Oggi è il ventesimo anniversario di quel tragico primo maggio 1994 a Imola in cui Ayrton Senna perse la vita dopo il terribile schianto al Tamburello. Sì, sono già passati vent’anni dall’incredibile volo di Rubens Barrichello con la sua Jordan, e per fortuna rimasto vivo per miracolo. Vent’anni dalla morte del povero Roland Ratzenberger, avvenuta il 30 aprile durante le prove. L’austriaco era al suo primo anno in F1, lui che debuttò nella massima formula a 34 anni. L’ultimo arrivato nel circus, e la stessa età del campione, del primo, della stella della F1, Ayrton Senna. La fine di Ratzenberger in pista doveva suggerire lo stop per quel GP, invece che far continuare in nome dello spettacolo e degli affari. Ma nulla, nonostante gli incidenti, la morte in pista e le monoposto che mostravano gravi carenze in termini di sicurezza dopo il cambio regolamentare che aveva abolito le sospensioni attive e le aveva rese molto più nervose. Le cifre in ballo erano tante, gli sponsor esigenti, i diritti televisivi altrettanto. E allora, nulla, lo show doveva andare avanti. Mi chiedo come mai perfino la magistratura non bloccò il GP. A distanza di molti anni era l’unica cosa ragionevole e umana da fare. Purtroppo la F1 era già entrata nella sua dimensione poco umana.
Ma con i se e con i ma non si va mai da nessuna parte. Doveva andare così, dove finire così per l’austriaco e per il brasiliano. Roland e Ayrton, due carriere diametralmente opposte, con il primo che si era appena affacciato al mondo dei Gran Premi. Dopo tanta gavetta tra Gran Bretagna, Germania e soprattutto Giappone. Tante gare in tutte le categorie: dalla F3 ai campionato turismo, fino alla Formula Nippon e alle gare di durata. Nei primi anni oltre a correre si “prepara” da solo le auto, negli ultimi riesce a correre e ben figurare nella prestigiosa 24 ore di Le Mans. Dopo 14 anni e 186 gare, con 33 vittorie e 54 podi, alla fine della stagione 1993 arriva una grande occasione: la Formula 1. Roland ci era già andato vicino nel 1991 con la nascita Team Jordan, ma nel 1994 l'aiuto economico della sua manager gli consente di essere ingaggiato per le prime 5 gare dalla scuderia Simtek-Ford, alla prima esperienza in F1. Un sogno che però dura 53 giorni. Quanti ne passano tra il primo GP in Brasile e quel maledetto sabato 30 aprile a Imola. In mezzo un piccolo momento di gloria, datato 17 aprile. Con Roland che arriva 11° nel GP del Pacifico, corso nel "suo" Giappone. Poi solo la tragedia. Di un ragazzo che amava correre.
Ayrton, invece, aveva debuttato in F1 nel 1984 e già aveva raggiunto il massimo, vincendo tre titoli mondiali, con 41 vittorie e 65 pole. I ricordi in pista sono tanti. Si era già fatto notare da sconosciuto sin dall’anno del suo esordio con la Toleman. A Montecarlo sotto il diluvio si era sbarazzato di tutti gli avversari, ne mancava solo uno, quello che diverrà il suo amico-rivale, Alain Prost, ma la direzione gara, decise di interrompere la corsa e bloccare Senna che ormai era ad una passo dalla vittoria. Poi la Lotus, con i primi trionfi e l’esplosione con la Mclaren e il duello con Prost. Senna, il migliore in prova, non mollava mai in gara ed era il mago della pioggia. E sotto la pioggia di Donington 1993, con un Mclaren inferiore alle vetture della concorrenza, disputò la più bella gara di tutta la carriera dove superò tutti i suoi avversari, tra cui Hill, Schumacher e Prost. Per chi seguiva la F1, Senna era la F1 stessa. Roland e Ayrton, accomunati dalla stessa passione per le corse, con risultati diversi, ma uniti da uno stesso tragico destino. Quel primo maggio è indelebile non solo per chi ama le corse automobilistiche, ma per il mondo intero che amava il campione venuto da San Paolo. Senna l’immortale, il campione triste veniva definito in alcuni reportage, ma Senna non era triste, era un uomo con una personalità unica, ricco di un misticismo che nel Brasile della povertà e della ricchezza non può fare a meno del rapporto con la fede e con Dio, per trovare il giusto equilibrio nella vita.
La sua fede fu una grande risorsa per se e per le persone che gli stavano vicino, e pur nella sua riservatezza, riusciva a comunicarla in maniera naturale, come quando disse in un’intevista di aver visto Dio, quando, ancora a bordo della sua monoposto stava per vincere il suo primo titolo di campione del mondo. E fu quella stessa fede che lo portò a raggiungere gli obiettivi che sin da piccolo si era prefissato. Senna grande uomo prima che grande pilota, e la sua umanità verso gli altri non è finita con la sua morte, ma ha continuato a fare opere di bene grazie alla Fondazione Ayrton Senna, il più importante Ente Privato per l'assistenza all'infanzia del mondo intero. Un'istituzione senza scopo di lucro mantenuta dalle royalties derivanti dall'utilizzo dei marchi Senna, Senninha e dall'immagine di Ayrton concesse dalla famiglia Senna alla Fondazione.
A vent’anni dalla sua nascita, avvenuta nel 1994 pochi mesi prima dalla tragica morte del campione sul circuito di Imola, la Fondazione Ayrton Senna è cresciuta molto e ha sviluppato programmi di aiuto per più di 4 milioni di giovani brasiliani e del mondo. Questi programmi riguardano l'alimentazione, la salute, l'educazione, la crescita professionale, lo sport, la cultura e sono stati messi a punto per dare a bambini e teenager un'opportunità e un inizio di una nuova vita. Sono tante le parole spese in questi giorni su Ratzenberger e Senna, a noi piace ricordarli così, con la loro semplicità, determinazione e la loro straordinaria e infinita passione per le corse.
Carlo Antonio Rallo