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09/04/2014 18:39:00

Mafia, parla l’altro figlio di don Vito ”A casa venivano boss e carabinieri"

 “Dopo l’omicidio di Salvo Lima, mio padre iniziò a preoccuparsi per la sua incolumità. Diceva sempre: siamo tutti in pericolo. Era molto dispiaciuto e mi disse soltanto: spero che Salvo non abbia sofferto”.  Queste le parole di Giovanni Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo,Vito, deponendo a Caltanissetta al processo Borsellino quater.

Si è avvalso invece della facoltà di non rispondere un altro teste: l’ex funzionario del Sisde, Lorenzo Narracci.

“A casa nostra – ha affermato Ciancimino – negli anni Novanta, quando arrestarono mio padre, venne anche il capitano De Donno. Spesso mio fratello Massimo parlava del capitano De Donno e del colonnello Mori. Proprio da Massimo ho appreso che i due ufficiali dei carabinieri sarebbero dovuti andare a Roma per incontrare mio padre. Quando chiesi spiegazioni, mio padre mi disse che non erano cose che mi riguardavano”. Alla domanda se conoscesse il “signor Franco”, il misterioso agente dei servizi segreti indicato dal suo fratello Massimo.

“Quando capii di cosa si trattava – ha riferito ancora il teste – litigammo in maniera furiosa. Io, aggiunse mio padre, in questo modo risolvo i miei problemi giudiziari. Mio fratello Massimo fece di tutto per farci riappacificare ma io ero molto ostile perché sin da subito compresi che questa cose sarebbe stata foriera di altri guai”.

Giovanni Ciancimino ha detto di averne sentito parlare, molto recentemente, all’incirca negli ultimi quattro – cinque anni dal fratello. “A causa di questo signor Franco – ha sottolineato il teste – abbiamo anche subito una perquisizione a casa”. Ciancimino ha anche riferito che il padre non gli ha mai detto che facesse parte di una loggia massonica.

Giovanni Ciancimino ha anche parlato di un altro incontro avuto con il padre a Palermo, nei pressi dell’Addaura, subito dopo la morte del giudice Paolo Borsellino: “In quell’occasione mi disse se era possibile, visto che io sono un avvocato, procedere alla revisione del maxiprocesso. Mi disse anche che la trattativa stava andando avanti e che erano state presentate delle richieste a questi personaggi altolocati”.

Secondo Ciancimino, durante quel colloquio il padre tirò fuori un foglio di carta dov’erano scritte delle cose, lo aprì e poi lo richiuse.“Sempre quelle persone, gli avrebbero chiesto di chiedere il passaporto. Ma lui -ha spiegato Ciancimino- era già stato condannato a dieci anni di reclusione”.