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06/04/2014 07:00:00

In memoria di Don Andrea Parrinello: il racconto di Giuseppe Marino

Siamo agli sgoccioli di questo nostro lungo capitolo dedicato al ricordo settimanale di Don Andrea Parrinello, il grande personaggio sportivo che dal dopoguerra fino agli anni 70 ha rappresentato il principale punto di riferimento per tutti i giovani marsalesi che si sono avvicinati al mondo del calcio creando un vivaio di giovani calciatori che si sono affermati sia nei tornei giovanili che in molte squadre dilettanti e professioniste. Il nuovo racconto, in forma di intervista, che pubblichiamo oggi fa parte di quella lunga serie di testimonianze che ci ha fornito il comitato nato appositamente e formato da Salvatore Lo Grasso, Emanuele Parisi, Totuccio Cardinale e Rino Bonomo. In attesa degli ultimi prossimi racconti domenicali, e delle altre iniziativa di diversa natura che verranno messe in campo sempre in memoria di Andrea Parrinello, eccovi, anche per questa domenica, un nuovo episodio: quello di Giuseppe Marino.
Episodio raccontato da Giuseppe Marino nato a Marsala il 15.07.1938. Ha giocato nell’Olimpia dal 1963 al 1972.

Chi, come me, è venuto al mondo durante gli anni in cui si svolgeva la seconda guerra mondiale o comunque intorno al 1945/46 oggi, ricorderà certamente quanto poco confortevole sia stato il periodo vissuto durante la sua adolescenza. Quale abissale differenza esista, se paragonato a quello che attualmente, nonostante la crisi, vivono i loro nipoti o in genere i  giovanetti di quest’epoca.  Ricordo perfettamente i pochi giochi che si praticavano  per le strade dei diversi  quartieri della città. Non erano istruttivi  né   formativi  né pedagogici come quelli dei tempi attuali. Erano pure poco fantasiosi. Infatti, consistevano prevalentemente nel disputare  gare di corsa per conquistare il diritto di essere riconosciuto il  più veloce, oppure esibendosi in  faticose lotte individuali da fare invidia ai ragazzi della via Pal. A proposito delle dispute  fra  ragazzi,  mi piacerebbe tanto scoprire quante persone  oggi si ricordano delle volgari gare di lanci di sassi che avvenivano  fra bande di ragazzi di diversi rioni  della stessa città alle quali io, avendone letteralmente terrore, vergognosamente mi sottraevo. Fortunatamente intorno agli anni  quaranta e cinquanta, come in tutta l’Europa, anche a Marsala si è diffuso il gioco del calcio. Lo sport che, giorno dopo giorno, ha conquistato e appassionato migliaia  di giovani e  anziani diventando in breve tempo il gioco più bello del modo. Noi ragazzini lo giocavamo ovunque ci fosse uno spazio libero o addirittura per le strade, adoperando non necessariamente una palla ma qualsiasi oggetto che la fantasia ce  lo faceva immaginare tale. I barattoli vuoti per esempio andavano benissimo.  Era l’ano 1952, cominciavano a nascere  circoli sportivi nei vari rioni della città e  a disputarsi campionati di calcio giovanili organizzati dalla FIGC. La mia famiglia all’epoca abitava nei pressi della Via Trapani, proprio dove oggi esiste la rotonda che separa la via Trapani con la Via Dante Alighieri (ex via Circonvallazione dello stadio). L’area intorno a quella zona, ancora adesso dai più anziani,  viene  chiamata “Cannata”. E’ proprio con l’Associazione sportiva  Cannata che ho disputato,  giocando come portiere, il primo campionato giovanile. Ricordo con  gran piacere il Sig. Jenna Giuseppe (purtroppo da qualche tempo deceduto) faceva l’ortolano come lavoro, ma trovava sempre tempo per soddisfare la sua grande passione per il gioco del calcio improvvisandosi preparatore atletico  e allenatore. La presidenza della squadra era stata assegnata a un altro personaggio altrettanto appassionato del gioco, era il Sig. Giambattista Mattarella. Nell’anno 1956, o forse nel 57, ho giocato con un’altra squadra La Proletaria. Naturalmente sempre come portiere nel cui ruolo avevo già preso parecchia confidenza ed esperienza. Nel 1958 /59 ho giocato in terza categoria con la squadra TRICOLORE.  Quando sono tornato dal servizio militare di leva era già la fine del 1962, all’inizio del nuovo anno sono stato contattato personalmente dai “ Maestri” Vincenzo Pellegrino e Andrea Chirco, anche loro grandi appassionati di calcio, i quali mi hanno proposto di giocare, in terza categoria, con la grande squadra dell’Olimpia del Sig. Andrea Parrinello.  Ho accettato immediatamente e con grandissimo entusiasmo. Ero consapevole che mi era stata offerta una grande opportunità, quell’occasione bisognava assolutamente non lasciarsela sfuggire e dimostrare, a me stesso per primo, di esserne degno.  Dopo tutto avevo soltanto ventiquattro anni  e, soprattutto,  ancora tanta voglia e  buona volontà. Ho iniziato la preparazione con tutto l’impegno possibile, non mancavo mai agli allenamenti, mettevo in pratica alla lettera i suggerimenti che Don Andrea sapientemente mi dava, il rapporto con i compagni di squadra era perfetto. Non ho avuto alcun dubbio, la differenza tra l’Olimpia e le altre squadre giovanili esisteva davvero! Non era la fortuna, né la compiacenza degli arbitri, né qualsiasi altra ragione a far sì che l’Olimpia per così tanto tempo fosse stata il numero uno. Qualsiasi giocatore, titolare o meno, entrando a fa parte di questa squadra si considerava egli stesso membro utile, magari importante, di una stessa famiglia. Mai indispensabile!   Questa la vera autentica forza  dell’Olimpia che dal 1949 al 1970-71 ha regnato incontrastata nella città di Marsala. Chi l’artefice, l’inventore, il coordinatore se non Andrea Parrinello?  Lui e Soltanto lui! Quando finiva di assolvere    compiti di direzione insaccava i panni di chi gli ordini, anche i più umili,  li eseguiva. Insomma Don Andrea Parrinello era l’Alfa e l’Omega dell’Olimpia.” Dentro l’area di rigore il padrone assoluto devi essere tu” così mi diceva sempre. Quell’esortazione mi trasmetteva una sicurezza indescrivibile. Poi rivolgendosi ad un altro gli diceva “Leone mi raccomando con tre calci il pallone deve arrivare nell’area avversaria” Non dimenticava mai di ripetere che le partite, siano esse di calcio  giocate  dentro lo stadio,ovvero a muso a muso contro le difficoltà quotidiane che la vita inevitabilmente ci costringe a giocare,  si possono vincere soltanto se si ha la convinzione di far parte di una  squadra  unita e compatta. Secondo me  oltre allenatore e educatore quell’uomo era anche uno psicologo. Quando era possibile premiava i ragazzi con poche centinaia di lire ma con l’incondizionata pretesa che quei soldi  servissero per un buon bicchiere di latte o una fetta di carne. Sono sicuro che il ricordo di Don Andrea sia rimasto ben custodito nel cuore di tutti i suoi ragazzi  e che la  notizia della sua morte, avvenuta il 22 Gennaio 1975, abbia provocato tanta tristezza a tutti quelli lo hanno conosciuto.

 

Marsala, lì 06.01.2014

 

                   Marino Giuseppe.




Infomedica | 2024-11-09 11:19:00
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