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09/03/2014 07:50:00

La farsa dell'eliminazione delle Province in Sicilia

di Leonardo Agate Di papocchio in papocchio. Con la solita retorica fine a se stessa, i big politici dell'Ars, che stanno per approvare la riforma delle Province, hanno strombazzato ai quattro venti che la Sicilia é la prima Regione ad approvare la riforma. Intanto ancora la riforma non é stata approvata. Il provvedimento definitivo andrà in aula per l'approvazione definitiva nei prossimi giorni. Con un colpo di coda, che non é inimmaginabile, l'Assemblea potrebbe negare il timbro finale. Ma l'eventualità é minima. Avremo quindi la nuova legge, che é molto diversa da quella che il presidente Crocetta aveva promesso nel suo programma elettorale. L'obbiettivo era l'eliminazione delle Province, ente dimostrato inutile e spendaccione. Un classico carrozzone alla siciliana. Ora si parla di trasformazione dell'ente in altri enti: tre città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) e altri numerosi consorzi di Comuni. Ma dovranno passare sei mesi per sapere come saranno regolate le città metropolitane, e come saranno disegnati i confini dei consorzi.

Se si voleva fare, come tutti promettevano, un risparmio di spesa, non ci sarà. E' previsto che il personale delle Province passerà ai nuovi enti. Se invece si fossero eliminate le Province, il loro personale sarebbe potuto transitare nei posti vacanti degli altri enti locali o alla Regione. Quindi, secondo la nuova legge, da questo punto di vista non ci saranno risparmi. Per dare legittimità ai nuovi enti, é stato previsto, ma solo in linea di massima, che i nuovi enti avranno competenze varie, sulla falsariga di quelle che già hanno e che espletano senza onore. Sempre fra sei mesi se ne saprà di più. I commissari straordinari, mandati nei vari enti da numerosi mesi, continueranno a fare nulla o quasi.

Le città metropolitane di Palermo, Catania e Messina diventeranno titolari di funzioni di ambito più vasto, fino a comprendere le decine di Comuni limitrofi. I nuovi consorzi di Comuni dovranno decidere loro i confini territoriali, con delibera a maggioranza qualificata dei consigli comunali e con successivo passaggio referendario. Questo ulteriore passaggio é l'incredibile abitudine a complicare tutto, che é il tratto più saliente dei politici regionali. Non basta che i consigli comunali, espressione diretta dell'elettorato, abbiano votato con maggioranza qualificata i provvedimenti, e' stato aggiunto un referendum, che é costoso e contraddittorio. Il semplice fatto che a Palazzo dei Normanni non si ritiene sufficiente l'approvazione qualificata dei consigli comunali, la dice lunga su quanta fiducia abbiano della corrispondenza ideale tra elettorato e classe eletta.

Alcune funzioni che dovranno essere assegnate alle città metropolitane e ai consorzi di Comuni potrebbero essere più efficacemente svolte dalla Regione; altre, interessanti solo pochi comuni limitrofi, potrebbero essere oggetto di accordi intercomunali. La loro sottrazione alla Regione e ai comuni é un espediente per giustificare l'esistenza dei nuovi enti

Il papocchio é fatto! Che arrivi prima delle altre Regioni non significa nulla. Anche l'istituto regionale siciliano, nato nel dopoguerra, é arrivato prima, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti.