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10/02/2014 06:20:00

Eunekian compra aeroporti in Italia. Pronto a prendersi tutto Birgi?

 Sul Foglio di qualche giorno fa è uscito un articolo sul magnate armeno - argentino Eurnekian, che sta comprando diversi aeroporti in Italia e in Grecia. La vicenda interessa il nostro territorio perchè Eurnekian con il suo gruppo ha già quote importanti dell'Airgest, la società che gestisce l'aeroporto di Trapani - Birgi.  Possiede il 39% della società, e presto, non appena la Regione venderà le sue quote, acquistate dalla Provincia di Trapani, potrebbe fare l'en plein. Ecco cosa racconta Il Foglio sull'avanzata in Italia di Eurnekian:

L’Argentina va giù, ma non a tutti gli argentini va male. Eduardo Eurnekian, ad esempio, deve espandersi nel mondo per dimostrare le sue capacità: in patria l’Amministrazione Kirchner gli pesta i piedi in tutti i modi, l’ultima volta quando lo scorso agosto gli ha impedito di comprare la banca Interfinanzas. Per la verità, pure in Italia ha avuto qualche problema: lo scorso luglio era stato infatti annunciato il suo sbarco a Linate, ma poi a dicembre la società di gestione degli aeroporti milanesi Sea ha reso noto di aver acquistato essa la stessa partecipazione di Sapam che la Corporación América, il gruppo di Eurnekian, diceva di aver già fatto propria. Intanto in gennaio la Corporación América ha comprato il 23,4 per cento della società che gestisce lo scalo di Pisa e la prossima mossa in Italia potrebbe essere Firenze.
Nel core business di Eurnekian ci sono insomma gli aeroporti, e nonostante il suo paese rischi di andare a picco, lui decolla.
E ora sta per mettere le mani a prezzi di saldo anche su 21 aeroporti greci. Il tutto ad arricchire una collezione che conta già 51 scali in sette paesi. Per questo, lo chiamano “il Signore degli aeroporti”.
In questo momento di apprensione perl’economia nazionale, i giornali argentini parlano di lui con lo stesso tono in cui da noi nei momenti bui si è parlato di Marchionne.
Ma mentre Marchionne resta infondo l’uomo di un business solo, l’81enne Eurnekian è personaggio dalla poliedricità che evoca quella del messicano Slim. Nato nel 1932 a Buenos Aires da genitori armeni, aveva in effetti iniziato dal tessile, con un’impresa di famiglia che riforniva la Puma.
Ma la fabbrichetta collassò al tempo dell’apertura economica del 1981. Invece di abbattersi, Eurnekian pensò a quali nuove attività avrebbero potuto essere lucrative col nuovo clima. Si buttò dunque sulla tv via cavo, con cui negli anni 90 fece soldi a palate. Ci fosse rimasto, sarebbe incappato nella nuova legge sui media voluta da Cristina Kirchner, ma tra 1994 e 1997 decise invece di liquidare i suoi asset tv per reinvestire tutto in un consorzio che al tempo delle privatizzazioni di Menem vinse la concessione dei 33 principali aeroporti dell’Argentina.
Da lì viene il soprannome, e anche il fulcro del business che ha poi espanso nel mondo. Italia e Grecia a parte, nel mirino ha ora scali da costruire o prendere in concessione in Cile, Paraguay, Guatemala, Colombia e Perù, ma in prospettiva punterebbe decisamente a Mediterraneo e Europa orientale. In memoria della terra dei suoi avi, nel 2001 ha anche preso in gestione il più grande aeroporto armeno: ma in Armenia si occupa anche di agrobusiness, delle poste e di una banca. Insomma, è il primo investitore straniero.
Poiché evidentemente Eurnekian deve tenere ai ricordi di famiglia, nel luogo dove stava la fabbrica di papà, poi costretta alla chiusura, ha investito nel 2012 ben 350 milioni di dollari per realizzare un’azienda di microchips: la prima realizzata a sud del Messico. E’ anche sbarcato in Brasile, la sua Corporación América si è messa nel progetto del tunnel bioceanico Aconcagua, per collegare appunto il sud del Brasile al Pacifico. Ma nel suo impero ci sono anche le infrastrutture, il vino, il biodiesel, il gas, il petrolio e due parchi eolici in Uruguay.
Aveva pensato anche allo shale gas, ma dopo che il governo argentino gli ha bloccato i macchinari per realizzare la seconda fabbrica di biodiesel, che avrebbe voluto affiancare
a quella di Santa Fe, ha deciso non rischiare. Al diavolo lo shale gas, ora è il momento della vecchia Europa e dei suoi scali. Comunque, garantisce di non avercela con la Kirchner. Interpellato sulla situazione economica argentina, è stato diplomatico: “Se dicono che dobbiamo fare tutti un sacrificio, sono disposto; ma basta con una situazione in cui in Argentina circolano cinque tipi di monete differenti”
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