Che colpe ha Israele verso i palestinesi? Chi non vuole che la pace sia sancita definitivamente? E perché si nega ad Israele il diritto di difendersi? Cosa è la questione palestinese? Perché non si riesce a trovare una soluzione condivisa per entrambi gli Stati? E perché questo livore, che spesso diventa odio, non solo da parte araba, ma anche da parte di media e intellettuali progressisti, verso Israele, l’unica democrazia avanzata di quella regione? Continua il percorso di Patrizia Bilardello lungo la storia del conflitto Arabo-Israeliano.
Sono dovuti passare molti anni prima che si facessero passi avanti per la nascita dello Stato di Palestina. Il 15 novembre 1988 il Consiglio nazionale palestinese proclamava lo Stato di Palestina (con capitale Gerusalemme) e nel dicembre Arafāt riconosceva esplicitamente Israele di fronte all’Assemblea generale dell’ONU; entro la metà del 1989 lo Stato di Palestina (del quale Arafāt fu eletto presidente) era stato riconosciuto da oltre 90 nazioni. Tali sviluppi furono seguiti, fin dal 1989, da ripetute iniziative di pace.
Israele e OLP giunsero infine a un riconoscimento reciproco e firmarono a Washington (accordi di Oslo, 13 settembre 1993) una dichiarazione di principi che stabiliva che attraverso numerose tappe in un arco di tempo non superiore ai 5 anni si sarebbe dovuto giungere alla convivenza tra i due popoli in due diversi Stati, in base al principio della restituzione dei territori occupati alla rappresentanza palestinese in cambio della pace. Dei territori occupati da Israele nel 1967, la Cisgiordania e la parte orientale di Gerusalemme facevano parte del Regno di Giordania, il Sinai dell’Egitto, e Gaza era occupata dall’Egitto ma non ne faceva parte, per cui agli abitanti venne sempre rifiutata la nazionalità egiziana. Si sa che il Sinai venne integralmente restituito all’Egitto quando nel settembre 1978 venne firmato a Camp David dal Premier israeliano Begin e dal Presidente egiziano Sadat, il trattato di pace. Quanto alla Cisgiordania e a Gerusalemme Est, la Giordania non volle più trattare la loro restituzione, preferendo girare il problema alle nascenti organizzazioni palestinesi che mai, nei decenni precedenti, avevano rivendicato una sovranità su quei territori: i palestinesi della Cisgiordania erano semplicemente cittadini giordani, come lo sono tuttora i palestinesi di Giordania, vale a dire i due terzi degli abitanti il Regno hascemita.
In seguito agli accordi di Oslo del 1993, il negoziato di pace tra Israele e Organizzazione per la Liberazione della Palestina di Yasser Arafat, sembrava giunto a conclusione e a metà del 2000 Israele aveva offerto ai palestinesi il 98% della Cisgiordania e naturalmente Gaza, con la possibilità di una strada extraterritoriale che unisse la prima alla seconda, e un settore orientale di Gerusalemme.
L’offerta, avallata negli Stati Uniti dal Presidente Clinton, venne però respinta da Arafat, il quale volle aggiungere alle clausole di pace anche l’impegno d’Israele di prendersi – nel territorio d’Israele – quattro milioni e mezzo di “profughi” palestinesi, quanti cioè sembravano essere diventati secondo i calcoli dell’OLP, i discendenti di quei 415.000 del 1948. Facendo le debite proporzioni, come se si chiedesse all’Italia, di assorbire 40 - 45 milioni di immigrati nel suo territorio. Si sono susseguite guerre e trattative, uccisioni e sofferenze, non è mai cambiato nulla. Quando sembrava essere vicini a trattative finali, ecco riesplodere gli attentati, i lanci di missili, che mandavano in fumo il percorso fatto con tanta fatica.
Nel 2006 Hamas vince le elezioni in Palestina. Dopo tale vittoria, Hamas prese la guida del governo, a cui Fatah rifiutò di partecipare. Hamas quindi offrì ad Israele di prolungare di un anno la tregua allora in vigore, ma i suoi leader affermarono che non avrebbero comunque cessato di lottare per la distruzione di Israele. Stando a quanto riferito da fonti diplomatiche, gli Stati Uniti ed Israele decisero il taglio degli aiuti per cercare di destabilizzare il governo di Hamas, nella speranza che il presidente Mahmud Abbas, dopo qualche mese, potesse indire nuove elezioni e che la popolazione, stanca delle privazioni, si orientasse a votare un governo senza Hamas. I tagli previsti non prevedevano solo il blocco degli aiuti, ma anche il congelamento della consegna del denaro di dazi e tasse raccolti dagli israeliani per conto dell'autorità palestinese e l'impossibilità per i membri del governo palestinese uscito dalle elezioni di viaggiare al di fuori dei territori occupati. A giugno scoppia la battaglia di Gaza, dove Hamas attacca Fath.
Questi attacchi sia da Hamas che dal Fath costituiscono brutali assalti ai più fondamentali principi umanitari. Sarah Leah Whitson, direttrice mediorientale per Human Rights Watch, accusò entrambe le fazioni di violazioni della legge umanitaria internazionale, in alcuni casi di crimini di guerra. Le accuse includono il bersagliare e uccidere civili, le esecuzioni pubbliche di oppositori politici e prigionieri, il gettare prigionieri giù da alti edifici, il combattere in ospedali, e lo sparare da jeep contrassegnate dalla scritta "TV". Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha denunciato attacchi dentro e intorno due ospedali nella parte settentrionale della Striscia di Gaza.
Come risultato del conflitto, il territorio controllato dall'Autorità Palestinese è de facto diviso in due entità: il Governo della Striscia di Gaza, controllato da Hamas, e la Cisgiordania, governata dall'Autorità Nazionale Palestinese.
Il 18 giugno potenze internazionali fra cui l'UE, gli Stati Uniti e Israele supportarono pubblicamente la nuova amministrazione senza Hamas. L'UE e gli Stati Uniti normalizzarono il legame con l'Autorità Nazionale Palestinese e ripristinarono gli aiuti diretti. Israele riconsegnò le entrate fiscali congelate, che ammontavano a circa 800.000 dollari statunitensi, alla nuova amministrazione.
Acronimo di Harakat al Muqawama al-Islamiyya (letteralmente: Movimento di Resistenza Islamica), Hamas nel 1994 sceglie la strada del terrorismo contro gli accordi di Oslo tra Israele e l’OLP: è il periodo degli attentati suicidi sugli autobus e nei bar israeliani. Per Israele, Stati Uniti, Unione Europea, Canada e Giappone è un’organizzazione terroristica, per i suoi sostenitori un legittimo movimento di resistenza.
Considerata responsabile dei lanci di razzi che costantemente piovono su Israele, uno dei suoi successi più eclatanti è aver ottenuto da Israele il rilascio di mille prigionieri palestinesi in cambio della liberazione del soldato Gilad Shalit, nel 2011.
Dopo le primavere arabe e la destituzione del presidente egiziano Mohammed Morsi (Hamas fa parte della famiglia spirituale dei Fratelli Musulmani) l’isolamento internazionale del movimento è andato acuendosi. Da qui, anche, la decisione, lo scorso giugno, di sostenere insieme a Fatah un governo di unità nazionale guidato da Rami Hamdallah. Israele, qualche giorno fa, aveva accettato la tregua proposta dall’Egitto; Hamas, invece, l’ha rigettata perché sarebbe sembrata “una resa”, continuando a lanciare razzi su Israele. I responsabili palestinesi del rapimento e dell’uccisione dei tre ragazzini ebrei, che hanno dato il via a questa scia di sangue, possono essere fieri del loro operato; così come Hamas (il cui leader abita nel Qatar e non a Gaza), che sceglie di causare morte e sofferenza al suo popolo invece di accettare la tregua, come aveva fatto Israele. Hamas non rispetta neanche le tregue umanitarie che dovrebbero portare soccorsi ed aiuti alla sua gente, sottoposta a bombardamenti e a sofferenze per le sue scelte irresponsabili. E’ a loro che ci si dovrebbero rivolgere per avere la pace, non ad Israele che si difende dai razzi che da anni continuano a piovere sul suo territorio.
Ma perché Hamas ha cominciato a lanciare una pioggia di razzi (più di 2000 fino ad oggi) contro Israele e perché continua a farlo anche dopo che questi - grazie allo scudo antimissile Iron Dome - si sono rivelati quasi del tutto inefficaci? La semplice risposta che Hamas è un movimento terrorista e violento, che aspira alla distruzione dello Stato di Israele anche infliggendo al suo popolo un costo umano altissimo, è vera ma non spiega tutto.
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Patrizia Bilardello