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12/06/2014 06:44:00

Castelvetrano, fallisce il Gruppo 6 Gdo. Lo Stato non salva l'azienda di Grigoli

Davvero, è tutto finito. Non c’è soluzione per il Gruppo 6Gdo di Castelvetrano. Nessuno la vuole, l’azienda che fu di Giuseppe Grigoli, il socio di Matteo Messina Denaro. E chi la vuole offre condizioni che al Tribunale non piacciono.

E dunque, l’azienda è fallita.

Una vicenda clamorosa. Perché da un lato vede lo Stato italiano confiscare un’azienda che era gestita da mani mafiose – ma che dava occupazione a 500 persone –  portandola in sei anni al fallimento, con la perdita di centinaia di posti di lavoro. Dall’altro lato a rendere ancora più assurda la vicenda, è che lo Stato si è fatto guerra da solo. L’azienda è di proprietà dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati, che aveva presentato una richiesta di concordato al Tribunale, che è stata respinta.

Con il fallimento, finisce anche la possibilità di rinnovare per un altro la cassa integrazione per impiegati e operai della ditta e delle aziende controllate. Tutti a casa. Impiegati, operai, autisti.

Il 22 Maggio c’era stata un’assemblea dei lavoratori del gruppo ai quali era stata presentata la  soluzione dell’Agenzia dei beni confiscati che aveva fatto ben sperare:  un’offerta, da parte di un consorzio di aziende, per l’acquisto della rete vendita del Gruppo 6 Gdo, e delle aziende controllate, Stegicom e Logicom. La soluzione avrebbe garantito quanto meno l’assunzione degli impiegati facenti parte della rete vendita del polo di distribuzione alimentare. Si trattava di 300 posti di lavoro salvi su 500 in totale (compresi quelli dell’indotto). Ma è stata respinta. E ora non c’è più tempo per pensare altro.

Per salvare il gruppo 6 Gdo e i posti di lavoro, il 16 Aprile scorso si è tenuta una manifestazione popolare di protesta a Castelvetrano, ma questa, come altre iniziative, non è servita ad evitare che oggi 500 lavoratori si ritrovino senza un lavoro.

Resta soprattutto l’amarezza di una lotta alla mafia che è in un vicolo cieco. A Giuseppe Grigoli sono stati confisati beni per 700 milioni di euro. Con una tale somma, costituita da società, beni immobili, azioni, depositi, e tanto altro, il Comune di Castelvetrano potrebbe creare lavoro e sviluppo. E invece si assiste al contrario: l’impero viene volatilizzato.

Sul banco degli imputati sono in tanti. Da due mesi è in corso un procedimento – forse arrivato troppo tardi? – di revoca dell’amministratore giudiziario del gruppo, Nicola Ribolla.  A lui sono state contestate “gravissime inadempienze” e di “avere agito senza consultare i giudici” del Tribunale delle Misure di Prevenzione. Le contestazioni riguardano anche “debiti occultati”, mancata definizione dei bilanci societari, modifiche gestionali. Ribolla si è sempre difeso dicendo di aver agito con trasparenza e correttezza.

ERRANTE. Il Sindaco della città di Castelvetrano Selinunte, Avv. Felice Errante, in merito alla sentenza del Giudice del Tribunale di Marsala, che ha ritenuto inammissibile l’accordo proposto dall’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, che prevedeva la cessione del ramo di azienda, relativo ai punti vendita, del Gruppo 6GDO alla società Esse Emme Srl, dichiarandone il fallimento, è basito: “Un Sindaco non può e non deve interpretare le sentenze della magistratura, anche quando queste azzerano mesi di duro lavoro posto in essere dall’Agenzia dei beni confiscati alla mafia, di concerto con i sindacati e con le Istituzioni locali-afferma Errante- Tuttavia le stesse possono essere impugnate ove si rivelino erronei i presupposti che hanno fatto maturare nel giudicante il convincimento , cristallizzato poi nel dictum giudiziale.
Devo dare atto dell’ottimo lavoro messo in campo dall'Agenzia e dal Governo, anche nelle sue proiezioni territoriali, tendente alla risoluzione della problematica che riguarda un numero elevatissimo di lavoratori di Castelvetrano e dell’intero hinterland provinciale -continua il Sindaco- Un plauso va fatto anche ai sindacati per la competenza e la grande responsabilità dimostrata sul campo. Voglio tuttavia rendere noto ai lavoratori della gruppo 6gdo che la partita, per ciò che mi riguarda, non è assolutamente chiusa”.

I SINDACATI. Filcams Cgil, la Fisascat Cisl e la Uiltucs Uil di Trapani che hanno espresso “forte preoccupazione per un dissenso che avrà serie ripercussioni sul futuro occupazionale di circa 400 lavoratori dei punti vendita direttamente e indirettamente collegati all'azienda castelvetranese della grande distribuzione, confiscata al mafioso Giuseppe Grigoli”.
L'accordo avrebbe, infatti, consentito la ricollocazione della quasi totalità dei lavoratori con l'avvio immediato dell'attività. A essere esclusi dall'accordo era, invece, il Cedi - Centro di distribuzione - per cui l'Agenzia dei beni sequestrati e confiscati stava valutando un percorso alternativo.
Tra le motivazioni del decreto il giudice ha contestato alcuni vizi di forma che inficerebbero la valenza del concordato preventivo.
Inoltre, il giudice ha ritenuto carente la solvibilità della subentrante Esse Emme, società che riunisce tre aziende e che opera nel settore da diversi anni.
Per i segretari della Filcams Cgil Anselmo Gandolfo, della Fisascat Cisl Franco Lo Sciuto e della Uiltucs Uil Mario D'Angelo “il decreto pone un freno a quella che sembrava essere la soluzione per la ricollocazione dei lavoratori”.
“Auspichiamo – hanno detto i tre segretari - che questa non sarà una delle tante occasione mancate a fronte di numerose aziende confiscate alla mafia ma, successivamente, dichiarate fallite. Crediamo – hanno concluso - che ci siano ancora le condizioni affinché il Gruppo 6 Gdo possa diventare l'esempio di un'azienda confiscata e ricollocata sul mercato”.

SEL. "Il fallimento del gruppo 6GDO, l’azienda che fu di Giuseppe Grigoli, socio di Matteo Messina Denaro, segna la morte lavorativa di 500 impiegati. Ma soprattutto, segna il fallimento dello Stato, che l'aveva acquisita in seno all'Agenzia Nazionale dei beni confiscati. La vicenda evidenzia tutta la criticità della legislazione sulle misure di prevenzione e della gestione dei patrimoni confiscati ai boss: è urgente che alcuni aspetti di legge vadano modificati, come quelli delle professionalità degli amministratori giudiziari, come già proposto da Claudio Fava, Vice Presidente della Commissione Antimafia. Assicurare un futuro ad una azienda confiscata è una sfida concreta alla lotta alla cultura mafiosa stessa: se la gestione dei beni confiscati e' fallimentare, la Mafia accresce il suo consenso. Questa e' una battaglia che spetta alla politica la quale deve, da un lato, sostenere il lavoro dei magistrati e, dall'altro, impegnarsi perche' questa lotta non sia vana, sia con la modifica della L. La Torre, sia con una vigilanza ferrea degli organi territoriali competenti".
E' quanto scrivono in una nota congiunta Massimo Candela, Coordinamento Reg. SEL Sicilia, Valentina Colli, Assemblea Nazionale SEL

 

PAMELA ORRU'. “L’intesa – ha evidenziato la senatrice del Pd intervenendo a Palazzo Madama - prevedeva la cessione del ramo di azienda, relativo ai punti vendita del Gruppo 6GDO, ad una società. L’accordo avrebbe consentito la ricollocazione della quasi totalità dei 400 lavoratori dei punti vendita direttamente e indirettamente collegati all’azienda castelvetranese della grande distribuzione con l’avvio immediato dell’attività”.

"La senatrice Orrù, facendosi portavoce della preoccupazione dei lavoratori e dei sindacati, ha chiesto l’interveto del Governo per “trovare strade alternative”, chiamando in causa il Ministero dell’Interno e tornando a sollecitare una risposta alla sua interrogazione presentata nei mesi scorsi sulla vertenza del Gruppo 6 GDO, augurandosi che “esistano ancora le condizioni affinché il Gruppo possa diventare l’esempio di un’azienda confiscata e ricollocata sul mercato”.

“Non possiamo permettere – ha rimarcato la senatrice Orrù - che passi il messaggio che un'azienda con lavoratori venga chiusa per fallimento e si perda occupazione quando, una volta sottratta alla mafia, passa tra i beni confiscati gestiti dall'agenzia preposta”.
 



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