Alcune imprese italiane si sono sentite prese in giro dopo aver partecipato alla fiera Brand Italy a Doha, evento presentato come la più grande esposizione di prodotti italiani in Medio Oriente, organizzata dall’emiro del Qatar e a cui sarebbero accorsi 30mila visitatori. Informazioni che oggi appaiono come non confermate dai fatti.
DOHA QATAR
“A me è sembrata peggio di una sagra di paese!!!! 2 Locali qatarini, non ho visto pubblicità in giro per la città, questo mi è bastato per fare 2+2!!!! Poi leggendo le cifre dei soldi spesi mi sorge qualche altro dubbio!!!!!!!!” scrive su un social network un italiano che ha partecipato alla fiera Brand Italy.
Oltre 200 aziende italiane hanno speso dai 3mila ai 30mila euro per partecipare con uno stand alla fiera durata 3 giorni a Doha, dal 10 al 12 novembre. Alcuni giornali e istituzioni italiani avevano reclamizzato l’evento associandolo all’emiro, traendo in inganno molte aziende che fino all’ultimo si sono aspettate di veder comparire il regnante qatarino. Sul sito del comune di Parma, per esempio, si legge in relazione alla fiera Brand Italy: “i membri di High Italian Quality hanno ricevuto l’invito dall’emiro del Qatar, desideroso di portare a Doha le migliori professionalità in grado di operare per i committenti locali, che adorano la ricercatezza, la qualità, il lusso italiani”.
http://www.comune.parma.it/notizie/news/COMMERCIO/2014-11-01/La-rete-di-imprese-italiane-HIQ-in-Quatar-per-Brand-Italy.aspx
DOHA QATAR
Anche vari giornali hanno associato l’emiro a questo evento, ma l’emiro Tamim bin Hamad Al Thani non ha mai avuto nulla a che fare con Brand Italy. L’organizzazione era infatti nelle mani di Ali Bin Thamer al Thani, imparentato con la famiglia reale come circa il 60% dei qatarini, ma senza alcun ruolo governativo.
I grandi assenti, a parte l’emiro, sono stati i 30mila visitatori proclamati con slancio anche sul sito di Brand Italy. Assenti prevedibili per chi conosce i numeri del Qatar, ma che hanno tratto in inganno molte imprese in cerca di clienti e poco informate sul Paese in cui andavano.
“Il Qatar è un Paese piccolo, ha una popolazione complessiva di circa 2 milioni di persone, di cui più di un milione sono operai stranieri e solo 300mila sono qatarini. Avere 30mila visitatori significa avere a una fiera il 10% della popolazione qatarina di tutto il Paese, cosa praticamente mai successa ” spiega una fonte interna alle istituzioni italiane e qatarine a Doha che preferisce mantenere l’anonimato. Oltre all’informazione ingannevole, anche l’organizzazione dell’evento non ha convinto molti partecipanti.
CROCETTA IN QATAR
“Stand ridicoli tipo mercato rionale, ad alcune aziende hanno bloccato le merci alla dogana, proprio un evento organizzato male. Io sono arrivata sulle mie forze, ma molti sono stati pagati in anticipo dalle regioni” spiega un’imprenditrice che ha partecipato a Brand Italy.
Solo la regione Sicilia, che ha portato 120 imprese sulle 240 partecipanti, ha speso 695mila euro per l’evento che non presenta il patrocinio di nessuna istituzione italiana in Qatar. Di questa cifra, 281mila euro sarebbero stati spesi per l’esecuzione dei servizi di marketing e di internazionalizzazione.
CROCETTA IN QATAR
Sulle spese sostenute dall’assessorato Turismo per la partecipazione al Brand Italy in Qatar, il Movimento 5 Stelle (M5s) ha presentato un’interrogazione parlamentare, primo firmatario Matteo Mangiacavallo. “Praticamente – afferma il deputato M5s Mangiacavallo – per soli due giorni, la Regione per avere a disposizione un’area espositiva pre-allestita e personalizzata di 250 metri quadrati con una pagina pubblicitaria sul catalogo ufficiale della manifestazione, la comunicazione via web e due hostess e/o steward bilingue arabo – italiano, spende cifre importanti ad oggi ancora non giustificate”.
DOHA QATAR - RIPRODUZIONE DELLA GALLERIA VITTORIO EMANUELE
Sul sito di Brand Italy si legge “Protagonisti dell’evento sono le Istituzioni, gli Enti e le Aziende che hanno portato lo stile italiano nel mondo facendone un marchio di successo”, ma né sul sito, né all’evento è comparso alcun simbolo delle istituzioni italiane in loco, un gesto che alcuni hanno interpretato come un modo per le Istituzioni italiane di prendere le distanze, ma che l’ambasciatore italiano a Doha spiega così:
“Per fortuna i rapporti tra Italia e Qatar sono così buoni da permettere a privati italiani di organizzarsi insieme a privati qatarini. L’ambasciata ha dato il nulla osta richiesto dalle autorità qatarine per permettere lo svolgimento di Brand Italy, e abbiamo dato con largo anticipo alle aziende interessate la disponibilità dell’ambasciata e dell’ICE, ma il patrocinio non si dà a nuovi operatori non sapendo che prodotto sarebbe uscito” spiega l’ambasciatore italiano a Doha, Guido De Sanctis.
MUSEO DI ARTE ISLAMICA A DOHA
Sorge spontaneo il dubbio di come ingenti quantità di soldi pubblici siano stati stanziati per un’iniziativa organizzata da un privato in cui le istituzioni italiane in loco non compaiono minimamente. Sul sito di Brand Italy infatti si legge che l’evento è organizzato da una società, la L.I. for Exhibition con sede a Doha, costituita per il 51% dallo sceicco Ali Bin Thamer al Thani e per il restante 49% da soci italiani. Ma chi sono questi “soci italiani”? Tra i capofila troviamo Lunetto Group, una S.r.l. con sede a Palermo, in Sicilia, la regione che più ha finanziato l’evento.
CROCETTA IN QATAR
Nonostante gli aspetti più o meno chiari dell’organizzazione di questa fiera, quello che alle imprese italiane in fondo interessa sapere è se in questi eventi si concludano affari o meno. Ne è positivamente convinto il presidente della regione Sicilia, Rosario Crocetta, che ha partecipato alla fiera a Doha con la consulenza di Sami Ben Abdelaali, già esponente della dittatura tunisina di Ben Alì, console in Sicilia in rappresentanza del regime, e oggi esperto per l’internazionalizzazione della Regione Sicilia.
“All’evento hanno partecipato 240 aziende, di cui 120 erano siciliane. Hanno concluso tanti contratti, basti pensare che la “Piacere italiano” ne ha firmati 24” ha dichiarato Crocetta. Per capire meglio abbiamo chiesto a un avvocato di uno studio legale internazionale con presenza regionale nel Golfo, con un portfolio vasto di aziende italiane ed europee che investono in Qatar e di gruppi qatarini che investono in Italia.
ALI BIN THAMER AL THANI
“Dalle testimonianze raccolte alla fiera non si è concluso quasi nulla. Gli unici accordi che sembrano essere stati conclusi riguardano un nuovo centro commerciale ancora in costruzione, Al Emadi, che affitta spazi per l’apertura di negozi. Avendo analizzato il modello di business che Al Emadi propone, mi pare che le condizioni che offre siano vessatorie, probabilmente non sostenibili da aziende che non abbiano la possibilità di lavorare in perdita almeno per i primi due anni di start up.
Dissi ai miei assistiti che era meglio lasciare stare a quelle condizioni. Noto infine che doveva essere un centro commerciale di grandissime marche che avrebbe dovuto aprire nel 2012. Siamo al 2014 e vedo che sta ancora cercando occupanti. Inoltre in questo momento stanno aprendo altri sette centri commerciali a Doha, di cui uno a mezzo chilometro dall’Al Emadi” spiega l’avvocato, che ha qualche altro dubbio.
GUIDO DE SANCTIS CONSOLE ITALIANO A BENGASI
“Una fiera simile era stata organizzata a Doha due anni fa con strascichi giudiziari. Quando seppi che ne organizzavano un’altra mi insospettii. Vidi che non c’era nessuna strategia, molte aziende si aspettavano che venisse l’emiro. E’ indecente che la cosa non sia stata smentita da nessuno. C’erano aziende che vendevano piumini in Qatar in cui per sei mesi l’anno fa un caldo torrido, c’erano società che avevano bisogno di un socio investitore. Nessuno ha spiegato a questa gente che non si fa business in Qatar così” aggiunge.
Un po’ scoraggiati chiediamo a un imprenditore che ha partecipato alla fiera. “L’italiano che pensa di andare tre giorni a una fiera in Qatar e concludere accordi e firmare contratti si sbaglia. Con gli arabi bisogna instaurare rapporti, strutturarsi, porsi in maniera più professionale, capire il mercato e la cultura locali. Con un evento non si conclude nulla”.
TAMIM AL THANI NUOVO EMIRO DEL QATAR
Anche chi lavora all’interno di istituzioni che operano nel settore ha qualche dubbio sull’utilità di questi eventi. “In Qatar le fiere multi-settoriali non funzionano e sono piene di speculatori che attraggono aziende che non conoscono il Paese e sperano di arrivare e fare affari, ma non è in questo modo che si fa business in Qatar. Il mercato è piccolo, elitario e difficile da penetrare. Le aziende italiane devono stare attente e informarsi prima di venire, vedere chi organizza gli eventi, la posizione delle istituzioni italiane, per evitare di spendere decine di migliaia di euro a vuoto” spiega una fonte interna alle istituzioni italiane e qatarine che preferisce mantenere l’anonimato.
LA ATTUALE DOHA
Fare business nella terra dei petrodollari è difficile e il mare del Golfo Persico è pieno di squali, si sa, ma speravamo che a mordere non sarebbero stati gli italiani.
Francesca Astorri - DAGOSPIA