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18/06/2014 06:59:00

Abuso d'ufficio e molestie. Condannato anche in appello il maresciallo Lazzaro

Abuso d’ufficio, molestie telefoniche, accesso abusivo a sistema informatico e tentata minaccia sono i reati per i quali è stato condannato anche in appello il maresciallo dei carabinieri Enrico Lazzaro, che fino al 2008, sotto la reggenza di Antonino Silvio Sciuto, è stato componente della sezione di pg dell’Arma presso la locale Procura. La terza sezione della Corte d’appello di Palermo ha confermato i due anni e tre mesi di reclusione che il 15 novembre 2012 gli aveva inflitto il Tribunale di Marsala (presidente del collegio Gioacchino Natoli, giudici a latere Sara Quittino e Roberto Riggio). Il sottufficiale fu, invece, assolto dall’accusa di diffamazione. I fatti contestati risalgono al periodo maggio-giugno 2007 e sono relativi alla sua vita privata. In particolare, agli sviluppi che, secondo l’accusa, seguirono l’interruzione di un rapporto sentimentale intrattenuto con una donna, Ignazia Daniela Anselmi, che poi ha denunciato il militare. Per tentata minaccia, raccontando che questi le disse che l’avrebbe rovinata in quanto in possesso di alcune foto che la ritraevano in atteggiamenti compromettenti. Per una serie di telefonate mute e per accesso abusivo a sistema informatico, in quanto il Lazzaro sarebbe riuscito ad entrare nella posta elettronica della donna. L’abuso d’ufficio, infine, è stato contestato perché il maresciallo avrebbe svolto indagini sulla sua ex amante (impiegata al Comune di Marsala) di sua iniziativa, all’insaputa degli altri componenti della stessa squadra di pg dei carabinieri. Il Tribunale condannò Lazzaro anche al pagamento di un risarcimento danni di 25 mila euro in favore delle parti civili (20 mila per la Anselmi e 5 mila per il marito, all’epoca dei fatti fidanzato, Giovanni Zichela). Il gup Giuliana Franciosi aveva prosciolto il militare dalle molestie telefoniche e ingiurie. Poi, però, la Procura tornò alla carica per le molestie. A sostenere l’accusa, nel processo di primo grado, è stato l’attuale procuratore aggiunto di Palermo Dino Petralia, la cui richiesta di pena fu accolta dal Tribunale.
 



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