La scorsa settimana ricevo un invito a cena da parte di mio cognato. Fin qui niente di strano.
Rimango solo un po’ sorpreso, quando mi si spiega che a cena ci sarà, come ospite d'onore, un dirigente nazionale del Movimento 5 Stelle, il partito nel quale mio cognato milita.
L’intento – mi si dice - è quello di organizzare un incontro con persone che non votano il movimento. Rimango per un po’ paralizzato, ma poi penso che in fondo non c’è nulla di male. Mio cognato cucina benissimo (e gli voglio bene), e poi non ho nulla in contrario a un confronto politico con chi non la pensa come me.
Mano a mano che l’evento si avvicina, tuttavia, comincio ad avere delle perplessità e dei timori. Ho come l’impressione di essere stato messo nel sacco. In un confronto politico che sia vero non ci dovrebbe essere spazio per l’accondiscendenza. Ma come è possibile realizzare un confronto vero in una occasione conviviale?
La cucina è lo spazio della condivisione. E se il dibattito dovesse accendersi, come farò – mi chiedo – ad essere fedele alle mie idee (e anche ad animarmi, come potrebbe anche capitare) senza offendere il padrone di casa? Dovrò tacere per non accendere i toni e comportarmi come galateo comanda? Oppure dovrò parlare chiaramente, con il rischio di offendere chi mi ha ospitato e offerto da mangiare?
Come potrò, insomma, uscire da questo doppio vincolo impostomi dalla situazione?
(mentre penso a queste cose, la mia mente per alcuni attimi ritorna al periodo in cui, ragazzino di appena 15 anni, assieme a una mia amica e a sua madre, splendido animale politico, facevo i caseggiati per l'allora mio partito, il PCI – e ripenso a quante ce ne dicevano, a quante male parole ci siamo presi! Senza mai reagire, semplicemente ascoltando e ribattendo con l’unica arma che ci avevano insegnato a usare nelle sezioni: la parola e la forza del ragionamento. Ripenso poi ai caseggiati che, sempre per lo stesso partito, faceva mio padre negli anni ‘50, quando non solo si prendeva le male parole, ma anche le minacce dei mafiosi e i colpi di fucile della polizia di Scelba – ad altezza d’uomo).
Ad aumentare la mia perplessità poi c’è anche un articolo che viene pubblicato sul Fatto Quotidiano del 14 marzo 2014, dove si racconta, in anteprima, proprio della cena organizzata da mio cognato, una cena con “elettori delusi del Pd che non ne vogliono sapere di votare Grillo“ e che il dirigente pentastellato – così dice l’articolo - tenterà di convincere.
Dove sta la notizia mi chiedo? I caseggiati si sono sempre fatti. E in fondo un po’ mi piace che si ritornino a fare. Ma poi penso: vuoi vedere che la notizia sta nel fatto che qualcuno ha deciso di farla diventare notizia? Chi?
Peraltro – penso tra me e me nel leggere l'articolo – io sono un elettore, è vero, ma non sono affatto deluso dal PD, per il semplice fatto che non ho mai riposto in esso le mie speranze (né, si capisce, il mio voto!).
Errori e leggerezze dei giornalisti? Forse Grillo ha ragione quando li bacchetta?
Nonostante tutte queste premesse, comunque decido di andare. A vincere alla fine è il bene che voglio a chi mi ha invitato. Chiacchiererò con il dirigente grillino e lo ascolterò con pazienza - penso.
Arrivato sotto casa di mio cognato, attira subito la mia attenzione un’auto bianca con la scritta “RAI”, ma penso subito che sia posteggiata lì per caso. Cosa ci fanno del resto i pentastellati con la RAI? Non li hanno sempre accusati di essere servi del potere?
Non è possibile – penso – che siano lì per la cena. Del resto, è solo un caseggiato!
E invece mi sbaglio!
Arrivato a casa di mio cognato, vedo una troupe, in cucina, che riprende il dirigente grillino che fa bella mostra di sé davanti alle telecamere e che, garrulo, si lascia riprendere!
Ho un moto di fastidio e rabbia. Chiedo conto a mio cognato, che mi spiega che il dirigente gli aveva chiesto il permesso di chiamare la stampa e che lui glielo aveva accordato, a patto di riprendere solo chi non si opponesse.
A quel punto esplodo. Dico che non ho alcuna voglia di mettere la mia faccia. Non voglio avere un copione in quella sceneggiata! Il dirigente del partito che accusa i giornalisti di servilismo e che li prende a pesci in faccia che poi sfrutta gli stessi per mettere in onda il siparietto del grillismo dal volto buono che, mentre manda affanculo tutti quanti a destra e a manca, è capace anche (bontà sua!) di dialogare amabilmente con i suoi oppositori!
E dunque mi chiedo: “ma quando mio padre faceva i comizi davanti ai mafiosi in atteggiamento minaccioso e con il fucile spianato, quando mio padre fronteggiava gli spari ad altezza d’uomo della polizia di Scelba, quando faceva i caseggiati nelle campagne marsalesi con tutti i contadini che votavano scudocrociato parlando con pazienza con gli elettori più prevenuti, l’ha mai chiamata la stampa?"
E andando a tempi più recenti, quando qualche anno fa il mio amico Ottavio Navarra mi ha invitato a casa sua per tentare (senza riuscirci) di fare entrare me e altri ex compagni nel PD, ha chiamato la stampa? Alla riunione su scuola, università e ricerca che ho fatto alcuni anni fa con Alessandra Siragusa (le cui idee non mia vevano convinto neanche di una virgola, ma che mi aveva ascoltato con pazienza) c’era la RAI? Potrei andare avanti così per almeno un’altra decina di righi: la risposta sarà sempre NO.
Ed è NO perché, che il PD piaccia o no (e a me non piace per niente!), in fondo un confronto politico è un confronto, e non uno spettacolino (in streaming o in diretta TV), e un caseggiato non può mai essere una cenetta fra amici e parenti, perché il caseggiato - di norma - prevede sì il confronto e l'incontro, ma anche il conflitto. E non l’accondiscendenza.
Ecco dunque l’illuminazione.
A questo punto, la strategia del Movimento 5 Stelle mi risulta chiara. Se c’è una differenza fra loro e il PD (o Berlusconi) sta nel fatto che con loro la spettacolarizzazione della politica e la propaganda mediatica si sta semplicemente alzando di livello: hanno capito che bisogna assumere la posa di chi sputa in faccia ai giornalisti per poi chiamarli a registrare le pose stesse che assumono! Fin qui niente di nuovo?
Sì, qualcosa di nuovo c’è: il volume dell’esposizione mediatica con loro è semplicemente aumentato e si è espanso fino a diramarsi in altre regioni che i loro avversari non hanno ancora imparato ad utilizzare (lo streaming, i blog, etc.).
E tutto questo, devo dirlo, NON MI PIACE.
Non dico che non mi piace che i grillini usino i media. In fondo non c'è niente di male in tutto questo (e in fondo anche io - in questo momento - sto usando i media). Semplicemente non mi piace che ogni spazio dell'agire politico diventi necessariamente propaganda e spettacolo, non mi piace che un caseggiato si trasformi in un evento, non mi piace che ogni cosa si trasformi in un reality.
Ma torniamo a casa di mio cognato: siccome il mio istinto è quello di urlare in faccia al dirigente pentastellato le sue contraddizioni, decido di andarmene subito (le mie nonne mi spiegavano, del resto, che ad una cena non si urla, e non è bene neanche parlare di politica - adesso capisco perché). E siccome non sarebbe stato possibile mettere in scena il mio sdegno in una occasione conviviale, per liberarmi dal doppio legame in cui la situazione mi aveva cacciato, ho deciso semplicemente di scegliermi un altro spazio per parlare: questo.
Mentre scrivo, l’evento a casa di mio cognato continua (immagino, ormai, senza le telecamere). Auguro a tutti buona cena!
Se il dirigente grillino vorrà confrontarsi con me e vorrà convincermi a non votare PD, NCD o Popolo delle Libertà, non si preoccupi. Sono già convinto. Se poi vuole tentare di convincermi a votare M5S, può prendere un appuntamento con me tramite mio cognato, quando vuole: basta che non ci siano cibi e telecamere di mezzo. Da oggi in poi, però - lo devo avvertire -, sarà ancora più dura!
Pietro Li Causi