"La repressione contro l'ala militare di Cosa nostra è stata fatta, grazie anche a leggi severe, ma oggi che molti boss sono in carcere serve un passo in avanti per recidere i rapporti tra mafia e politica. Non possiamo più accettare un regime normativo che non sanziona adeguatamente i reati contro la pubblica amministrazione, dalla corruzione alla turbative d'asta negli appalti pubblici. E bisogna rivedere un regime della prescrizione che porta a una sostanziale impunità". Lo ha detto il magistrato Antonino Di Matteo, sostituto procuratore della Repubblica di Palermo titolare dell'inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia, nella giornata conclusiva del festival "Noicontrolemafie 2014", organizzato a Reggio Emilia. "E' questo - secondo Di Matteo - lo scatto in avanti che dobbiamo compiere, perché è proprio attraverso questi reati che la mafia riesce a penetrare la politica. Dobbiamo cominciare a pensare che lotta alla mafia e alla corruzione sono due facce della stessa medaglia, non possiamo più accettare due velocità diverse". "Dobbiamo renderci conto che ogni volta che lo Stato o parte delle istituzioni hanno cercato il dialogo con i mafiosi - ha proseguito Di Matteo - si è enormemente rafforzato il prestigio e la potenza mafiosa. Perché dialogare con la mafia significa riconoscerla come interlocutrice, aumentarne il potere verso i cittadini e gli strumenti di ricatto verso le istituzioni stesse".