Da inizio anno sono scesi da 3.032 a 2.335, ma il loro numero, probabilmente, è destinato a diminuire ulteriormente. Stiamo parlando dell'esercito degli ex Pip, che da alcune settimane viene passato al vaglio per determinare se tutti abbiano i requisiti per percepire il sussidio mensile da 832 euro.
L'assessorato regionale al Lavoro ha pubblicato online l'elenco provvisorio di chi ha passato la verifica, ma l'esame da parte dei funzionari preposti sta continuando: quindi non è escluso che saltino fuori nuovi "bocciati". Di certo, con questa prima sforbiciata di 697 nomi, l'erario regionale risparmierà circa 7 milioni di euro l'anno (sugli oltre 30 che servono per i sussidi all'intero bacino).
Tanti i motivi alla base dell'esclusione dei singoli nominativi: si va dai precari deceduti a quelli con reddito troppo elevato, fino alla perdita dei requisiti morali e di buona condotta per reati (gravi) commessi durante l'erogazione del beneficio. Quindi, via chi si è macchiato di associazione mafiosa, rapina, abusi sessuali, rapina, detenzione di armi, spaccio di droga.
L'operazione pulizia partì qualche mese fa, quando la Giunta regionale prorogò per tutto il 2014 l'attività degli ex Pip, traendo le somme dai fondi Pac e modificando la Finanziaria 2013 che ne prevedeva la cessazione il 31 dicembre scorso.
I soldi arrivarono, ma con una limitazione: infatti, a inizio gennaio il gruppo all'Ars del Movimento 5 Stelle riuscì a far approvare un emendamento (alla norma che prorogava i sussidi) che imponeva un tetto di 20mila euro di reddito Isee per potere accedere alla ripartizione delle somme. Inoltre, veniva prevista la cancellazione dall'elenco ufficiale degli ex Pip di tutti i soggetti che rifiutassero le proposte lavorative fatte dall'amministrazione regionale.
Il deputato Ars del Ncd, Giuseppe Milazzo, definì la norma "ammazza-Pip" e in una nota accusò i colleghi pentastellati di essere «irresponsabili e demagogici». La replica del capogruppo M5S all'Ars, Giancarlo Cancelleri, fu questa: «Il tetto Isee di 20mila euro è alto, chi lo supera probabilmente non ha i requisiti per potere essere considerato a basso reddito; probabilmente questo dà fastidio a qualcuno».
Di lì a poco iniziò la verifica che portò all'esclusione dei primi 86 precari "benestanti", compreso uno che poteva contare su beni per oltre un milione di euro. Un atto, la circolare firmata dal dirigente generale dell'assessorato regionale al Lavoro, Anna Rosa Corsello, che scatenò le ire dei diretti interessati, che protestarono sotto Palazzo dei Normanni chiedendo il reintegro, difendendosi dalle accuse («siamo stati usati») e giustificando quei redditi anormali.
Per molti di loro la spiegazione era da cercare nel fatto che oltre 60 di quegli 86 erano donne sposate e, a causa della comunione dei beni, venivano "arricchite" dai compensi maturati dai consorti.
Nella questione entrò a gamba tesa anche Mimmo Russo, leader storico dei precari di "Emergenza Palermo", nonché marito di una delle persone escluse. Una parentela sottolineata dal presidente Rosario Crocetta, che portò il consigliere comunale di Palermo ad affermare che «se il governatore pensa che io faccia tutto questo per interesse personale, allora lo sfido. Sono pronto a presentare la lettera di dimissioni di mia moglie se lui riammetterà gli altri lavoratori esclusi ingiustamente».
A sostegno degli ex Pip tolti dall'elenco si espresse anche il deputato regionale del Pd, Antonello Cracolici: «Non è accettabile che per restare nel bacino dei lavoratori Pip sia considerato il reddito familiare e non quello personale del lavoratore. Chiederò al governo di modificare immediatamente questo provvedimento».
Ma questo non è il capitolo peggiore capitato nella vicenda Pip negli ultimi mesi, dato che appena pochi giorni dopo la prima tornata di esclusioni, furono cancellati altri 26 precari. Stavolta, però, la causa non era il reddito elevato (nessuno superava la soglia imposta), ma l'aver commesso reati gravi.
Nessuna motivazione ufficiale, ma anche in questo caso fioccarono le proteste, sempre da parte di Mimmo Russo che parlò di «un provvedimento assurdo e inutilmente giustizialista. Molti di loro non hanno subìto condanne definitive e altri hanno comunque pagato il loro debito nei confronti della giustizia. Questo bacino di precariato è nato anche per dare una via d'uscita a chi in passato ha commesso degli errori: è normale che negli elenchi ci siano persone con questi problemi».
Nel frattempo, arrivò alle cronache nazionali il caso clamoroso del precario arrestato a Palermo mentre stava per commettere una rapina e il governatore Crocetta, che aveva incaricato l'assessorato al Lavoro di vagliare le posizioni di tutti i 3.032 ex Pip, affermò che «questa vicenda fa capire su cosa abbiamo messo le mani e sul lavoro che stiamo compiendo. Tutto questo è stato tollerato per anni, a causa dell'assenza di controlli. Una situazione inaudita e spaventosa».
Il resto è storia recente, e probabilmente non è ancora stato scritto l'ultimo capitolo.