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22/08/2013 07:35:00

Scrive Valentina Colli, sul Centro Antiviolenza a Trapani praticamente inesistente

Metti che ti svegli con un occhio pesto. Che inciampi ogni giorno e becchi sempre gli spigoli. Metti che ti accorgi di avere il mostro dentro casa. Dove vai? Con chi parli, chi può darti assistenza psicologica, legale, un rifugio?

È quello che una donna mi ha chiesto oggi ed io sono rimasta a bocca aperta. E quindi decido di documentarmi. E mi accorgo - come se non lo sapessi, visto che mi occupo da anni di questa problematica - che di Centri Antiviolenza a Trapani-comune-di, mi sa che non ce ne sono. Non caninici, almeno. Il presupposto è che un Centro Antiviolenza deve fornire un rifugio sicuro in cui le donne e i loro figli possono vivere libere dalla paura, offrendo servizi specializzati e misure di sicurezza ad hoc. Il principio cardine alla base del lavoro di accoglienza con le donne vittime di violenza, è partire da una lettura di genere del fenomeno. In questo modo viene garantita un’accoglienza idonea, vengono implementati progetti personalizzati, attraverso la conoscenza delle situazioni specifiche e la rielaborazione del danno subito. Ciò consente di sostenere e promuovere i diritti delle donne e il loro empowerment, arrivando a renderle autonome psicologicamente ed economicamente.
Il femminicidio sta diventando un fenomeno strutturato, contro il quale occorrono politiche costanti e di lungo periodo, per cui le campagne di sensibilizzazione non bastano. Il tema della violenza contro le donne deve essere una priorità della politica a tutti i livelli, non si può sottostimare: l’attuale situazione economica e sociale del Paese non giustifica la mancanza di risorse, i tagli ai servizi sociali hanno una forte valenza di genere. A parte i 18 milioni di euro stanziati col Ministero Carfagna dal "Piano nazionale contro la violenza di genere" e mai erogati dallo Stato, si intende.
Tutto viene lasciato agli enti locali, strozzati dai patti di stabilità. Ma che però, se diventano partner in progetti, possono usufruire di finanziamenti regionali a pioggia, attingendo nel vituperato "settore H", panacea di molte associazioni. Resta il fatto che gli Enti hanno priorità differenti. E quindi i Centri Antiviolenza chiudono, con qualche raro esempio virtuoso come quello di Palermo e di Bologna. Oppure non aprono proprio. O, se aprono, hanno le idee confuse. Per dovere di cronaca, sul territorio della provincia di Trapani, esiste un Centro a Marsala, uno ad Alcamo ed uno che copre Valderice e Buseto Palizzolo. Ma voglio parlarvi di Trapani, una disgrazia per volta. Nel comune di Trapani, c'è lo "SportelloH" , concepito "Nell'ambito dei numerosi progetti attivati dalla Provincia Regionale di Trapani, su iniziativa del Dott. Lo Sciuto, in veste di Assessore provinciale, volti all'assistenza dei portatori di handycapp" (cit.).
Ora, in questo sportello, si incardina quello di "Stop alla violenza sulle donne" (stesso numero verde) dal protocollo d’intesa del 2009, voluto dall'allora Consigliere Provinciale di Parità competente Caterina Peraino, relativo al progetto " Stop alla violenza sulle donne " per la promozione di ambiti di sostegno e strategie di aiuto alle donne vittime di violenze nella la Provincia di Trapani, tra l'Ente Provincia stesso e i Comuni di Alcamo, Buseto Palizzolo, Marsala, Valderice la Questura di Trapani, la Caritas e L’Azienda USL n. 9 di Trapani. Obiettivi specifici del progetto sono il monitoraggio, prevenzione e contrasto del fenomeno anche attraverso l’istituzione di “focal points” di ascolto ed accoglienza per donne e minori in difficoltà per violenze, maltrattamenti, violenze sessuali.
Il progetto godette dei finanziamenti del Dipartimento del Ministero alle Pari opportunità come da bando del 6/12/2007, che prevedeva il potenziamento dei centri ove esistenti e l'avvio di nuove realtà all'interno del DSS interprovinciale di Palermo, Trapani, Gela e Agrigento. In questo progetto, che vide anche partnariati con Associazioni, rientrò quello che oggi è l' esempio virtuoso de "Le Onde" di Palermo. Il progetto, una volta terminato, prevedeva che i nuovi Centri avviati decollassero. Ha decollato, quello di Trapani? Da recenti interviste alla Presidente dell'Associazione "Pari e Libera" che lo gestisce, d.ssa Caterina Peraino (cioè l'ex consigliere di cui sopra), è decollato. Come, non so. Visto che non aderisce nemmeno al circuito nazionale dei Centri, Di.re, che si occupa del reperimento disperato dei fondi e di un continuo monitoraggio dei Centri stessi. Ma, evidentemente, questo Centro non ne ha bisogno. Anche perchè l'Associazione prende parte attiva a diverse attività, tra le quali il discusso convegno tenutosi a Marsala nel 2009 e che costò all'Amministrazione 7500€. Ci si domanda ancora spesi come. Sta di fatto che, oggi, una donna mi ha chiesto dove chiedere aiuto. E insomma, ai tempi di Facebook e di internet è un tantino strano. A parte che la loro pagina Fb è laconica e il loro sito augura ancora buona Pasqua a ferragosto. E neanche nelle parrocchie c'è conoscenza di loro.
Ma come può funzionare lo sportello di Trapani se della sua esistenza ne sconoscono l'utilità anche gli addetti ai lavori? Per darvi misura, penso basti dire che il Numero Verde, che dovrebbe essere attivo h. 24, funziona solo negli orari mattutini e, solo il lunedì, un paio d'ore anche nel pomeriggio. Siete pregate di farvi picchiare solo dalle 9 alle 13. In verità, io ho provato a chiamare in quegli orari, ma scatta sempre il fax. Capisco che è agosto, ma la violenza non va in vacanza: altrimenti ci si apre un negozio di corredi. Un centro antiviolenza non può essere approssimativo, nè ci si può accontentare: questione di vita o di morte. E non può fare affidamento sui fondi del settore H. Che non sono il pozzo di S. Patrizio.
Ma noi siamo propositivi.
Signor Sindaco, lei di certo non ignorerà quanto dispone la Convenzione di Istanbul, appena ratificata dall'Italia: dare grande rilievo alla prevenzione, attraverso i centri antiviolenza sul territorio, con attenzione alla formazione del personale preposto alla gestione, e alla messa in rete dei vari soggetti che se ne occupano; centrale è anche il recupero dei maschi violenti, coinvolgendo le associazioni femminili e la società civile. Affinché i principi e le raccomandazioni della Convenzione siano rispettati, occorrerà che ogni municipalità abbia il suo centro antiviolenza, dove dovranno essere presenti, secondo orari e tempi da stabilirsi, un' assistente sociale, una psicologa e un avvocato. Occorrerà che ci si metta in rete con l' Asl affinché stabilisca che almeno in tre pronti soccorsi della città siano presenti medici specializzati a raccogliere e refertare segni di abuso o di violenza.
Si potrebbe recuperare all'uopo uno dei tanti immobili dimenticati dal Comune - magari la Colombaia, invece di pensare a progetti poco "onorevoli"- ed avviare parteriati con associazioni di comprovata esperienza, Università, Istituti. Ce ne sarebbe bisogno.... per Maria, Rosa, Enza, Franca.... E costerebbe sicuramente meno di una regata, di una sagra della cassatella. Più onorevole di un casinò. Ed il femminicidio, non lo puoi negare. Lascia una scia di sangue rosso su un drappo da lutto nero.

Valentina Colli
 



Native | 2024-07-16 09:00:00
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