Alle battute finali il processo sull’omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno. Ieri al tribunale di Trapani c’è stata l’arringa dei difensori di uno dei due imputati, il boss Vincenzo Virga, accusato di essere il mandante dell’omicidio avvenuto a Lenzi la sera del 26 settembre 1988. L’altro imputato è il killer Vito Mazzara, accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio.
Ieri in aula una lunghissima udienza con le arringhe degli avvocati di Virga, Vezzadini e Ingrassia.
Nei loro interventi i due legali hanno puntato a smontare le prove messe in campo dall’accusa nel corso del processo, dalle perizie alle testimonianze.
“Giudici popolari, voi non siete chiamati a risolvere il caso Rostagno. Avete il compito di stabilire la colpevolezza o la non colpevolezza degli imputati". Ha detto Vezzadini chiudendo la sua arringa in cui aveva elencato tutta una serie di presunte contraddizioni emerse durante il dibattimento in merito alle perizie balistiche definite “scheletriche” e “lacunose”. Il legale si è concentrato poi anche sulla perizia genetica, contestata dai consulenti di parte. “Non dovete esprimervi in termini di probabilità, l’articolo 533 non ve lo consente” ha ancora detto ai giudici popolari l’avvocato di Virga, che ha concluso così la sua arringa: “Forse erano in molti a volere morto Rostagno, ma non il mio assistito”. Poi è stato il turno dell’avvocato Ingrassia che ha puntato sul movente dell’accusa a Virga. “Ma se Rostagno dava così fastidio a Mariano Agate, perchè non si processava lui anzichè Virga? Conosco un movente migliore delle trasmissioni televisive che potevano dare fastidio a Cosa nostra e questo movente é il denaro, non denaro nome di persona ma denaro inteso come soldi" ha riferito in aula Ingrassia. L’avvocato di Virga ha puntato sui rapporti all’interno della comunità Saman per smantellare la pista mafiosa. “Francesco Cardella aveva trovato modo di fare denaro, tramite amicizie con Craxi e Martelli. Attraverso la legge Jervolino- Vassalli ci sarebbero stati soldi a pioggia verso le comunitá di recupero per tossicodipendenti”. Per Ingrassia in sostanza non si sarebbe trattato di killer “ma di banda di disperati”. Il legale ha concluso invitando la corte a giudicare con "buon senso".
Durante l’udienza precedente le parti civili avevano concluso le proprie motivazioni. Per Giuseppe Crescimanno, legale dell’Ordine dei giornalisti, “la pista vera è quella mafiosa, le altre sono inconsistenti”. A proposito dell’ipotesi che portava a Lotta Continua il legale ha evidenziato che Rostagno aveva scelto come suo avvocato Giuliano Pisapia, “difensore di altri ingagati” per il delitto del commissario Luigi Calabresi, questo per provare che non aveva alcuna intenzione di accusare i suoi compagni.
L’avvocato Francesco Greco, legale dell’Associazione siciliana della stampa, ha detto che la mafia “non ha mai esitato a ostacolare il cammino di chi ha lavorato da cronista per cambiare le sorti del territorio”. Anche per l’avvocato della Regione, Stevano Vivacqua, la pista è quella mafiosa ed esclude qualsiasi coinvolgimento nel delitto di persone vicine a Rostagno.L’avvocato Enza Rando, dell’associazione Saman ha ricordato il contesto trapanese degli anni ottanta in cui operava Rostagno: “Si è voluto zittire una voce libera. E il consiglio comunale di Trapani non interruppe neanche i lavori per commemorare Rostagno, non era successo niente”.
La prossima udienza sarà domani, alle 9.30, per l’arringa finale dei difensori dell’altro imputato Vito Mazzara.