Hanno preso le sedie e per impedire agli operai di mettersi all’opera si sono sedute sulla base in cemento armato su cui doveva essere alzata un’altra antenna per la telefonìa mobile. E’ accaduto, lunedì mattina, in contrada Pispisia. E’ stato l’ultimo, estremo, e purtroppo anche inutile, tentativo (perché, poi, l’antenna è stata installata) di bloccare un’opera contro la quale, lo scorso anno, furono raccolte 336 firme. Protagoniste dell’ultimo tentativo di opporsi all’indesiderata installazione sono state alcune donne (tre o quattro). A farle desistere è stato, poi, l’arrivo dei carabinieri, avvertiti dall’impresa, e il timore di subire una denuncia penale. Troppo per le pur coraggiose donne. L’antenna è la ‘’stazione radio base’’ che la Telecom sta realizzando in contrada Pispisia, in una zona densamente popolata del versante nord marsalese. Il progetto è stato approvato dal Suap del Comune. La petizione popolare era stata avviata perché la gente teme che le onde elettromagnetiche possano provocare gravi danni alla salute. Anche perché il progetto prevede anche altre quattro antenne <ripetitori> nel raggio di 300 metri. Le firme raccolte erano state inviate al Comune, al Suap, all’Arpa e alla stessa società telefonica. La <legge Gasparri> sulle comunicazioni, però, ha introdotto in questo settore una liberalizzazione selvaggia che impedisce, di fatto, ai Comuni di opporsi. L’unico effetto prodotto dalle proteste è stato l’abbassamento dell’altezza dell’antenna: da 24 a 18 metri. ‘’Non mi spiego – obietta, però, l’avvocato Giovannella Licari - come una riduzione di altezza possa non esporre i cittadini ai noti rischi derivanti da onde elettromagnetiche, anzi tale riduzione di altezza non fa altro che peggiorare la situazione, sia sotto il profilo della salute, che paesaggistico’’. Intanto, chi ha finora portato avanti la protesta lamenta la scarsa sensibilità di altri abitanti della zona. ‘’Come se la cosa non li riguardasse…’’ dice chi lotta.