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14/09/2013 06:40:00

Querele temerarie, una mannaia sull’informazione locale

 Che la libertà di stampa, in questo nostro Paese, sia messa a dura prova è circostanza nota. Lo dimostrano le cause, spesso strumentali ed esclusivamente minatorie, intentate contro le testate nazionali o contro autorevoli giornalisti che, coraggiosamente e scrupolosamente, ogni giorno, raccontano il Potere e le sue commistioni. Lo dimostra anche la posizione, non certo invidiabile, che il nostro Paese occupa nelle classifica sulla libertà di stampa. Lo dimostra, ancora, la violenta campagna contro alcuni organi di stampa ed alcuni giornalisti che negli anni una parte del potere politico ha costruito e propagandato. La distanza, a tratti abissale, fra la concezione del giornalismo che il potere ha nel nostro Paese e quella che vige in altre democrazie (penso a quelle anglosassoni, anzitutto) è il segno di una pesante involuzione civile e sociale. Però, come ho avuto modo di ricordare altre volte sulle pagine di Articolo 21 e di Ossigeno per l’Informazione (con cui ho l’onore di collaborare) non può essere sottovalutata la questione del giornalismo locale ovvero del giornalismo indipendente. Nella mia quotidiana esperienza di difensore, nei processi per diffamazione, di giornalisti e testate medie ed indipendenti, posso constatare con sgomento le pesanti difficoltà in cui versano questi soggetti, esposti al potere e spesso all’arroganza del potere stesso. Articolo 21 ed Ossigeno per l’Informazione, di recente, hanno dato risonanza alla vicenda marsalese, cioè alla vicenda di un sindaco che a nome della città ha citato in giudizio un giornalista, Giacomo Di Girolamo, (caso unico nella giurisprudenza nazionale) perché, a suo dire, avrebbe leso l’immagine della città, raccontando storie di ordinaria “politica”. Ebbene, vicende come quella di Marsala.it, sono all’ordine del giorno su tutto il territorio nazionale. Sono vicende che riguardano giornalisti di testate medio – piccole e pertanto prive di quella copertura finanziaria propria dei grandi gruppi editoriali; sono storie che raccontano di giornalisti costretti ad affrontare processi (civili e penali) lunghi e costosi e che spesso, nonostante si rivelino, alla fine, del tutto infondati, costano un pezzo della vita di questi coraggiosi cronisti. Spesso, infatti, la sola minaccia di azione giudiziaria nei confronti di un giornalista equivale ad una mannaia che colpisce la stessa libertà di stampa, l’autonomia editoriale di una redazione, e di conseguenza paralizza, ed a tratti cancella, la stessa formazione di una opinione pubblica informata e formata e pertanto in grado di essere protagonista della vita democratica di una comunità. A queste considerazioni non possono non aggiungersene altre, quali ad esempio, quelle legate alla (spesso) precarietà (contrattuale) dei giornalisti delle testate di piccola e media grandezza, ma non soltanto. Un Paese civile, e normale, vorrebbe che il legislatore affrontasse queste questioni e non si arrovellasse, invero, ad escogitare stratagemmi per la “salvaguardia” del potente di turno dal dettato costituzionale per cui tutti sono eguali dinanzi alla Legge. Queste questioni dovrebbero, peraltro, essere fatte proprie dai giornalisti e dalle testate più autorevoli ed importanti, perché la loro voce sarebbe un segnale importante. Infine, sarebbe fondamentale che la stessa Federazione nazionale della Stampa, nonchè gli Ordini dei Giornalisti, facessero, ancora di più, di questo tema uno dei cardini del proprio agire. Soltanto così sarebbe salvaguardato quello che non è, e su questo bisogna essere chiari, un mero diritto di chi svolge la professione giornalistica ma è un diritto, se non il diritto per eccellenza, dei cittadini.



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