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22/05/2013 04:22:38

Mafia. Mannina e Marino, attesa per le sentenze di appello. "Campus Belli", ascoltato Bono

 Nell'ultima udienza gli avvocati Oddo e Biondo, difensori dell’imputato, hanno chiesto l’assoluzione del loro assistito. Mannina, titolare di un impianto per la produzione di calcestruzzi, sarebbe stato uno dei più stretti collaboratori del boss Francesco Pace, subentrato a Vincenzo Virga alla guida del mandamento di Trapani. Il procuratore generale ha chiesto la condanna dell’imprenditore a sei anni ed otto mesi di reclusione.

COTTARELLI. Ergastolo e isolamento diurno. Questa la richiesta della Corte d’Assise d’appello di Milano per Salvatore e Vito Marino, i due cugini trapanesi accusati del triplice omicidio del 28 agosto 2006 a Urago Mella (Brescia) nel quale vennero uccisi Angelo Cottarelli, la compagna Marzenna Topor e Luca, il figlio 16enne della coppia.
I due uomini furono assolti in primo grado e poi condannati all’ergastolo in appello, ma la Corte di Cassazione, nel 2011, ribaltò il giudizio, annullando la sentenza di secondo grado e disponendo un nuovo procedimento d’Appello, questa volta nel capoluogo lombardo.
ngelo Cottarelli, la sua compagna, Marzenne Topar, ed il figlio Luca furono assassinati, il 28 agosto del 2006, all’interno di una villetta alle porte di Brescia. Alcuni giorni dopo il delitto la polizia fermò un ex faccendiere, Dino Grusovin.
L’uomo, sospettato di essere coinvolto nel triplice omicidio, messo alle strette decise di collaborare e accusò contro Vito e Salvatore Marino. Rivelò che Angelo Cottarelli era da tempo in affari con i due cugini. Sembra che l’imprenditore fosse coinvolto in attività illecite. Cottarelli doveva dei soldi a Vito e Salvatore Marino. Il 28 agosto i due cugini si sarebbero recati presso la villetta dell’imprenditore insieme con il faccendiere ed un quarto uomo mai identificato. Nel corso dell’incontro sarebbe scoppiata una violenta lite. Vito e Salvatore Marino avrebbero ucciso l’imprenditore ed i suoi familiari.
Oggi  toccherà ai difensori, gli avvocati Giovanni Palermo, Giuseppe Pesce e Filippo Dinacci formulare la linea per i due cugini. Nel corso della stessa giornata camera di consiglio per la sentenza.

CANINO. È slittato al prossimo primo luglio il processo a carico dell'ex deputato Francesco Canino, chiamato a rispondere di associazione mafiosa. Il rinvio si è  reso necessario a causa di un impedimento di uno dei due periti incaricati di accertare le condizioni di salute dell'ex parlamentare. Da diversi anni il processo è sospeso a causa delle precarie condizioni di salute di Canino.

CAMPUS BELLI. "A Campobello c'erano cinque mafiosi: Alfonso Passanante, con cui ero parente, Leonardo Bonafede, Nunzio Spezia e fratelli Nicolò e Lillo Alfano. Comandava Bonafede. Era un capodecina".
È così che il 77enne pentito campobellese Pietro Bono, ex commerciante, con una condanna definitiva a 4 anni per favoreggiamento alla mafia, ha descritto il vecchio organigramma di Cosa Nostra nel centro belicino deponendo, in videoconferenza, nel processo «Campus Belli». Un processo che alla sbarra degli imputati vede sette persone, tra le quali anche l'ex sindaco Ciro Caravà. Rispondendo alle domande del pm Padova e del presidente Natoli, Bono ha dichiarato: «Ero molto vicino a Cosa Nostra di Campobello. Mai, però, sono stato affiliato, anche se mi fu proposto. Nella mafia avevo parenti e amici nella mafia, ma io non ho commesso reati per l'associazione. Solo una volta ho sbagliato a mettere una loro auto, per tre o quattro giorni, in un mio magazzino. Non potevo dire di no. Il favore, a nome di Bonafede, me lo chiese Cinuzzo Urso (Raffaele, ndr). Cosa dovevano fare? Non lo sapevo. Poi, ho sentito che hanno sparato a Natale L'Ala, che comunque si salvò. Prima di ucciderlo, gli spararono diverse volte».
Altro tema affrontato, tra tanti «non ricordo», è stato quello relativo ai rapporti che con la mafia avrebbe avuto l'ex maresciallo di polizia Giovanni Buracci, funzionario della prefettura morto lo scorso anno. Nel '96, ai pm della Dda, Bono dichiarò che «Buracci faceva favori alla mafia». Adesso dice: «Ne ho solo sentito parlare». In aula, è stato poi ascoltato don Francesco Fiorino, ex presidente della Fondazione San Vito, alla quale nel 2007 fu affidato in gestione un terreno confiscato alla mafia nell'agro campobellese. A domanda dell'avv. Oddo, il prete ha detto: «Caravà era uno dei pochi che partecipava alle manifestazioni antimafia». 



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