200 li hanno salvati. 14 li hanno già recuperati cadavere. Ma altri 200 sono dispersi, probabilmente già in fondo al mare. E' l'ennesima strage di migranti si compie a 40 miglia dalle coste della Libia, a pochi giorni di distanza da un altro naufragio costato la vita a una quarantina di persone partite dalle coste orientali del Paese nordafricano.
Cosa stia accadendo nel Canale di Sicilia lo racconteranno nelle prossime ore i migranti che si sono salvati: quel che è certo è che il barcone è affondato. E non è affatto escluso che si possa esser verificato quel che il direttore dell'Immigrazione del Viminale Giovanni Pinto aveva riferito poco meno di dieci giorni fa al Parlamento: dalla Libia, disse citando informazioni d'intelligence, partono sempre più spesso imbarcazioni fatiscenti perché i trafficanti di morte sanno che le navi italiane vanno a prendere i migranti fin quasi al limite delle acque territoriali libiche.
Nella zona del naufragio sono stati immediatamente dirottati alcuni mercantili, che hanno soccorso i primi naufraghi e recuperato i cadaveri, oltre a due motovedette della Guardia Costiera, una della Guardia di Finanza e le navi Sirio e Grecale della Marina Militare.
E non si muore solo in mare. Anche il Sahara ha fatto una nuova strage di clandestini, fermandoli a poche centinaia di chilometri dalla loro meta: la città di Tamanrasset, nell'Algeria meridionale, destinazione di migliaia di profughi provenienti dai poverissimi e travagliati Paesi dell'Africa centrale. Una quindicina di cadaveri di clandestini nigerini sono stati trovati dalle forze di sicurezza algerine in pieno deserto, ad una ventina di chilometri da In-Guezzam. Ma, per la stampa locale, il bilancio della tragica traversata dell'oceano di sabbia sarebbe molto più pesante.
MOGAVERO. «Per i trafficanti il mercato clandestino dei migranti é una miniera d’oro. Oggi piangiamo le vittime dell’ennesimo dramma consumato nel mare Mediterraneo dove i primi numeri diffusi ci ricordano la tragedia dell’ottobre del 2013». Lo dice il Vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, dopo aver appreso i primi particolari del barcone affondato a sud di Lampedusa e del quale sono in corso le operazioni di salvataggio dei superstiti. Monsignor Mogavero – che della Conferenza Episcopale Siciliana è il prelato delegato alle migrazioni – soltanto pochi giorni fa era intervenuto presso l’Università di Palermo, nell’ambito del II ciclo di letture e riletture sulla Sicilia e sul Meridione promosso dal professor Salvatore Costantino, per la presentazione del libro “Confessioni di un trafficante di uomini” di Andrea Di Nicola e Giampaolo Musumeci. Mogavero, proprio in quell’occasione alla presenza del Rettore dell’Ateneo palermitano Roberto La Galla, ha suggerito una proposta: «Assistiamo impotenti agli sbarchi e alle tragedie, perché, allora, non dare la possibilità ai migranti di pagarsi un biglietto di viaggio e consentire loro l’ingresso nel nostro Paese tramite un sistema regolato con permessi temporanei?». Mogavero ha ribadito, altresì, che «nel campo delle migrazioni non è ammessa neutralità. Dobbiamo tentare una lettura culturale del fenomeno, meno che mai una lettura politica. I flussi migratori? Sono movimenti di massa che non si riescono a fermare neanche con le leggi – ha detto ancora Mogavero – se qualcuno pensa che con l’operazione costosa “Mare Nostrum” riesce a frenare gli sbarchi sulle nostre coste, si è fatto i conti sbagliati». Mogavero, ha fatto, altresì, accenno ai tempi lunghissimi per il riconoscimento dello status ai richiedenti asilo: «Sono necessarie più commissioni territoriali per i colloqui per ridurre le lunghe attese dei migranti. Così per come stanno le cose, se i migranti non vengono impegnati in attività dei centri d’accoglienza, li abituiamo all’ozio».