Ryanair batte Alitalia 100 a 75. Al gran bazar dei (presunti) aiuti di stato tricolori la compagnia irlandese è l'asso pigliatutto. Ok, i 75 milioni girati dalle Poste all'aerolinea guidata da Gabriele Del Torchio non sono proprio il massimo dell'eleganza alla voce libero mercato. E il salvagente lanciato con l'aumento di capitale varato stamattina all'alba ha il sapore di un salvataggio dei crediti delle banche. I numeri però parlano chiaro: il maggior beneficiario dei sussidi statali in Italia è la società guidata da Michael O'Leary. Che ogni anno (e non una tantum) incassa più o meno 100 milioni in contanti solo per "convincersi" a volare qui da noi.
Come? Mettendo le mani su due terzi di quei "fondi sviluppo rotte e marketing" stanziati dagli aeroporti di casa nostra per riuscire ad attirare il traffico low cost. Pagano le Regioni (la Sardegna è già finita nel mirino Ue) per stimolare turismo ed economia locali. Aprono il portafoglio provincie e comuni sull'orlo della bancarotta per salvare mini-aeroporti dove non vuole atterrare più nessuno.
Risultato: l'aerolinea irlandese festeggia (candidandosi persino a sostituire Alitalia in caso di crac), mentre i conti per l'Italia non sempre tornano: c'è qualche caso di successo - leggi Bergamo e Pisa che ogni anno mettono sul piatto una trentina di milioni di incentivi - ma spesso la scommessa si è rivelata un boomerang che ha spedito in rosso (e qualche volta a gambe all'aria) gli scali più deboli e ne ha trasformati altri, come capita ora ad Alghero e Trapani, in ostaggi costretti a svenarsi pur di non perdere i servizi di Michael O'Leary.
Il meccanismo di questi sussidi più o meno mascherati è semplice. Vuoi mettere su una base Ryanair nel tuo aeroporto? Paghi. Perché? Perché il traffico garantito dalla compagnia è un volano per lo sviluppo locale, dicono i paladini di questa soluzione. Arriva turismo, guadagnano alberghi, ristoranti, negozi. «Ogni euro speso si trasforma in 60 euro di entrate sul territorio» calcola un rapporto della Kpmg. E allora è guerra tutti contro tutti per non perdere l'occasione.
L'aeroporto di Verona è arrivato sull'orlo del crac (a un certo punto perdeva 26 milioni su 34 di ricavi) dopo aver garantito a Dublino la bellezza di 24 euro a passeggero. Trapani ha staccato un assegno di 20 milioni in cinque anni alla Airport Marketing Limited di Dublino, una controllata Ryanair, per la co-promozione pubblicitaria sul suo sito facendo decollare i passeggeri dai 533mila del 2008 agli 1,6 milioni del 2012, ma perdendo nello stesso periodo 10 milioni.
E ora che l'intesa è a scadenza, l'aerolinea vuole tre milioni in più e ha costretto la Regione Sicilia a correre in aiuto (tanto paga Pantalone) dello scalo di Birgi. Succede in tutto lo stivale: Rimini - oggi in concordato preventivo - ha speso 12 milioni per le low cost (Ryanair compresa) inclusi 922,73 euro a volo per la defunta Windjet.
La formula, intendiamoci, qualche volta funziona. Bergamo (dove Ryanair è indagata per evasione fiscale) e Pisa - che per il co-marketing con le compagnie a basso costo spendono rispettivamente 20 e 11 milioni l'anno - hanno i bilanci in utile. E ai check-in orobici, per dire, sono passati ad agosto 2013 il 40% in più di passeggeri di Linate. La Puglia, che foraggia le low-cost con 5 euro di incentivo a passeggero e 35 milioni in 5 anni, sostiene di aver fatto volare così in zona 7 milioni di passeggeri.
Ma la distorsione alla concorrenza e lo spreco, in qualche caso, di soldi pubblici restano. Parma è un aeroporto fantasma pur avendo speso milioni per "tentare" Ryanair & C. Alghero ha sborsato per la sua scommessa irlandese 41 milioni in 10 anni (20 solo nel 2011-2012) solo per finire nel mirino della Ue e per rischiare ora un clamoroso tradimento di O'Leary. Falconara ha messo sul piatto 3,1 milioni ma viaggia al ritmo di 3 milioni di ricavi e tre di perdita l'anno.
Cifre che non hanno scoraggiato il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti che si è appena recato a Dublino per corteggiare la società irlandese, forte di una dote da 7 milioni (pubblici) per sostenere il traffico della low cost a Reggio. Lamezia, poche decine di chilometri più in là, fa lo stesso. Un aiutino lo vorrebbe pure Crotone. E in Italia, dove il limite dei sogni è il cielo, persino Sibari vuole oggi una sua pista d'atterraggio.