Ancora non era insediato come presidente della Regione Siciliana, e Rosario Crocetta annunciò all’Italia che avrebbe dato vita a un governo rivoluzionario, a un laboratorio formidabile con i grillini, in grado di rivoluzionare non soltanto la sua terra, ma l’intero Paese. «Non ho annunciato proprio niente» dice Crocetta a Panorama.
«Io non sono ideologico. Sapevo di aver vinto io, senza che la mia coalizione avesse vinto. Dovevo tentare di costruire un’alleanza e il rapporto con gli eletti di Beppe Grillo si stava rivelando interessante. Tutto qui».
L’annuncio fu il 12 novembre 2012.
«Il problema è che i grillini non assumono responsabilità di governo da nessuna parte».
Il loro leader la rappresenta sul suo blog come un Pinocchio col naso lungo un metro.
«Ma no».
Ma sì.
«Ma no».
Ma sì.
«E per che cosa?».
Lo chiedo io a lei.
«Perché devono apparire così, sempre oppositori. Le assicuro che sono in grande imbarazzo ad attaccarmi».
Il giorno dopo la vittoria, lei andò in tv, a Ballarò, pensando di riscuotere facili applausi, e annunciò che si sarebbe dimezzato lo stipendio.
«L’ho fatto».
No, non l’ha fatto.
«Dissi che l’avrei fatto un anno dopo il decreto Monti perché avevo avuto difficoltà economiche in seguito alla campagna elettorale».
Ma nemmeno un anno dopo.
«Guadagno meno di un deputato regionale. Ho rinunciato a 36 mila euro l’anno di portaborse».
Lei prende 5.500 euro, più 3.500 di diaria, più 1.650 di trasporti, più 4.180 di rappresentanza, fanno 14 mila 830 euro al mese.
«Non ho nessuna indennità trasporti, macchina, aerei e scorta vengono pagati dalla regione. Consentirà che un presidente viaggi abbastanza, no?».
Fu lei a promettere che si sarebbe dimezzato lo stipendio.
«Do anche 15 mila euro al partito».
I soldi suoi li spende come vuole, presidente, e sarà certo per una buona causa, sono soldi suoi, dal momento che li prende.
«Insomma, i miei emolumenti li ho ridotti. E alla fine m’interessa solo la mia etica personale».
Forse non doveva andare in tv a promettere.
«Questa discussione è asfissiante».
Ne convengo. Forse è colpa di un clima demagogico cui anche lei si è adeguato. Veniamo agli impegni concreti?
«Finalmente».
Disse: la Fiat di Termini Imerese deve restare aperta, i finanziatori li trovo io.
«Ci sto lavorando».
Con quali prospettive?
«Non lo so».
Come, non lo sa?
«Vorrei evitare si giocasse, su queste cose. Quando dico che Termini deve restare aperta dico una cosa giusta, persino simbolica».
Simbolica?
«Significa che non accetto l’idea di uno Stato che per il Sud non fa niente. Se poi ci riesco o non ci riesco...».
Beh, conta.
«Certo che conta, ma mica dipende solo da me».
Se lei promette «i finanziatori li trovo io», consentirà che un po’ da lei dipende.
«Non tutte le battaglie si possono vincere ».
Ovvio. Ma insomma: Termini chiuderà?
«Siamo riusciti a prolungare di un anno la cassa integrazione. Non verrà a dirmi che la Fiat l’ho chiusa io, vero?».
No. Lei promise che avrebbe istituito i Trinacria bond. Dove sono?
«Ci sto lavorando. Il commissario dello Stato al momento li ha bloccati».
Perché?
«Non lo so».
Non lo sa.
«So che ogni volta che cerchiamo risorse per le imprese, finanziamenti, o qualsiasi altra cosa di utile, il commissario dello Stato interviene e blocca».
Non pare che le spese, in Sicilia, siano sempre state amministrate con oculatezza.
«Certo, al contrario. Ma noi abbiamo fatto barriera contro gli sprechi, abbiamo fatto tagli enormi».
Eppure il commissario dello Stato blocca le vostre meritorie iniziative. È sadico?
«Farlo lo fa: perché lo faccia lo ignoro».
L’Ast, la società dei trasporti regionali: organizzerà voli a basso costo per molte città del continente e per l’Europa, ha testualmente promesso. A che punto
siamo?
«Abbiamo lanciato il messaggio, ora si tratta di lavorarci. Anche se lei penserà che dovrebbero già rullare gli aerei sulle piste. La informo. Esistono dei tempi per realizzare le cose, a volte anni».
Rulleranno prima o poi, questi benedetti aerei?
«Se potremo governare, sì».
Ma ci vuole una maggioranza, invece la sua giunta perde pezzi da tutte le parti.
«Chi l’ha detto?».
Le parole dell’onorevole Davide Faraone, renziano doc, suonano così: la ricreazione è finita. Vuole le parole esatte? Sono fortine: «La cattiveria degli sciacalli è pari a quella dei
mafiosi».
«Parole in libertà. Qui in Sicilia la politica è litigiosa, con Faraone si è creato un equivoco che è stato superato».
Che equivoco?
«È un equivoco, ora le cose sono a posto».
L’Udc sta passando col centrodestra.
«Vedremo. Ma non insista a ricordarmi che non ho una giunta forte, quello lo so dall’inizio. Le elezioni le ho vinte io, non la coalizione che mi sosteneva. Sono consapevole
che si tratta contemporaneamente di una forza e di una debolezza ».
Qualcuno la sosterrà pure: se non sono i partiti sarà qualcun altro. Dicono che la magistratura palermitana la porti in palmo di mano.
«Mai usato la magistratura in chiave politica né antipolitica. Io».
Può spiegarsi meglio?
«Non ho mai detto che Andreotti era mafioso, per esempio. Ho detto: quell’ingegnere capo è mafioso. E quello che dico, lo so. Sono diverso da tanti».
Intende diverso da Leoluca Orlando?
«Ho detto da tanti».
L’assunzione dell’ex procuratore aggiuntodi Palermo Ingroia è sembrata una cambiale giunta a scadenza.
«Errore blu. L’assunzione di Ingroia è stata quella dell’uomo giusto al posto giusto».
La telematica siciliana non sapeva come cavarsela, senza Ingroia?
«La società Sicilia e servizi navigava in una truffa da 200 milioni di euro. Mi creda, Ingroia era proprio l’uomo giusto».
Cosa pensa del processo palermitano sulla trattativa Stato -mafia?
«Mi astengo. Qualcuno dice che sono stati prodotti atti giudiziariamente affrettati? Può darsi, io non giudico».
Comodo.
«Le vicende giudiziarie per me non sono oggetto di analisi politiche».
Sta forse spiegando che non ha seguito la politica italiana né quella siciliana degli ultimi vent’anni?
«Mi accontento di ripulire più che posso il governo della mia isola e i suoi meccanismi».
Un esempio di ripulitura?
«I presidi sanitari di Messina, Palermo e Catania erano campioni mondiali nel consumo di alcuni farmaci. A Messina avevano tutti l’osteoporosi, ora sono guariti. Abbiamo risparmiato 240 milioni in farmaci nel 2013 e ne risparmieremo 230 quest’anno, senza tagliare servizi. È una rivoluzione. Con l’assessore Lucia Borsellino abbiamo annullato
una gara da 160 milioni con una società internazionale di assicurazione: pagheremo 24 milioni in tre anni. Continuo? Pannoloni: da 75 milioni di spesa a 35. La Sicilia è meno incontinente d’un colpo. Abbiamo p r o s c i u g a t o l’acquitrino della formazione professionale. E lì c’entravano anche alcuni padroni del Pd».
Ecco che ci siamo.
«Ho detto alcuni padroni del Pd, non il Pd».
Nomi?
«Li ha la magistratura».
Mi spieghi una cosa: come mai siete così virtuosi, tagliate, risparmiate, ripulite, e il commissario dello Stato vi boccia 33 articoli su 40 della legge di spesa?
«Le faccio una domanda io: come mai il commissario dello Stato fino all’anno scorso non ha tagliato nulla ai governi regionali che spendevano e spandevano, ma adesso paralizza noi, che abbiamo risparmiato 2 miliardi e mezzo in un anno? Io non me lo spiego. O meglio, non voglio spiegarmelo».
Lo faccio io: i partiti locali, quelli nazionali, il governo romano e il commissario hanno organizzato un complotto contro Crocetta perché risana. E siccome sono alleati della mafia, che ci rimette, ecco che si capisce.
«Rida pure. Io so che le nostre entrate sono state considerate corrette, quella contestata è l’intera ipotesi di spesa. Dicono che ogni soldo debba andare a ricostituire il Fondo rischi. E che facciamo dei siciliani, li cancelliamo? Aboliamo la popolazione? Le diamo da mangiare il Fondo rischi?».
Abolire la popolazione, mai: ma qualche forestale su 24 mila, magari, sì.
«La sua provocazione viene a fagiolo. I forestali siciliani l’anno scorso sono costati 380 milioni. Nessuna contestazione. Quest’anno 250. Contestazione. La Regione Piemonte ha 10 miliardi di debiti. Nessuna contestazione alle previsioni di spesa. Mica si può cancellare il Piemonte, no? Ma la Sicilia di Crocetta sì. Forse qualcosa che non torna c’è, lei che dice?».
Dico niente. Sospetto che lei faccia il grillino: i partiti sono cacca, Crocetta parla col popolo, che lo ama e lo vota. Oltreché con la procura, che non lo indaga.
«Non ha di che indagare. L’onestà per me è tutto».
Si può indagare su chiunque, a prescindere dall’onestà che non mi permetterei di mettere in discussione.
«Visione orrenda delle cose, la sua».
Abolirà le province?
«Se la legge che ho presentato non verrà massacrata dall’assemblea regionale, sì».
La massacreranno?
«Che ne so?».
Di nuovo? Come, che ne sa?
«Non posso saperlo. So che l’ostilità dei partiti è grande».
Poco male. Intanto la sua legge sostituirebbe le province con tre megacarrozzoni a Catania, Messina e Palermo.
«La facciano passare, allora. Ma i gattopardi sanno che il mio modello è privo di spesa e che i Liberi consorzi tutto sarebbero, meno che roccaforti per il consenso clientelare. Ma guai a non mettere in conto che, per abolirle, è obbligatoria una modifica costituzionale».
Campa cavallo. Di cosa stiamo discutendo? Di una legge che non sa se passerà e, quand’anche passasse, sarebbe inutile senza la Grande riforma nazionale?
«Provi lei».
Io non sono capace. E posso dirle una cosa? Se nemmeno lei è capace, prenda in considerazione di ritirarsi.
«Nella sua testa bisogna fare solo le battaglie che si vincono?».
Io non faccio il governatore e non ho promesso un bel niente. Lei sì. A proposito: aveva promesso agli ecologisti di abolire il radar Muos degli americani. Traditi anche loro, ha dato il via libera.
«Resto contro il Muos; ma faccio l’amministratore, non l’ideologo. Quando una perizia fatta da competenti ha dichiarato il Muos non nocivo l’ho studiata,
l’ho accettata e dato il via. Non rovino la Sicilia pagando una multa stratosferica per bloccare un progetto che vale 100 miliardi di dollari».
Faccia una promessa sul lavoro.
«Abbiamo sbloccato 7 miliardi di fondi europei. E chiuso un accordo con 200 sindaci per la messa in opera di pannelli solari in tutta la Sicilia».
Lavoro vero?
«Verissimo».
Da quando?
«Dopo il 2015: di preciso non si può sapere».
Andrea Marcenaro - Panorama