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20/11/2013 12:28:00

Borsellino quater, mancano i soldi e la Corte annulla la trasferta

 «Scarantino proclamava sempre la sua innocenza in merito alla strage di via D'Amelio e diceva che con il furto della Fiat 126 non c'entrava nulla. Addirittura sosteneva che tutto era stato architettato dal pubblico ministero Anna Palma, all'epoca in servizio a Caltanissetta».
E' il racconto fatto ieri in corte d''Assise a Caltanissetta da Luigi Catuogno, uno dei poliziotti incaricato di proteggere il falso pentito Vincenzo Scarantino all'epoca in cui questi aveva iniziato la propria collaborazione con la giustizia. Dunque ancora misteri e particolari oscuri che emergono sulle stragi del ‘92 nel quarto processo per l'eccidio di via D'Amelio in cui morirono il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta e che vede imputati Salvatore Madonia e Vittorio Tutino per strage assieme a Francesco Andriotta, Calogero Pulci e Salvatore Candura per calunnia.
Ieri la Corte ha comunicato che a Caltanissetta mancano i fondi per organizzare la trasferta per ascoltare i collaboratori di giustizia e quindi questa attività è stata rinviata a data da destinarsi. Un problema in più per la sede giudiziaria nissena, che in questo periodo sta affrontando il problema delle carenze di organico.
Inoltre, sempre nel corso dell'udienza di ieri, è nuovamente emersa la circostanza del fatto che Scarantino volesse ritrattare le sue dichiarazioni già nel ‘98. A riferirlo il sacerdote di Modena Filippo Neri, che ha riferito: «Nel ‘98 Vincenzo Scarantino disse al fratello Rosario di voler ritrattare e chiedeva in cambio come ricompensa un appartamento a Palermo in cui abitava sua sorella. A raccontarmelo fu lo stesso Rosario Scarantino». Il sacerdote conobbe gli Scarantino quando l'ex pentito venne trasferito in provincia di Modena ed ha aggiunto di avere consegnato le chiavi dell'auto di Scarantino ai poliziotti della sezione Anticrimine affinché vi collocassero delle microspie. «Mi riportarono le chiavi dopo tre o quattro ore», ha affermato il sacerdote.
Il poliziotto Luigi Burriesci, che nel ‘92 faceva parte della Squadra Mobile di Palermo e fu inviato a controllare se vi fosse qualcosa di strano al castello Utveggio, ha riferito: «Nei giorni successivi alla strage di via D'Amelio notai solo un furgone di una compagnia telefonica, ma nient'altro. Fu in quell'occasione che conobbi Salvatore Coppolino, segretario dell'allora prefetto Verga ed ex funzionario del Sisde». Si torna in aula domani.