Bernardo Provenzano non è in grado di partecipare coscientemente al processo sulla trattativa Stato-mafia. Lo ha ribadito ieri il gup Piergiorgio Morosini, titolare del procedimento giudiziario che riguarda il boss la cui posizione, al momento dell'ordinanza di rinvio a giudizio degli imputati, era stata già stralciata dal processo in corso davanti alla seconda sezione della Corte d'Assise di Palermo.
Il gup si è espresso in base all'ultima perizia psichica e medica. Il procedimento a carico di Provenzano è stato rinviato al 26 prossimo ottobre per una nuova valutazione delle condizioni dell'imputato, trasferito due mesi addietro dal supercarcere di Parma a quello milanese di Opera. Secondo la perizia firmata dal primario Rosario Galati dell'ospedale San Paolo di Milano, lo stato cognitivo del paziente «è gravemente e irrimediabilmente compromesso, portatore di pluripatologie cronicizzate. Si ritiene il paziente incompatibile con il regime carcerario. L'assistenza sanitaria di cui necessita sarebbe erogabile solo in ambiente sanitario di lungodegenza».
Una conclusione che coincide con quanto richiesto da tempo dai familiari e dai legali - gli avvocati Rosalba Di Gregorio e Francesco Marasà - dell'anziano boss, per il quale il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha prorogato, lo scorso marzo, per altri due anni l'applicazione del regime di carcere duro. E questo nonostante il parere contrario delle Procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze. Le condizioni di Provenzano, malato di Parkinson, si sono aggravate nel dicembre del 2012 dopo una caduta in cella che gli provocò un ematoma al cervello. Sottoposto a un intervento nell'ospedale di Parma, non ha mai recuperato. Anzi. Angelo Provenzano, il figlio minore, lo scorso anno ha, infatti, presentato una denuncia ai carabinieri chiedendo perché mai il padre non lo avesse riconosciuto durante il colloquio in carcere.