontà del territorio, ma solo favorire gli interessi delle grandi compagnie petrolifere - afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace -. Con il nostro ricorso al Tar abbiamo mostrato che la compatibilità ambientale a questo progetto è stata concessa con valutazioni carenti e inaccettabili. Proseguire nell'iter autorizzativo è da irresponsabili. Faremo ricorso anche contro questo nuovo provvedimento e invitiamo tutti coloro che sono interessati a fermare le trivellazioni a unirsi a noi. È necessario che il territorio si mobiliti". "Nonostante le decisa opposizione dei territori interessati, il Ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato la prima concessione di coltivazione di idrocarburi nel Canale di Sicilia per un’area di oltre 145 chilometri quadrati e per una durata di vent’anni al largo della costa delle province di Caltanissetta, Agrigento e Ragusa. Si tratta della concessione G. C1-.AG, relativa al progetto “Offshore Ibleo” di ENI e EDISON, che prevede ben otto pozzi, di cui due “esplorativi”, una piattaforma e vari gasdotti, i cui lavori dovrebbero iniziare entro un anno. Lo stesso progetto contro cui - insieme a ben cinque amministrazioni comunali, ANCI Sicilia, associazioni ambientaliste, della pesca e del turismo – abbiamo fatto ricorso al TAR del Lazio meno di due mesi fa e contro cui abbiamo protestato a metà ottobre, occupando per oltre trenta ore la piattaforma Prezioso, al largo di Licata (Agrigento)".
Non la pensano così il presidente della Regione Rosario Crocetta e il leader della Fiom Maurizio Landini: "Il protocollo dell'Eni per Gela che autorizza nuove trivellazioni? Il problema è trovare il modo che questo avvenga senza mettere in discussione l'equilibrio ambientale". Difensore delle trivelle è il segretario Uil Claudio Barone: "La Sicilia non può permettersi di sprecare le proprie risorse. Se ci sono petrolio e gas, dobbiamo poterli sfruttare in condizioni di massima sicurezza e tutelando prima di tutto l'ambiente. Ma non possiamo essere - ha detto Barone l'unico Paese al mondo che rinuncia in modo preventivo a questo tipo di investimenti. Due miliardi di euro di prospezioni petrolifere e piattaforme significano lavoro per migliaia di chimici, metalmeccanici ed edili. Bisogna fare in modo che da queste attività, la Sicilia tragga le maggiori risorse possibili evitando però di bloccare gli investimenti e fare scappare gli investitori". Landini ha aggiunto: "L'Eni deve avere un piano nazionale, essendo un'azienda controllata dallo Stato non dovrebbe rispondere solo alle logiche di mercato, ma dovrebbe avere un'idea più generale che riguarda il futuro e l'ambiente. Oggi non c'è un disegno complessivo e una politica industriale complessiva".