di Leonardo Agate. I partiti, come li abbiamo conosciuti sempre, non esistono più. Nemmeno esistono più la destra e la sinistra. L'ultimo a illudersi che le due ali del Parlamento rappresentassero davvero qualcosa é stato Norberto Bobbio, che ne ha scritto un saggio. Ma s'illudeva che rappresentassero ancora qualcosa, oltre l'assegnazione dei posti dei deputati nel settore destro o in quello sinistro. Come tutte le cose antiche, i partiti vivono da alcuni decenni, in un partito di più, in un altro di meno, un'agonia, che é prossima al decesso. Naturalmente i satirici e gli umoristi ci hanno lavorato sopra. Così é sorta un'aneddotica di cosa é di destra e di cosa é di sinistra. Le curve ad angolo retto sarebbero allora di destra, mentre le rotonde di sinistra. E in una società in cui la presunta sinistra é arrivata al governo del Paese, le rotonde sono sorte in ogni città e in ogni comunello, pure in sovrabbondanza.
I partiti e la loro collocazione a destra o a sinistra dell'emiciclo parlamentare non rappresentano più l'ideale di quel partito e di quelle storica localizzazione. Il primo partito a fare default fu la Dc, quando cominciò a diventare un coagulo di correnti. Sorsero i basisti, i dorotei, i cristiano sociali, i morotei, gli andreottiani, i fanfaniani, e altri ancora di minor consistenza, ma tutte le correnti hanno tirato acqua al loro mulino, non più al mulino della Democrazia cristiana. L'esempio improbo fu copiato dagli altri partiti, fino ad arrivare al marasma attuale, in cui gruppi consistenti di un partito prendono le stesse posizioni di gruppi di altri partiti e trasversalmente mettono in ginocchio il governo che dovrebbe, teoricamente, avere la maggioranza nell'una e nell'altra Camera, ed invece si trova a dover fronteggiare non solo gli avversari etichettati, ma anche quelli della sua stessa parte.
In tale malaugurata situazione tutti sentono il bisogno di fare le grandi riforme. Che sono vitali, ma non possono venire alla luce per le divergenze di vedute all'interno di ogni partito. La gestazione si fa allora travagliata, con possibili danni per il nascituro, che può venire danneggiato dalla condotta riprovevole della madre. La riforma del bicameralismo, per esempio, é ritenuta da tutti impellente, perché la velocità dei mutamenti sociali ed economici impone decisioni rapide, che il passaggio delle proposte di legge da una Camera all'altra, spesso più volte, non consente di prendere. Il premier Matteo Renzi ha proposto all'inizio una buona riforma: l'abolizione del Senato, lasciando in carica gli attuali senatori fino alla naturale scadenza del mandato. Giusto, così la Corte costituzionale non avrebbe avuto nulla da dire, non vendendo intaccati i diritti acquisiti. Ma appena esposta la sua idea, ha dovuto fronteggiare quelle delle opposizioni, che per mestiere fanno l'opposizione. Ciò é normale, e non avrebbe avuto da temere se il suo partito e gli altri della maggioranza fossero compatti nel seguire il programma di chi é stato nominato capo dell'esecutivo per realizzare appunto quel programma. Invece, e qua casca l'asino, si é trovato davanti l'ostacolo anche di un nutrito gruppo del suo partito contrario all'idea di abolizione del Senato. Passi per la Camera, dove la maggioranza tiene anche con i voti contrari dei dissidenti interni, ma al Senato é un altro paio di maniche. Qua la maggioranza é risicata, e se viene a mancare una ventina di voti si fa caput. Così, allo scopo di riuscire a strappare una riforma del bicameralismo comunque sia, si rischia che venga partorito un succedaneo dell'attuale Senato, con meno poteri ma non tanto da non creare intralcio alla speditezza dei lavori parlamentari. Insomma, le proposte di legge non attraverseranno più il pantano che sta tra Montecitorio e Palazzo Madama, che verrà bonificato ma non tanto da diventare facilmente percorribile. Al posto del pantano resterà un spessa melma.