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12/11/2013 06:50:00

Salemi, Teri replica a Sgarbi: "A casa di Giammarinaro solo per controlli"

 Sono lontanissimi i tempi in cui Vittorio Sgarbi, e il maresciallo Giovanni Teri, venivano fotografati fianco a fianco, nell’esercizio delle loro funzioni.  Vuoi per il sopralluogo sui terreni confiscati al trafficante di droga Salvatore Miceli,  vuoi per partecipare  all’inaugurazione della mostra itinerante allestita dall’Arma Benemerita. Rappresentavano il potere civile e militare a Salemi e nulla lasciava presagire che di lì a poco i rapporti sarebbero diventati, a dir poco, roventi. A dare inizio alle “ostilità” ci pensò il polemista televisivo. Con una nota diffusa dall’Ansa nell’ottobre del 2011,  si apprese dell’esistenza di una lettera inviata da Sgarbi al comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli, il cui contenuto veniva diffuso il giorno dopo, quasi integralmente dal Corriere della Sera. Una lunga e dolente lettera, quella dell’ex sindaco della cittadina normanna, ma anche il primo di una lunga serie di attacchi nei confronti dell’ex comandante della Stazione dei Carabinieri di Salemi Teri.  “Dal momento che dalle indagini sulle minacce ricevute durante il mio mandato di Sindaco di Salemi” –scriveva Sgarbi-  “e anche dalle intercettazioni sulla mia utenza che riceve ogni giorno una o due telefonate anonime, non si è raggiunta nessuna certezza sui responsabili, e anzi ho dovuto persino leggere nei rapporti del maresciallo dei carabinieri della Stazione di Salemi (…) che potrei addirittura averle inventate o che ne potrebbero essere autori dei collaboratori più stretti (insinuazione per la quale ho presentato una richiesta di danni in sede penale e civile, (…) Profondamente offeso dalle conclusioni del maresciallo e del questore che non hanno in alcun modo approfondito l’origine, per esempio, delle telefonate anonime, mi auguro che, per l’avvenire conducano indagini più approfondite. Insoddisfatto dei risultati dei due esponenti delle Forze dell’Ordine direttamente applicati all’indagine, mi rivolgo, illustre Generale, direttamente a Lei, per essere garantito nell’esercizio delle mie funzioni in una situazione giudicata ad alto rischio per il “condizionamento mafioso di tutta l’attività amministrativa”.  In quell’occasione nessuna replica da parte di Giovanni Teri. “No comment”,  fu la risposta, accompagnata da un sorriso. La divisa gli imponeva il silenzio. Stessa cosa quando il 26 agosto scorso il maresciallo veniva trasferito ad Alcamo. A Sgarbi, che non perse l’occasione di sbeffeggiarlo augurando ironicamente  alla comunità di Alcamo “di potere instaurare con Teri quel ‘rapporto di reciproca fiducia’ realizzato a Salemi con lo scioglimento del Consiglio Comunale per ‘infiltrazioni esterne’, certo che con l’acutezza e le amicizie negli ambienti più sensibili, l’ex comandante della stazione di Salemi consentirà al Comune di Alcamo di potere accedere all’espiazione dei suoi peccati”, anche questa volta non volle replicare e sempre per le stesse motivazioni“.  Per giungere alla fine dello scorso ottobre. Dopo avere testimoniato al processo  di Giammarinaro, in una conferenza stampa tenuta all'hotel Baia dei Mulini di Trapani, Vittorio Sgarbi non ha perso l’occasione per  rincarare la dose, insinuando l’esistenza di un presunto insolito rapporto, intercorso tra il rappresentante dell’Arma e l’ex deputato Dc. “Nessun altro, né il comandante della stazione dei carabinieri né il questore, né il prefetto mi hanno detto nulla. Quando arrivai a Salemi mi recai dal maresciallo Giovanni Teri ,che mi risulta andava a cena invece con Giammarinaro e che da Giammarinaro veniva presentato come l’amico Giovanni. Gli chiesi quanti mafiosi c'erano a Salemi. Mi fece 27 nomi e non citò Giammarinaro”. Una accusa infamante e che certamente non passerà inosservata. Ma chi è il maresciallo Giovanni Teri, si chiederà il lettore, da meritare tanta ossessiva attenzione da parte di Sgarbi? E’ stato comandante della Stazione dei Carabinieri di Salemi ( la quarta, nella sua lunga carriera) per oltre un decennio. Un curriculum lungo e variegato il suo, distinguendosi sempre per gli ottimi risultati raggiunti nell’assolvimento delle diverse mansioni svolte.  E’ stato infatti Comandante di squadra di polizia giudiziaria, comandate di nucleo operativo ( aliquota operativa) e capo equipaggio nucleo radiomobile. Ha ottenuto diversi  encomi e riconoscimenti. Quando fu trasferito ad Alcamo ad agosto, qualcuno fece girare la voce che si trattava di una sorta di ritorsione a causa delle indagini condotte e poi incluse nell’inchiesta "Salus Iniqua", frutto del lavoro investigativo della direzione anticrimine guidata dal dirigente Giuseppe Linares e che portarono, come è noto, allo scioglimento per mafia del Comune di Salemi. La concomitanza del trasferimento  ad altro incarico di Linares rafforzava il teorema.  Tutto falso, invece. Il solito metodo per screditare i rappresentanti delle istituzioni e per millantare, allo stesso tempo, una presunta invincibile potenza di taluni ambienti. Si è trattato in realtà di un trasferimento richiesto e fortemente voluto dallo stesso Teri e in epoca antecedente ma, paradossalmente, sempre rinviato dai suoi superiori. Del resto, se fosse stato programmato dall’alto, la Stazione di Salemi sarebbe oggi comandata da un titolare, mentre il maresciallo Calogero Selvaggio è solo temporaneamente incaricato. Oggi il maresciallo Teri è comandante del Nucleo Comando della Compagnia di Alcamo, un ruolo di alto prestigio, spesso ricoperto da ufficiali. Incontrato per puro caso all’interno di un bar in una domenica assolata, ho colto subito l’opportunità per chiedergli cosa ne pensasse dell’ultima esternazione del critico ferrarese. Frequentatore di cene in casa di Giammarinaro? Gli chiedo. Un ampio sorriso, la risposta. E poi l’indice poggiato sulle labbra. Il gesto tipico di chi non vuol parlare. Insisto. Riesco a strappargli solo un perentorio: “I carabinieri e il sottoscritto siamo andati a casa di Giammarinaro per i controlli di persona sottoposta a sorveglianza di P.S. Tutto il resto  si trova negli atti pubblici”. E allora andiamo a rileggerli questi atti.  A cominciare dalla relazione firmata dal ministro Anna Maria Cancellieri, propedeutica al decreto di scioglimento del Comune di Salemi.  I toni sono di una severità inaudita.  "L'amministrazione, col sindaco e vicesindaco, non ha posto alcun argine al condizionamento esercitato dall'on. Giammarinaro",  si legge. Come si vede, ce n’è anche per l’ex vicesindaco.  La ministra a carico di Antonella Favuzza scrive che : "Il vice sindaco è legato da stretti vincoli con noti e storici esponenti delle locali famiglie criminali....".  Per poi concludere che quella sciolta sarebbe stata “una amministrazione che praticava una antimafia di facciata, a proposito di appalti pubblici. Applicava il protocollo di legalità intestato al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e poi aggiudicò i lavori di ristrutturazione del Municipio ad un imprenditore che era stato in carcere per turbativa d'asta.” Per non parlare infine dei “ritardi e inerzie nell’assegnazione e gestione dei beni confiscati, formazione degli atti fuori dalle sedi istituzionali, libera determinazione fortemente ostacolata, applicazione di facciata dei protocolli di legalità”. Tutto da dimostrare, naturalmente. I processi a questo servono. I proclami e i comunicati lasciano il tempo che trovano.

 

 

Franco Lo Re




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