Nel 34° anniversario dell’assassinio di Mons. Oscar Romero, ucciso il 24 marzo del 1980 dall’oligarchia imperialista e militare di quel tempo, martire e profeta della Chiesa Latino Americana, un marsalese, padre Enzo Amato partecipa alla celebrazione dell’anniversario e si reca alla sua tomba. Ecco cosa ci scrive:
Più di 54 persone di 20 nazionalità ci siamo recati dal Guatemala, partecipanti del corso di formazione Paf nel Cefas dei Gesuiti, al Salvador, precisamente nella sua capitale San Salvador, per partecipare al 34° anniversario dell’uccisione infame di Mons. Oscar Romero. Oggi è per tutti noi San Oscar Romero, profeta e martire della giustizia in America Latina, nessuno può dubitare di questo, anche se ancora per tramite burocratico e per paura ... la Chiesa di Roma non lo riconosce. Speriamo che sia per poco, perché Mons. Romero è patrimonio dell’umanità intera e non solo della Chiesa Cattolica.
Il Salvador ha vissuto una guerra che è durata dal 1980 al 1992 con migliaia di morti, la guerra in questione è quella che per 12 anni vide contrapposte le corrotte forze governative, coadiuvate e addestrate dalla CIA statunitense, ai ribelli del Fronte Farabundo Martí. Questo conflitto non si limitò ai 75 mila morti sul campo: migliaia di persone tra cui la maggior parte bambini sono scomparse senza lasciare traccia… almeno fino a ora. Non è facile comprendere e accettare questa realtà ma fa parte della storia e non possiamo che fare memoria per imparare da questi uomini e donne che hanno immolato la vita per la giustizia e la verità.
Vorrei condividere molte cose, l’emozione è così grande per poterla descrivere, i sentimenti sono così a fior di pelle che non posso non gridare "Viva Mons. Romero! viva i Martiri di America Latina! Romero sei vivo e presente nella lotta di un popolo che ancora grida liberazione. Sei uno dei nostri, gridava il popolo nella marcia della Luce!"
La sensazione che ho avuto in questi giorni è stata anzitutto una chiesa popolo, viva, presente, testimone del vangelo oggi, una chiesa profetica che sa essere motore di cambiamento e difensore dei diritti umani, specialmente dei più poveri. Una chiesa serva, una chiesa speranza dei più deboli.
I luoghi in cui abbiamo fatto memoria del sangue di tantissimi nostri fratelli, e che oggi è terra feconda di lotta per la libertà e la giustizia sono stati:
1. L’università UCA (Università Centroamericana "José Simeón Cañas" dei Gesuiti) dove il 16 novembre 1989 hanno massacrato e assassinato barbaramente 6 gesuiti e due laiche che collaboravano con i sacerdoti dall’unità d' "élite” dell’esercito salvadoregno, il sangue è ancora vivo, si toccano con mano le atrocità di chi ha voluto zittire la voce di chi era portavoce del popolo per mezzo di un centro universitario che creava e sviluppava un pensiero critico e creativo per una società nuova. Non si può credere che l’uomo arrivi ad ammazzare suo fratello con tanta atrocità solo per difendere il potere del denaro e dell’impero regnante. Qui gli spari sembrano ancora risuonare nelle orecchie e soprattutto nel cuore di chi continua quest’opera, ma anche di chi visita questi luoghi. Abbiamo celebrato la Messa in quella cappella, dove riposano i resti dei martiri gesuiti e delle laiche. Non era un puro ricordo ma un volerci unire a questi martiri in quei valori umani e profondamenti evangelici che hanno incarnato e che oggi siamo chiamati a vivere nella nostra vita in qualsiasi parte del mondo ci troviamo e condizione.
Ricordare Rutilio il grande uno dei primi sacerdoti uccisi, amico di Mons Romero che ha dato origine a una vera conversione di questo pastore che dice: “Basta” non si può continuare a guardare tanti morti e adesso il mio migliore amico, Romero comincia ad alzare la sua voce ed essere presente in tutti quei luoghi, dove la gente cercava giustizia e pace, libertà e lavoro, rispetto dei diritti umani.
2.- Entrare nella cattedrale, che era diventato il luogo dove Dio parlava al suo popolo per mezzo di Mons. Romero, quella cattedrale che la domenica era piena di gente per ascoltare la Parola di speranza e di conforto che dirigeva il Pastore Romero, anche se l’hanno voluta cambiare e abbellire (la mano di un vescovo Opus Dei, il secondo arcivescovo dopo la morte di Mons. Romero), infatti, la cattedrale era semplice e grezza, sono registrate con lettere incancellabili, le Parole dette con “autorità” di chi amava e serviva il popolo e che faceva odore delle pecore, parole dette senza paura e senza mezzi termini, la verità, anche se faceva male a chi governava.
3.- Dopo ci siamo recati alla cripta della cattedrale, dove riposa il cadavere di Mons. Romero con un … sarcofago realizzato da un italiano …. Credo che poche volte, credo l’unica volta che ho sentito un brivido così forte che sembra vibrare fortemente il mio cuore, quel luogo ha una forza così grande che credo di averla sentita solo nel momento di entrare nel Santo sepolcro a Gerusalemme, il sepolcro del Buon Pastore. Credo che Romero non avrebbe voluto questo grande sarcofago, ma la gente umile, semplice prega, piange, canta, chiede grazie, è un continuo andare e venire persone da tutto il mondo per rendere omaggio al grande della storia latinoamericana e chiedere ancora questa forza di lotta per la giustizia e impegnarsi per la verità.
4.- Dopo nel luogo dove l’hanno ucciso, mentre celebrava la messa, dopo la predica, mentre stava preparando le offerte del pane e del vino sull’altare, ma in cambio del pane e vino lui è stato la vittima per la LIBERAZIONE del popolo del Salvador. Oggi il popolo salvadoregno e direi latinoamericano vive un processo di cambiamento non ancora concluso grazie a Mons. Romero, purtroppo ancora oggi le forze del male, del denaro, dell’avarizia, del potere corrotto e istituzionale che è conformato delle multinazionali di oggi e delle mafie ufficializzate dai governi imperialisti.
Il suo appartamento era così semplice e povero, anzi i primi anni del suo servizio di arcivescovo dormiva nella sacristia di una chiesetta dell’Ospedaletto per i malati terminali che lui visitava giornalmente (dove è stato ucciso) e dopo le suore gli hanno costruito due stanzette con un piccolo bagno, dove oggi ci sono conservate gli abiti che indossava nel momento della sua uccisione, dove si vede il sangue e il foro del proiettile e altre reliquie e ricordi. Certo che i palazzi episcopali non sono il luogo teologico di una vera profezia, di un annuncio di liberazione.
Verso le 11 siamo andati a condividere realmente la vita di una comunità di base “el despertar” e ci hanno offerto la loro testimonianza di martirio e un generoso pranzo. Il 20 di gennaio si sono compiuti 35 anni dell’uccisione di Padre Octavio Ortiz e 4 giovani studenti catechisti Ángel Morales, David Caballero, Jorge A. Gómez y Roberto A. Orellana, che partecipavano a un corso di formazione della dottrina sociale cristiana per servire la popolazione povera e abbandonata nelle periferie. Descrivere questa atroce massacre dopo aver crivellato e assassinato al padre Octavio, los verdugo militare gli hanno messo un fucile alla mano e gli hanno passato di sopra la testa con il tanque la macchina mlitare come un carro armato, lasciandolo irriconoscibile, Mons. Romero in quel tempo arcivescovo non ha potuto entrare a visitare nel luogo dei fatti e nel funerale ha detto “Padre Octavio è morto con la testa e il volto distrutto a pezzi, nella funeraria hanno cercato di aggiustarlo però non ci sono riusciti. Oggi Octavio già si è trasformato perché ha offerta “su rostro” la sua faccia a Cristo”. I colpevoli ormai riconosciuti sono liberi e senza nessun castigo, di quale giustizia parliamo? Ma la comunità di base continua la sua testimonianza di fede e i giovani di oggi continuano a impegnarsi per realizzare il progetto di p. Octavio, che era il progetto di Cristo: la costruzione del Regno di Dio, Regno di pace e di giustizia. Stare in quel posto era come percepire un’energia e una forza che trasformatrice che faceva bollire il sangue nelle vene, una vera sfida per noi, ma noi cosa facciamo per i poveri ed emarginati di oggi?
Marcia della luce, un canto diceva: ma il diavolo ha sbagliato, oggi Romero è vivo e presente e l’ho visto in quei giovani e meno giovani che alle 5 del pomeriggio di sabato 22 hanno iniziato il pellegrinaggio della luce per le strade principali della capiate dove circa 5 mila persone, nella sua maggioranza giovani, hanno cantato, gridato, pregato e ascoltato la voce di Mons Romero, ancora oggi così attuale perché annunciava il Vangelo. Noi eravamo presenti in quella marcia, gioia, allegria, speranza, fratellanza, erano le sensazioni di queste tre ore di marcia che si è conclusa nella piazza centrale difronte alla cattedrale con una celebrazione dell’Eucaristia e un concerto di musica latino americana dove c’erano presenti gruppi di tutto il mondo, il concerto era una festa che è durato fino alle 5 del mattino. Qui si celebra anche la morte, perché questa morte è stata una vittoria, si celebra la resurrezione di Romero nella vita del popolo.
Grazie Romero per la tua testimonianza, grazie martiri tutti per il dono della vita, oggi si canta alla vita, alla giustizia, alla speranza non c'è tempo da perdere, oggi bisogna continuare quella missione che tanti in America Latina e nel mondo hanno intrapreso nell'abbracciare l'unico fucile che cambia la vita dei popoli che è il Vangelo. Non sono stati degli uomini che hanno fatto la storia dal potere, ma degli uomini e donne che sono passati in questo mondo facendo del bene, un bene che cresce e aumenta.
"Vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio che cessi la repressione, contro il popolo..."
Adesso tocca a noi ....
Enzo Amato