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24/10/2013 06:30:00

Oggi la Chiesa di Trapani saluta Mons. Plotti

 Oggi la Diocesi di Trapani celebra la Festa della Dedicazione della Chiesa Cattedrale. Alle ore 19.00 si terrà, in cattedrale, una solenne concelebrazione eucaristica in cui la comunità diocesana saluterà l’Amministratore Apostolico Alessandro Plotti a conclusione del suo ministero episcopale a Trapani. Plotti è a Trapani da un anno e mezzo, da quando cioè il Papa (era ancora Benedetto XVI) ha rimosso il vescovo Miccichè dopo la relazione del suo "vicino", il vescovo di Mazara del Vallo Mogavero, che era stato inviato a Trapani nella qualità di "visitatore apostolico" per fare chiarezza sullo scandalo scoppiato all'interno della curia per gli ammanchi e le ruberie ai danni dell'amministrazione della Diocesi. Questa vicenda ha, ovviamente, anche un risvolto giudiziario, e la Procura di Trapani ha scoperto un presunto complotto proprio ai danni del Vescovo Miccichè, e che vedrebbe al centro Don Ninni Treppiedi, ex arciprete di Alcamo. Treppiedi, per tornare alle cose di chiesa, è stato sospeso "a divinis" dall'esercizio delle sue funzioni. 

Plotti fu mandato per mettere pace e serenità ad un comunità che era sconvolta da quanto stava accadendo. Oggi sarà il vicario generale mons. Liborio Palmeri, a nome del clero e dei fedeli, a porgere il saluto della Chiesa e a fare dono a mons. Plotti di un’immagine della Madonna in ceroplastica realizzata dalle monache benedettine di Alcamo.

Al termine della concelebrazione – saranno presenti le autorità civili e militari – l’Amministratore apostolico consegnerà una nota pastorale frutto di un lavoro di verifica sui percorsi dell’Iniziazione cristiana in Diocesi realizzato in collaborazione con l’ufficio catechistico diocesano dopo il confronto in assemblea con i presbiteri e i diaconi.
Afferma Mons. Plotti: "La concelebrazione sarà  momento di saluto e ringraziamento per quello che ho vissuto in questo anno e mezzo trascorso alla guida della Chiesa trapanese: mesi intensi di incontri e di dialogo in cui ho cercato di incarnare sempre più il mio servizio episcopale nel vissuto di questa nostra Chiesa trapanese, piena di potenzialità non pienamente espresse, di passione per l’uomo e di coraggio apostolico”.

Plotti, prima di congedarsi, ha rilasciato un'intervista ad un periodico. L'intervista non è stata pubblicata. La Diocesi di Trapani ne ha fornito però alcuni stralci:

Eccellenza, quali caratteristiche principali delineano meglio la sua diocesi?
La Chiesa che è in Trapani è una chiesa viva in cui la partecipazione alla vita delle comunità è molto consistente e sentita da tutto il popolo. Fin dal mio arrivo in Diocesi, ormai più di un anno fa, ho avuto modo di conoscere una realtà impegnata su diversi fronti anche poco battuti altrove, con preti e laici capaci di grande passione per l’uomo e di coraggio apostolico. Ci sono molte energie in questa chiesa, soprattutto tra i laici anche se non pienamente espresse; c’è una voglia davvero forte e profonda di collaborare a costruire il Regno di Dio anche se non mancano le zone d’ombra. Spesso la vita di fede è ancora solo legata al culto o alle tradizioni e fa fatica a penetrare fino in fondo la realtà culturale e sociale. E poi c’è una certa cultura mafiosa che fa da filtro, che in qualche modo insidia la mentalità degli stessi cristiani che alle volte sembrano accomodarsi ad una concezione della vita secondo le modalità del privilegio, dell’ossequio al potere, del particolarismo, a volte perfino del sopruso, senza riuscire ad essere consapevoli fino in fondo e a testimoniare che questa cultura che si ammanta di mafiosità è profondamente e assolutamente anticristiana.

Quali sono i punti di forza su cui fare leva per la nuova evangelizzazione?
C’è il rischio, qui come altrove, di accontentarci di una vita comoda, di rimetterci ad un annuncio tradizionale. E’ sicuramente più facile coltivare e gestire una fede che si nutre di devozioni piuttosto che impostare un serio percorso di iniziazione cristiana degli adulti in cui la comunità è capace davvero di generare e sostenere cristiani che siano fermento di comunione e segno di speranza in una società sempre più frammentata. Il rischio di separare la fede dalla vita, di promuovere forme di religiosità intimistica con cui ci si consola o in cui ci si rifugia col risultato di aggirare le domande profonde, è un rischio incombente anche oggi. La comunità invece è chiamata a testimoniare la fede capace di dare senso alla vita, a mostrare che Gesù risorto è davvero fonte di speranza. Da qui bisogna ricominciare per promuovere una fede veramente adulta e consapevole. L’Anno della Fede in fondo voleva richiamarci a questo.

Cosa significa per lei essere pastore?
In primis stare in mezzo alla gente: saper ascoltare senza pregiudizi, saper cogliere tutti quei semi di verità che emergono nella vita del mondo e saper far sintesi senza per questo voler “intruppare” le persone in un appiattimento omologante che non valorizza le differenze. Poi il pastore è l’uomo della Parola, che annuncia la Parola, che sta a contatto con la Parola e annuncia la Parola filtrandola attraverso l’esperienza e la sofferenza. E infine il pastore è l’uomo che guida il gregge e assicura il suo popolo: il vescovo non è un capo che dà ordini o stabilisce preferenze ma è un costruttore della comunione. La comunione non è una forzatura, è un processo lungo ma di cui non possiamo fare a meno. Per questo la collegialità dei vescovi è importantissima perché da quella nasce la comunione nelle chiese locali. La vita cristiana è una vita comunitaria non dobbiamo dimenticarlo. Il vescovo aiuta la comunità a vivere la vera fraternità, a fare, in Cristo, un solo popolo senza mortificare le differenze e soprattutto senza avere paura della libertà. La libertà è un sacrario. Se non costruiamo la libertà dentro il cuore delle persone, non abbiamo più niente da dire.