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31/01/2014 21:26:00

"Fu Ciancimino a volere Mattarella morto"

 «L'esattore Nino Salvo chiese a Michele Greco "il papa" la morte del giudice Rocco Chinnici. Nino Salvo era furioso perché Chinnici stava indagando su di lui». «Dopo il segretario provinciale della Dc, Michele Reina, è toccato a Piersanti Mattarella, la buonanima dell'amico mio. Era figlio di Bernardo Mattarella, che era di Cosa nostra e pure mio amico. Fu Vito Ciancimino a volerne la morte. Era in disgrazia politica e, attraverso Bino Provenzano, trovò il consenso della Commissione di Cosa nostra. Vito Ciancimino è responsabile anche della morte di Reina che era suo socio. Poi si sono divisi. Ciancimino voleva tutti gli appalti, Reina chiedeva la sua parte. Allora Ciancimino ha insistito così tanto finché Provenzano chiese in Commissione la morte di Reina». Francesco Di Carlo, capomafia pentito di Altofonte, sa tutto della mafia e dei suoi segreti. Al processo sulla trattativa Stato-mafia, teste dell'accusa, ieri si è presentato, inaspettato, nell'aula bunker dell'Ucciardone, accompagnato da due agenti con il volto coperto. Per ore ha risposto alle domande del pm Nino Di Matteo, nascosto dietro un separé. Sarà interrogato ancora il 27 febbraio e il 6 marzo.
«Vito Ciancimino per Bino Provenzano era un dio. Totuccio Riina, invece, non lo stimava. Gli stava sullo stomaco. Una volta Ciancimino partecipò a una riunione al castello di San Nicola l'Arena, il locale che gestivo con il mio amico principe Vanni Calvello. C'erano Riina, Provenzano e un capomafia canadese, venuto perché Ciancimino aveva bisogno di un favore. Aveva fatto investimenti in Canada ed era stato truffato. Non so se recuperò i soldi, ma un certo Pozza fu trovato morto a Montreal».
«Ho saputo che i cugini Nino e Ignazio Salvo si sono rivolti ad Antonio Subranni per fare chiudere l‘indagine sulla morte di Peppino Impastato a Cinisi. Gaetano Badalamenti aveva interessato i Salvo per parlare col colonnello. Dopo poco tempo suo cugino Nino Badalamenti mi disse: "La cosa si è chiusa"».
«Il generale Vito Miceli del Sid e il generale Peppino Santovito del Sismi erano amici miei. Cosa nostra ha rapporti con tutti, altrimenti non può controllare tutto. C'è uno scambio di favori. Mentre ero in carcere in Gran Bretagna vennero a trovarmi agenti dei servizi segreti italiani. Tra loro c'era il questore Arnaldo La Barbera. Chiedevano l'aiuto di Cosa nostra. Volevano mandare via da Palermo il giudice Giovanni Falcone perché stava facendo troppi danni».