Lei, Nina, dovrebbe essere la classica donna di sinistra, emancipata e intransigente. Come se le donne di sinistra fossero tutte uguali, al limite tra il radical chic e l’ossessione del mercatino. Confuse tra il kebab e il sushi, mentre al bar ordinano concentrati di sedano e carote. Ovviamente No Tav, ovviamente lavora nel mondo della cultura e adora pagare le tasse, ovviamente riceve in eredità una casa dal modico valore di 2 milioni di euro che ovviamente devolverà in beneficienza.
Lui, Giulio, dovrebbe rappresentare il tipo uomo sui 35 anni di destra, bussiness man, calcolatore e spregiudicato. Come se per essere di destra devi essere un esperto di mercato e di economia. Naturalmente cinico, presuntuoso e un po’ ignorantello.
Girano intorno ai protagonisti dei “tipi” riconoscibili: lo scrittore sfigato e succube della propria infedeltà e di quel successo tanto agognato, l’intellettualoide dall’aspetto trasandato con barba incolta, che però rimane folgorato dalla “figa” di turno bionda e svampita. Il giovane rampollo incompetente che gioca a fare il politico, candidato sindaco della capitale. Tutto sorriso e ipocrisia che ripete le sue parole chiave “rete, giovani, fiducia e futuro” Unici personaggi quanto meno verosimili.
“E, al mio posto, cosa farebbe Marco Travaglio?” è il filo rosso (per restare in tema) del pensiero di Nina. Marco Travaglio, un bravo giornalista che però, pur non essendosi mai dichiarato uomo di sinistra ne diventa l’indiscusso modello di riferimento.
Davanti alla confusione mediatica e alla mancanza di una classe dirigente decente spuntano qua e là nuovi eroi, delusioni per istanze tradite, serpeggiano amarezze cocenti. Che siano nere o rosse. Sono certa che un’analisi meno superficiale degli umori contemporanei offrisse molto di più che il solito qualunquismo low-cost, del solito amore che vince su tutto e del vissero a lungo felici e contenti.
Il regista Ponti, che ci aveva piacevolmente sorpreso con Santa Maradona qualche anno fa, ritorna in sala con qualcosa, a mio avviso, di indefinito.
Non si tratta di satira, troppo poco graffiante a meno che non ci siamo assuefatti dallo stile Bagaglino. Enfatizzare consapevolmente il luogo comune per indurre a una riflessione, implica poi una presa di posizione per far emergere un qualsiasi punto di vista che esuli esclusivamente dalle logiche commerciali dell’happy end. Insomma un’occasione sprecata.
E se allora è vero tutto e il contrario di tutto, io concluderei con la stessa scelta musicale con cui il film si apre. Gaber e la sua Destra-Sinistra:
Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
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