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26/01/2014 07:00:00

Don Andrea Parrinello vive nel ricordo: il racconto di Sebastiano Tumbarello

Ed eccovi, anche per questa domenica, il ricordo settimanale di Don Andrea Parrinello, il grande personaggio sportivo che dal dopoguerra fino agli anni 70 ha rappresentato il principale punto di riferimento per tutti i giovani marsalesi che si sono avvicinati al mondo del calcio creando un vivaio di giovani calciatori che si sono affermati sia nei tornei giovanili che in molte squadre dilettanti e professioniste. Il nuovo racconto ci viene fornito dal comitato nato appositamente e formato da Salvatore Lo Grasso,
Emanuele Parisi, Totuccio Cardinale e Rino Bonomo, che continua a ricordarlo con una raccolta di testimonianze che il nostro sito si è impegnato a pubblicare. Eccovi, dunque, anche per oggi, il nuovo.

Episodio raccontato da Sebastiano Tumbarello,  nato a Marsala il 06.08.1948. Ha giocato  nell’Olimpia dal 1966 al 1970.

Il giorno quindici Luglio del 2013 un mio caro amico  è venuto a  cercarmi  per pregarmi di collaborare  ad un progetto che ha lo scopo di ricordare, o meglio per  non far dimenticare, l’opera di un uomo marsalese che ha speso tutta la sua vita ad insegnare il gioco del  calcio ai giovani della nostra amata città di Marsala. La persona  a cui si riferiva   era il Sig. Andrea  Parrinello meglio conosciuto, in  tutta la città e anche in Provincia, come  Don Andrea,  scomparso quattordici anni fa  all’età di soli 66 anni. A quest’uomo, la città di Marsala, almeno quella sportiva, gli deve sicuramente della riconoscenza. Perciò ho accettato la proposta con entusiasmo. Ho chiesto al mio amico in che modo avrei potuto offrire la mia collaborazione. Fui subito accontentato! Essendo stato io uno degli ultimi discepoli di Don Andrea avrei dovuto raccontare, qualora ne avessi memoria, qualche particolare episodio che riguardava  direttamente quella persona e, se me la sentivo, esternare la mia personale opinione. Ho confermato al mio amico l’impegno che intendevo assumere, ma che prima avevo  bisogno di qualche giorno di tempo per riordinare nel miglior modo i miei ricordi. La memoria mi portò indietro, al tempo della mia adolescenza, quando ero un ragazzino di 14 anni. Frequentavo assiduamente l’Istituto Salesiano dove, insieme ad altri amici, trascorrevo serenamente e allegramente  tutti i pomeriggi. Ricordo con grande piacere quel tempo speso soltanto all’insegna della spensieratezza e consumato in ogni sorta di divertimento. C’erano un’infinità di giochi all’Oratorio:  quello delle carte, la dama, il calcio balilla, il passo volante, il tennis da tavolo, persino quello di cui non sono riuscito a sapere il suo esatto nome, noi ragazzini lo chiamavamo il pidocchio- era una sorta di gettone di plastica che bisognava pizzicare, con un apposito strumento, per farlo saltare dentro un contenitore e che a seconda del colore si guadagnavano diversi punti. Naturalmente il gioco che io preferivo maggiormente era il calcio. Si proprio quello che si gioca, per far consumare le scarpe correndo e dando dei calci ad un pallone e che sicuramente è stato inventato da chi le scarpe le fabbrica. Quante paia di scarpe ho consumato all’Oratorio?  Non si contano. Certo lo saprà bene mio padre che me le comprava. Quanto mi mancano quei giorni! Quanto mi mancano quei visi sorridenti di bambini, adolescenti, giovanetti che puntualmente alle ore 17,00 di ogni pomeriggio, al suono del fischietto di Don  Falzone, si disperdevano furtivamente per sottrarsi al momento delle preghiere della sera! Mi mancano persino quegli interminabili  momenti in cui la Domenica, finita la Santa Messa, si tornava all’Oratorio e, finalmente, fare tutto ciò che  era vietato in Chiesa. Usciva per primo chi stava più fermo e composto, seduto in quei banchi di legno fatti apposta per far venire la voglia di alzarsi e  scappare. Si certo, c’erano anche le note di merito per chi si comportava  bene, che davano diritto ad  una consumazione al bar dell’Oratorio o ad  un gettone gratis per calcio balilla. Purtroppo quei tempi bellissimi non torneranno  più. Come diceva  il filosofo Eraclito…. Panta rei.

Poi ho cercato di ricordare come sono arrivato all’Olimpia. E’ stato personalmente Don Andrea che col suo inseparabile e sgangherato paperino, è venuto a cercarmi all’Oratorio. Ricordo che non è entrato ma è rimasto all’esterno facendomi dei cenni con le mani per invitarmi ad avvicinarmi ad  un portoncino secondario dell’Oratorio. Quando fui davanti a lui mi, ha chiesto se mi andava di  andare a giocare nella squadra dell’Olimpia. Ne fui lusingato. Sapevo che in quella squadra giocavano i ragazzi più bravi e preparati che c’entravo quindi io? Però sapevo pure che, quelli che non lo erano, sotto la sua guida lo diventavano. Ho accettato volentieri, così dall’anno successivo facevo parte della squadra più blasonata della mia città. L’Olimpia, ad eccezione di qualche anno, vinceva puntualmente il campionato sia nella categoria allievi dai 15/16 anni, sia nella categoria Juniores  fino ai 18 anni.  Vantava anche due titoli regionali  vinti nel 1956 e nel 1963. Don Andrea era una persona preparatissima ci insegnava un’infinità di segreti: come colpire e calciare la palla alla perfezione, nelle infinite e diverse situazioni, quale ideale posizione del corpo  assumere, persino come ostacolare l’avversario per arrivare sulla palla prima di lui, con sistemi che allo stesso arbitro potevano apparire legittimi. Con i suoi preziosi  insegnamenti ogni ragazzo era in grado di controllare la palla con ogni parte del corpo. A me ha insegnato a calciare indifferentemente con entrambi i piedi. Cosa che ritenevo impossibile. Ricordo con quanto impeto siamo  reciprocamente corsi per abbracciarci quando  contro il Partinico Audace, con un potente sinistro, nel secondo tempo, ribaltai in due a uno per noi  il risultato finale che al primo tempo, con forte vento a favore, perdevamo per  uno a zero. Don Andrea era sicuramente un bravo, anzi bravissimo allenatore. Ma, secondo me, il bene, la stima, il rispetto che i suoi ragazzi sentivano per lui erano dovuti ad una sorta di compensazione, insomma  come ringraziamento ai buoni consigli, alle raccomandazioni che quotidianamente, come un buon padre di famiglia, distribuiva a tutti i suoi allievi. Mi auguro che tanti altri ex ragazzi (oggi ultra sessantacinquenni) all’invito che rivolgerà loro il mio amico, come me, risponderanno “ presente. Panta rei ma i ricordi della nostra giovinezza, finché vivremo resteranno. Forse anche oltre.

 

 

Marsala, lì 07.09.2013                                                      Sebastiano Tumbarello