Il “traffico, il traffico è il vero problema di Palermo”, enfaticamente denunciava lo zio di Benigni nel famoso film. E poco importava se nel frattempo imperversava una delle tante guerre di mafia. “Il sagrato, il sagrato non si tocca!” è stato il grido d’allarme lanciato, ai primi di questo bizzarro mese di agosto, dal Partito della Rivoluzione di Salemi. Che, forte della conquista di ben due consiglieri alle ultime comunali, ha creduto di potere sindacare le scelte operate da un arciprete, ma non di porre all’attenzione questioni ben più consistenti come, ad esempio, lo stato di assoluto degrado in cui versa il Teatro del Carmine, anche questo opera di illustri architetti. Ma andiamo alla cronaca dei fatti. A scatenare l’intervento censorio è stato l’autorizzazione concessa dal prelato ai giovani della parrocchia, i quali, come ogni anno di questi tempi, organizzano alcune manifestazioni, utilizzando il sagrato dell’ex chiesa madre. Il tutto, sotto la tutela appunto di don Filippo Romano, l’unico, in quanto delegato dal Vescovo, che abbia la podestà di decidere sull’uso di questa area. Del resto, non si è trattato del primo caso. Oltre ai giovani, nel recente passato, nell’era Sgarbi, ad esempio, lo spazio era stato dato per lo svolgimento di alcune manifestazioni, anche di dubbio gusto, e, se si vuole, anche “violentato” da pesanti strutture metalliche, senza che alcuno movesse ciglio e senza che si sentisse “offesa” alcuna sensibilità per una corretta tutela del bene architettonico. Due pesi e due misure, quindi? Altri tempi e altri prelati, si dirà. Stavolta però, galeotto fu un canestro! «E' semplicemente una sconcezza”- ha tuonato subito il PdR, ergendosi a novello tutore dei beni culturali- “che può essere tollerata solo da chi non ha una minima sensibilità per la tutela del patrimonio architettonico e del suo decoro. Quei pochi turisti che oggi si vedono per Salemi, se volessero portarsi a casa un ricordo fotografico di uno dei luoghi simbolo della città, debbono dunque essere costretti a immortalare questa "installazione". Non importa cosa si è fatto in passato. Vuoi mettere lo spessore culturale del periodo di Sgarbi? E, sulla base di questo assioma, viene lanciato l’ostracismo contro il basket giuocato da innocui ragazzi sul basolato dell’ex Madrice. Prendere di mira i più deboli è uno sport duro a morire. Già. Ma in questo caso si tratta, viene ricordato, di un’opera di un architetto portoghese, di fama internazionale, che insiste su una piazza entrata in una teorica classifica "tra i 60 buoni esempi di realizzazione, progettazione e riqualificazione urbanistica al mondo". E, di conseguenza, si pretende il massimo rispetto. Poco importa, aggiungiamo noi, se per la stessa piazza, nulla è stato fatto da tutte le amministrazioni succedutesi negli anni, per evitare che si trasformasse in un indecoroso immenso posteggio a cielo aperto. Una violenza scenica che si ripete silenziosamente e quotidianamente in quel rettangolo delimitato dalle mura del Castello e dal Sagrato, oggetto dell’odierna disputa. Questione che, se non ricordiamo male, persino Toscani assessore non riuscì a risolvere e che fu uno dei motivi dei suoi litigi con il ferrarese, che invece si mise di traverso, assecondando la “mentalità” locale dominante. Ma ritorniamo al “canestro”. Di fronte alla drastica presa di posizione, le reazioni più negative te le saresti aspettate dagli altri schieramenti politici. E invece, no. Paradossalmente a prendere senza mezzi termini e pubblicamente le distanze dall’inopportuno comunicato sono stati i due unici consiglieri comunali Giuseppe Loiacono e Costantino Cipri del partito di Sgarbi. I richiami all’ordine cadono nel vuoto più assoluto. La frattura diventa insanabile. Volano gli stracci tra Loiacono e Ippolito. L’uno rinfaccia all’altro di rappresentare solo se stesso. Il “sogno”, come lo definisce l’ex capogruppo di “se stesso”, s’infrange sul sagrato di una ex chiesa in nome “della mediazione costruttiva e del dialogo, nel pieno rispetto di tutte le parti a confronto e della democrazia ed essere liberi di poter esprimere le proprie idee senza per questo sentirsi ripetutamente offesi e umiliati.” Tutte categorie, come si vede, ben lontane dall’essere la pratica quotidiana di Vittorio Sgarbi e che stranamente oggi Loiacono si duole di non avere trovato. Come pretendere che l’acqua del mare sia doce. Ma la drammaticità della vicenda, come tutte le storie salemitane, avrà l’epilogo gustoso della farsa. L’intesa apparentemente ferrea tra i due consigleri avrà il destino di durare il breve spazio di un mattino. Giusto il tempo della durata di un quotidiano. A farci capire cosa è successo ci pensa lo stesso Loiacono, quando scrive che gli pare però “di capire che il gruppo a cui appartengo non condivide il mio approccio e in particolare il consigliere Costantino Cipri che, dopo aver dimostrato in un primo momento solidarietà alle mie tesi condividendo in pieno la dichiarazione di oggi pubblicata sul gds, pare abbia improvvisamente cambiato posizione dicendosi contrario ad appoggiarle. Solo gli stupidi non cambiano idea, è vero. In questo caso però una maggiore coerenza sarebbe stata gradita, soprattutto agli occhi di chi ha riposto in noi la propria fiducia. Date queste premesse, mi vedo costretto a uscire dal Pdr.” Uscita dal partito, che sarà pianta, come scrivono ironicamente gli ex sodali da “tutti i militanti di Salemi affranti per la dolorosa dipartita dal Pdr del fu rivoluzionario consigliere Giuseppe Loiacono. Sgomenti ne ricordano l'abnegazione, il sacrificio e il sovraumano impegno con cui ha assolto in queste sue poche settimane di militanza al ruolo che, coraggiosamente, gli avevano affidato molti elettori.
Ma, come si è visto, vanno di moda gli aforismi che esaltano l’incoerenza. Più si è incoerenti e meno sciocchi si sarebbe, questo l’assunto! Con buona pace di chi per coerenza ha preferito dare anche la vita. Altri tempi e altri uomini.
All’inizio di questa nota, dicevamo dello stato di abbandono e degrado in cui versa il Teatro del Carmine. Dopo l’improvvido utilizzo da parte di Sgarbi con il coregrafico sversamento di alcuni ettolitri di vino all’interno dell struttura ( sono note le reazioni chimiche che si possono avere dal contatto di un prodotto alcolico con il materiale lapideo), la struttura non è stata più utilizzata ed è ritornata preda di erbacce, ricettacolo di rifiuti, deturpata da insulsi e infantili graffiti. Nell’area circostante vi si trovano due discariche a cielo aperto. Diverse basole di marmo sono state divelte e trafugate. Tutto l’opposto di quanto lasciava intendere il 18 luglio scorso un quotidiano del mattino, con tanto di foto ritraente due giovani volontarie, alle prese con le pulizie. Nulla di più mistificante. Sappiamo che l’opera, come la famosa statua battezzata “la Pupa”, non è stata mai amata dai salemitani, forse perché associata ad un determinato periodo politico della città e a chi l’amministrava. Ciò non autorizza tuttavia che essa venga lasciata ad un triste destino. Si tratta pur sempre di un’opera realizzata con soldi pubblici. Cioè, nostri. Quindi s’impone la massima tutela, una buona volta e per sempre, e non sporadicamente. E che essa rientri nell’elenco delle strutture da salvaguardare e manutentare. Tra l’altro, il sito sarà interessato da alcune manifestazioni previste dall’interessante programma estivo allestito dal dinamico e competente assessore alla cultura Giuseppe Maiorana. Il quale ci ha assicurato che a settembre il Teatro sarà oggetto di un intervento di ripristino, che si auspica in modo permanente.
Ciro Franco Lo Re