"Stava male, aveva bisogno di soldi. Stava morendo di fame". Non è un ritratto esaltante quello che Lorenzo Cimarosa, cugino di Matteo Messina Denaro, fa ai magistrati. Il "dichiarante" ha riempito pagine e pagine di verbali, raccontando quello che sa della famiglia mafiosa di Castelvetrano. Non c'è molto, in verità. La cosca mafiosa dei Messina Denaro assomiglia ad un sistema a camere separate, dove l'anello della catena difficilmente sa ruoli, compiti e funzioni del suo contatto più vicino. Ma le parole di Cimarosa sono importanti perchè comunque aprono più di uno squarcio sulla latitanza del boss, e ,soprattutto, Cimarosa ha fatto una serie di nomi di altre persone al servizio dei Messina Denaro. Nella parole di Cimarosa, innanzitutto, viene rivalutata la figura di un altro cugino del boss (e cognato di Cimarosa stesso), Giovanni Filardo: "Era quello che praticamente parlava con tutti sia a Castelvetrano che nella provincia di Trapani". Filardo, nel racconto di Cimarosa, parla in particolare un tale di Mazara, che oggi diventa uno degli uomini - chiave nella costruzione del mosaico dei Messina Denaro: si tratta di Vito Gondola, soprannominato "Coffa". Gondola, già condannato per mafia, indicato come il reggente della cosca a Mazara del Vallo, sarebbe stato in contatto con Messina Denaro. Prima di Coffa il referente era Vito Tamburello, che però fine arrestato nel 2008. Durante i lavori per la realizzazione del parco eolico "Vento di vino" di Mazara del Vallo sorge una controversia con un altro tizio, Carlo Loretta. Interviene allora "Coffa". Racconta Cimarosa: "Lui mia ha detto...dice....va bene...poi ne parlo con Matteo Messina Denaro. Il Vito Coffa me l'ha detto nel senso di minaccia, va...".
E' Vito Gondola, inoltre, che dice ad uno dei Riina che voleva incontrare Messina Denaro che l'incontro non si poteva fare.
Cimarosa racconta anche di aver ricevuto una lettera dal boss: "Non si parlava altro che di soldi...mi ha scritto: con mio nipote Francesco me la sbrigo io, non ti preoccupare. Dopo che ho finito di leggerla l'ho bruciata". La lettera viene letta a Cimarosa a casa di Patrizia Messina Denaro, che oggi torna da imputata per la nuova udienza del processo a suo carico a Marsala. Il processo è ancora nelle fasi iniziali. Con lei sono processate altre quattro persone coinvolte nell’operazione antimafia ‘’Eden’’. Nell'ultima udienza la difesa si è opposta alla richiesta dei pm della Dda Paolo Guido e Carlo Marzella di far transitare agli atti del processo le trascrizioni delle intercettazioni, telefoniche e ambientali, effettuate in fase d’indagine. Il tribunale di Marsala (presidente del collegio è Gioacchino Natoli) comunicherà la sua decisione in merito oggi, come pure quella relativa alle liste dei testimoni. Imputati, oltre alla sorella del boss, sono il nipote Francesco Guttadauro, Antonino Lo Sciuto, Vincenzo Torino e Girolama La Cascia. L’associazione mafiosa viene contestata a Francesco Guttadauro, Antonino Lo Sciuto e Patrizia Messina Denaro. A quest’ultima è contestata anche una estorsione ai danni di Girolama La Cascia (imputata per false dichiarazioni al pm) e un’altra assieme al nipote Francesco Guttadauro ai danni di Rosetta e Vincenzo Campagna. Vincenzo Torino, infine, è accusato di intestazione fittizia di beni. Anche all’ultima udienza, in aula, è stato presente un presidio di Libera capeggiato dal coordinatore provinciale Salvatore Inguì. L’associazione di don Luigi Ciotti è tra le parti civili ammesse al processo.