La differenza? E' tutta nella comparazione di due episodi di oggi e di ieri. Oggi, alcuni giorni fa é avvenuto che un ragazzo ha avuto sequestrato dall'insegnante un telefonino, perché durante la lezione si dilettava a guardare scene hard. Il ragazzo ha riferito a casa. L'indomani mattina la madre si é presentata a scuola, accompagnata dall'avvocato per chiedere conto e ragione del provvedimento dell'insegnante. Ha sostenuto che le scene guardate dal figlio non erano poi così ardite, perché la donna portava il perizoma.
La notizia, così nuda e cruda, trasmessa dall'ANSA, mi ha lasciato perplesso, e mi ha richiamato alla mente un episodio di quando andavo al Liceo. Una mattina degli anni Sessanta, essendo stato proclamato uno sciopero dai Sindacati, non ricordo per quale motivo, noi studenti liceali abbiamo ritenuto opportuno non oltrepassare il portone della scuola, e stare là davanti e lungo tutta la via Eliodoro Lombardi in segno di solidarietà con la categoria di lavoratori che scioperava. Ci si avviava al '68, e c'era nell'aria come un desiderio di cambiare il Paese, che investiva anche i giovani. Anzi fra i giovani avrebbe avuto più successo, fino ad arrivare, sull'onda proveniente dalla Francia, al '68 italiano, e ai vari movimenti di liberazione della donna, di liberazione di tutti dal gioco della società ingessata. Poi, quelle speranze e quei movimenti libertari si fecero più duri, e meno puri, e la Repubblica si avviò tristemente sulla via delle stragi e del terrorismo.
Non é che noi studenti, quella mattina in via Eliodoro Lombardi, fossimo soltanto spinti dalla solidarietà verso i lavoratori in sciopero. Era pure dentro il nostro animo la voglia di utilizzare quella scusa per non chiuderci tutta la mattina dentro le aule scolastiche. Cominciava dentro di noi che crescevamo quel comportamento tutto italiano di dire di voler fare una cosa, con l'interna volontà di farne un'altra. E che é la piaga, tra le più difficili da curare, della popolazione del nostro Paese.
Il professore di lettere, Nino Giacalone, in quel periodo anche preside ad interim, vedendo che era l'ora di entrata e noi non salivamo, scese le scale e, uscito dal portone, informato dai più vicini delle nostre intenzioni, prese me che stavo là vicino per l'orecchio, proprio per l'orecchio, e mi trascinò su a fare il mio dovere. L'esempio brutale lasciò sbigottiti i compagni, che dopo pochi minuti salirono in massa le scale e raggiunsero le loro aule.
Il professore scrisse un biglietto a mio padre, e quando glielo feci leggere, mio padre mi rimproverò. L'indomani mattina si recò dal professore, e chiese scusa a lui, per se stesso e per me.
Altri tempi e altri genitori! Noi studenti non facevamo altro che quello che tutti gli studenti del mondo amano ogni tanto fare: marinare la scuola. Ma il contesto era diverso da com'é ora. Il professore rappresentava l'autorità, che poteva permettersi di strattonare un alunno per fini nobili. E mio padre rappresentava il galantomismo che riconosce le ragioni dell'autorità, per un vivere civile e ordinato. Se un comportamento simile a quello del professore Giacalone avvenisse oggi, apriti cielo! Probabilmente ne sorgerebbe un processo a carico dell'insegnante, nel quale i genitori si costituirebbero parte civile. E sarebbero guai amari per il professore. E' cambiata la società, per certi aspetti in peggio. Il crollo del principio di autorità, in tutti i campi, fa apparire i gruppi di italiani come può apparire una tribù di beduini, in cui la spunta chi grida di più e intimorisce di più.
Leonardo Agate