di Leonardo Agat.e Le due piccole storie che racconterò sono vere. Dimostrano come, nonostante le numerose riforme della pubblica amministrazione, siamo fermi a quella borbonica.
Per la tassazione di un atto, un cittadino versa quello che gli é stato richiesto dall'Agenzia dell'entrata. Ma l'ufficio per errore gli ha fatto versare più del dovuto. Accortosi dell'errore, il cittadino torna all'ufficio, che riconosce di avere sbagliato, ma gli chiede di fare un'istanza scritta di rimborso. Il cittadino esegue e aspetta. Aspetta un paio di mesi. Poi, torna all'ufficio per chiedere notizie. L'impiegato non ricorda. Deve controllare. Dopo aver controllato (ma con calma, interrompendosi per ricevere telefonate e per servire persone arrivate dopo) rintraccia la pratica, fa una smorfia, e gli dice che la sua pratica é in graduatoria. Aggiunge che, poiché le pratiche sono tante, e l'ufficio é oberato di lavoro, potrà avere il rimborso verso la metà dell'anno successivo.
Il malcapitato é sull'orlo di una crisi di nervi. Ha pagato subito quello che gli é stato indicato dall'ufficio, che ha sbagliato, e adesso deve attendere più di un anno per avere indietro i suoi soldi. Per fortuna, é uno che sa contenersi. Va a parlare con il capo ufficio, sperando che capisca. Ma non riesce a cavare un ragno dal buco. Il capo ufficio fa presente che bisogna rispettare l'ordine di presentazione dell'istanza di rimborso, e attendere che venga esaminata, quando verrà il suo turno. Non vale che l'errore é stato fatto dall'ufficio. Per il rimborso c'é da attendere almeno un anno, se tutto va bene.
Per caso, il posto di direttore dell'Agenzia é occupato da un concittadino del contribuente. Rivolgendosi a lui da compaesano, riesce a risolvere in quattro e quattr'otto il caso. Non so come sarebbe finita se al posto del compaesano si fosse trovato un altro.
All'Agenzia del territorio, un cittadino si rivolge per ottenere una correzione catastale. Dovendo donare una casa in città alla figlia, si accorge che due cortili interni di sua proprietà sono segnati al catasto come appartenenti a una proprietà limitrofa. I due cortili sono chiaramente assegnati a lui nell'atto di compravendita, solo che erroneamente al catasto sono stati assegnati all'altra proprietà. Prima di fare la donazione, il poveruomo vuole far correggere l'errore catastale. Incarica un tecnico, che dopo un paio di mesi ottiene dall'Agenzia la risposta. La procedura automatica catastale non prevede che il catasto possa sbagliare. "Bene - dice l'interessato al tecnico - allora la correzione sarà fatta manualmente". "No - risponde il professionista - al catasto nessuno si vuole prendere la responsabilità di fare manualmente quello che la procedura automatica non prevede". Ma il tecnico dà anche speranze. Accenna a una sua amicizia all'interno dell'ufficio. Quando la cosa sembra essere in dirittura d'arrivo, arriva la doccia fredda. A quanto pare l' amicizia non era affidabile, perché l'ufficio chiede di visionare anche l'atto precedente la compravendita, che risale al 1900.
Nel 1900 erano passati quarant'anni dalla fine del Regno delle Due Sicilie. Poiché la storia non é finita, e' possibile che l'ufficio, ricevuto l'atto del 1900 chiederà anche l'atto precedente, che risale al tempo del Regno Borbonico.
Ecco perché dicevo che l'amministrazione pubblica é ancora borbonica.