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04/10/2013 06:53:00

La tragedia senza fine del Canale di Sicilia. Lutto anche a Trapani

 Anche la comunità trapanese è rimasta sgomenta e afflitta dall’immane tragedia che si è consumata ieri al largo di Lampedusa.

La tragedia inimmaginabile fino a pochi secondi prima divampa in un lampo come il fuoco che avvolge subito il ponte del barcone da dove centinaia di somali ed eritrei guardavano la costa vicinissima di Lampedusa, di fronte l’Isola dei Conigli, immaginando già di toccare terra. I migranti volevano segnalare la propria posizione incendiando una coperta ma le fiamme si sono propagate subito sul ponte dove giacevano 300 forse 500 persone.

Ed è stato subito l’inferno che ha scatenato la più grande tragedia dell’immigrazione per numero di vittime recuperate: finora sono 110, circa la metà donne, e quattro bambini, il più piccolo di tre mesi appena. Le persone salvate sono 155, tra cui sei donne e due bambini. Due donne incinte sono state trasportate a Palermo. Tre migranti, invece, sono stati ricoverati al poliambulatorio di Lampedusa.

Sul fondo del mare stanno lavorando i sommozzatori per cercare di recuperare altre vittime: sarebbero decine i corpi rimasti imprigionati nello scafo affondato a cinquanta metri di profondità. Gli investigatori hanno già fermato il presunto responsabile di questa tragedia, un tunisino di 35 anni indicato come lo scafista del “barcone della morte”, che deve rispondere di omicidio plurimo e favoreggiamento.

L’inferno sull’acqua si è scatenato verso le 5 del mattino dopo che già due barconi con oltre 460 persone erano stati soccorsi e portati a riva dalla guardia costiera. Nessuno si aspettava che il convoglio avesse un’altra unità che era già giunta sotto costa. Quando le fiamme si sono propagate sul barcone i migranti presi dal panico si sono gettati in acqua, alcuni sono annegati subito, altri sono riusciti a rimanere a galla fino all’arrivo dei soccorsi: prima un natante con otto italiani che avevano dormito nella cala Tabaccara, poco dopo le vedette della guardia costiera e altri pescherecci. I somali e gli eritrei sopravvissuti al naufragio sono stati portati nel centro di accoglienza. Dice Giuseppe Noto, direttore sanitario dell’Asp: «Il viaggio era andato bene. I migranti stavano bene abbiamo trovato qualcuno disidratato e qualche altro infreddolito, ma stavano bene. È stata una tragedia nella tragedia, questa carneficina quando ormai il viaggio era concluso».

I cadaveri, via via che venivano recuperati, sono stati deposti sul molo Favaloro, ormai diventato una camera mortuaria a cielo aperto per le vittime dei viaggi della speranza, e inseriti nei sacchi di plastica con cerniera, verdi e blu forniti dalla direzione dell’aeroporto. Sull’isola pochi turisti e molti abitanti dal molo di fronte il Favaloro sono andati a vedere i sacchi coi cadaveri. Lampedusa è strapiena, i lidi hanno tutti gli ombrelloni aperti, gli alberghi non hanno camere libere, e i bagnanti si godono lo scampolo vacanziero forse senza sapere cosa avviene a pochi metri da loro.

Dal pontile una staffetta di ambulanze con la sirena accesa precedute dalle gazzelle dei carabinieri ha portato i corpi nel enorme edificio blu dell’aeroporto che normalmente ospita gli elicotteri della Finanza e del 118. Sono stati portati lì anche due bimbi, un maschio e una femmina, di tre e due anni: molti operatori, militari, uomini delle forze dell’ordine non hanno potuto trattenere le lacrime guardando quei corpicini senza vita. L’hangar della morte è un capannone 40 per 40 alla fine della pista dell’aeroporto di Lampedusa, dove sono state deposte le 103 vittime finora recuperate. Sopra ogni sacco è spillato un numero che servirà alla polizia scientifica per dare un nome ai migranti deceduti. I poliziotti hanno fotografato i volti di tutte le persone morte.

I sacchi sono disposti a file doppie e seguono il perimetro dell’hangar dove sono stati accesi i climatizzatori e le pompe per l’aerazione per tentare di mantenere più bassa possibile la temperatura. Chi entra ed esce da questo luogo parla di «sensazione indescrivibile». «Dolore e rabbia - aggiunge un testimone - sono le reazioni che si mischiano vedendo questi corpi a pancia all’aria deposti nei sacchi». Entrando nell’hangar, a sinistra, i primi cadaveri coperti sono quelli dei quattro bambini, anche loro sono chiusi negli enormi «sudari» di plastica.

Arci, Libera, Trapani Cambia e Un’altra storia hanno diffuso un appello:

Nel Canale di Sicilia si muore.
Si muore d'abbandono e di pessima politica.
Nelle ultime ore a Lampedusa si è consumata l'ennesima tragedia annunciata: centinaia di morti annegati e un unico grande mandante che è la legge Bossi-Fini.
Viviamo in una città nata accogliente e diventata di frontiera, sede del primo Centro di Permanenza Temporanea e adesso zona grigia in cui la disperazione di chi arriva si mescola tragicamente al dilettantismo di chi la amministra.
Da qui, da una Sicilia mortificata, da una città di provincia protagonista di questo scempio chiediamo l'abolizione della legge Bossi-Fini e l'immediata presentazione di una interrogazione parlamentare da parte dei deputati e senatori siciliani che inizi un processo necessario verso lo smantellamento di una legge sbagliata che uccide.

Anche da Favignana sono arrivati cordoglio e solidarietà per quanto accaduto a Lampedusa. «Siamo consapevoli che quest'appello di solidarietà è cosa piccola in ore così concitate e tragiche per le decine di vittime e centinaia di dispersi in mare, per l'ennesima tragedia del mare "evitabile" che si sta consumando nel Canale di Sicilia - ha detto il consigliere Michele Rallo - A nome mio e del Consiglio, esprimo la mia amarezza. Siamo vicini ai migranti, disperati che fuggono da guerre, fame e povertà alla ricerca di un futuro migliore, siamo vicini alla comunità lampedusana, che ancora una volta dimostra quanta forza d'animo vi può essere nella nostra Italia, quanto coraggio ci sia in queste persone, alle quali la storia non chiede il permesso di entrare, ma cui sfonda le porte delle abitazioni, strappandoli, tutti, alla quotidianità».
Infine i parlamentari regionali del Pd Marika Cirone Di Marco, Mariella Maggio, Antonella Milazzo e Concetta Raia chiedono «un'immediata presa di posizione. Il Parlamento siciliano ha il dovere di affrontare e discutere i tanti aspetti legati all'emergenza immigrazione che riguardano la Regione ed il nostro Governo, per questo chiediamo di convocare al più presto una seduta straordinaria dell'Ars».
 

Con il lutto al braccio. Con le bandiere listate a lutto. Sabato 5 ottobre, alle ore 19.00, a Trapani, dinnanzi il Palazzo Cavarretta, ci sarà una marcia per percorrere il corso Vittorio Emanuele sino al porto per deporre un fiore in acqua. Dichiara il coordinatore provinciale di Libera, Salvatore Inguì: “Questa tragedia è nostra. Questi morti sono nostri. Contro le mafie dei trafficanti di uomini, contro ogni ingiustizia, per una legge giusta e solidale, la città partecipi numerosa”.

"Proviamo un immenso dolore per queste morti innocenti. È una triste storia che continua e anche le parole sono stanche. Sono morti che devono pesare sulle coscienze di tutti. E dovono farci dire basta, basta ai trafficanti di morte, basta ai venditori di illusioni, basta a chi anche su queste morti fa propaganda, basta a chi cerca scorciatoie con leggi che negano diritti, alimentano illegalità e disperazione", afferma Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera in una nota sull'ennesima, immane tragedia dei migranti al largo di Lampedusa.

"Chiediamo speranza e concretezza. Quella speranza che ha il volto degli esclusi -prosegue Luigi Ciotti - il volto dei poveri, il volto di quelle persone vittime delle false promesse. Bisogna creare le condizioni affinché chi fugge dalla disperazione, dalla fame, da situazioni di miseria e povertà possa trovare accoglienza, ma anche libertà e dignità. Alla politica chiediamo un atto di coraggio: abbandonare la facile strada del consenso per imboccare quella difficile ma feconda della giustizia sociale. Una politica- conclude Luigi Ciotti- che sia capace di trasformare quelle paure in speranze. Nessuno, sull'immigrazione, ha la ricetta in tasca. Ma il forte elemento multietnico della nostra società - una realtà di fatto, piaccia o dispiaccia a qualcuno - ci impone di trovare il difficile punto di equilibrio tra accoglienza e legalità. E' in gioco lo sviluppo sociale, economico e culturale di un Paese che è stato migrante, che ha proteso in passato le sue mani trovandone altre pronte ad afferrale. L'Italia chieda la convocazione del consiglio Europeo da tenersi in maniera sobria, essenziale sull'isola di Lampedusa, per un coinvolgimento vero, concreto dell' Europa in un luogo di accoglienza, di solidarietà e di dialogo interculturale".



Native | 2024-07-16 09:00:00
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